Quest’ultima Domenica del tempo Ordinario celebra la regalità di Cristo, un modo di essere Re da intendere bene. La prima lettura che abbiamo ascoltato ci presenta come Davide venga proclamato Re di tutte le tribù che componevano la federazione di Israele, anche se
l’ unico vero re di Israele è il Signore, il re umano, terreno ha una funzione di guida, di aiutare il popolo a rimanere fedele all’ alleanza, pur con i limiti umani che fanno parte della persona.Il re, non è divinizzato ma è pensato come il rappresentante di Dio in terra, Davide e i suoi successori devono agire per suo conto.
In quanto rappresentante di Dio, il re deve essere consacrato, unto: deve, cioè, essere santo.
Nel mondo antico, ma anche in una mentalità che accompagna la storia dell’uomo alla figura del re è accompagnata una concezione trionfalistica, di potere, gloriosa, fino ad arrivare alla divinizzazione della sua persona. Gesù prenderà le distanze da questa concezione di regalità.
Durante la Passione, di fronte a Pilato, che gli chiede: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù non nega di essere re, ma precisa: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui».
Ma se il Regno che Gesù è venuto ad annunciare non è di qui, come può interessare all’ uomo di questo mondo? Come può interagire con la nostra realtà?
Gesù annuncia che questa realtà è già presente e richiama alla conversione, al cambiamento di vita facendoci conoscere l’amore, la misericordia la volontà di Dio e donandoci anche la possibilità di una vita nuova, diversa per tutti coloro che accettano Lui, il Vangelo. San Paolo lo ricorda scrivendo ai Romani, ma anche a tutti noi: “Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita.”Ecco questo richiamo forte che per il cristiano non termina mai e che consiste nell’ accogliere l’amore di Dio in noi, che vuol dire poi accogliere Gesù, e lasciarsi plasmare, come fa il vasaio con l’argilla, per potere poi essere pienamente realizzati qui ora, ma anche dopo, in cielo, in Paradiso dove parteciperemo della sua pienezza.
Ma in che cosa consiste questa regalità di Gesù, questo suo essere re? Mettiamo davanti a noi il Vangelo che abbiamo ascoltato, che ci riporta la scena della crocifissione.
Questo re sconfitto, che non ha forza, non ha eserciti che lo hanno difeso ed è insultato e deriso dai capi della città, dai soldati, e da uno dei due ladroni è il Re di un Regno che non ha confini, che non ha frontiere che iniziando in questo mondo va ben oltre questo mondo.
L’ essere Re di Gesù è quello del dono di sé, che Lui ha percorso in tutta la sua vita e anche sulla croce, quando dice al ladrone che lo implora di ricordarsi di lui: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Per questo è vincente e vero, perché è essere Re dell’amore che si dona gratuitamente senza riserve, senza attendersi nulla.
Un commentatore scrive: “ Alcuni anni fa, un celebre settimanale tedesco uscì con una copertina che raffigurava un giovane che baciava se stesso allo specchio. E sopra l’immagine era scritto: “La società del futuro: la società dell’ io”. Il Vangelo si muove in un orizzonte totalmente diverso: anzi all’ opposto! Il vangelo ci invita ad uscire dall’ io, ad uscire dalla prigione dell’egoismo, frutto del peccato.” Alla fine sono due i regni che si scontrano, quello che è fondato sull’ egoismo, che oggi è così diffuso e che temporaneamente sembra appagante e vincente e quello di Dio che verte sull’ amore e sulla carità, ma alla fine è quello che vince veramente!
È un mistero! Poteva Dio scegliere un’altra modalità, quella della potenza, della forza, ma non lo ha fatto. Adoriamo questo mistero nella fede e accogliamolo nella nostra vita.
Altro aspetto è quello di essere nelle nostre comunità pietre vive per costruirle secondo questa logica, quella della Carità, che è poi l’amore.
Avendo ancora davanti a noi l’immagine del Vangelo dobbiamo camminare nella speranza perché siamo in cammino verso l’eternità non dimenticando le parole di Gesù al ladrone: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
La logica del dono del Re continua anche in questa Eucaristia in cui il Signore, Re dell’universo, ancora una volta si dona a noi perché anche noi sappiamo farci dono per gli altri.
Deo gratias, qydiacdon