Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
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Il Vangelo di questa Domenica ci invita, nella domanda e nella risposta che viene data, a riflettere su una componente fondamentale dell’animo e della vita umana: la capacità di amare, la qualità dell’amore, e quanto bisogna amare, Vi possono essere dei limiti?
La parola amore deriva dal Sanscrito, alcuni sostengono derivi dal latino, se andiamo a leggere nell’enciclopedia Treccani viene data questa definizione:
“Sentimento di viva affezione verso una persona, che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia.”
Alla domanda dello Scriba, una persona che è sinceramente in ricerca su qual’è “il comandamento più grande” potremmo tradurre qual’ è il senso della vita; ebbene gli viene indicato l’ amore. Sembrerebbe un assurdo non si può comandare di amare a nessuno. Non si può essere costretti ad amare, amare implica una scelta, la libertà, il sentimento. Io posso rispettare, ubbidire, temere ma nessuno mi può imporre di amare.
Questa parola è come un diamante che presenta diverse sfaccettature, proviamo a distinguerne alcune. Potremmo caratterizzare e parlare dell’amore coniugale, dell’amore dei genitori nei confronti dei figli, dei figli verso i genitori, ma io vorrei esplorare assieme a voi quel particolare tipo di amore che è l’amicizia. Anche perché Gesù dice ai suoi “non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15, 9-17)
Nell’ incontro fra la volpe e il principe, ne: Il piccolo Principe, de Exupéry fa dire alla volpe: “Vieni a giocare con me”, disse la volpe, “non sono addomesticata”. … Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.” “Comincio a capire”, disse il piccolo principe.”
In cui addomesticare non significa quello che comunemente intendiamo, ma rendere domestico, familiare e nello stesso tempo unico. La volpe non sarà più uguale “alle centomila volpi”, ma sarà unica e sia lei che il principe si completeranno in un’esperienza irripetibile, diversa da tutte le altre.
Vi è un bellissimo episodio di due ragazzi Ted e Frank, amicissimi che assieme decisero di arruolarsi nell’ esercito. Furono fortunati e finirono nello stesso battaglione che fu mandato in guerra. Dopo un’azione al rientro Ted non c’era. L’amico lo cercò tra i morti e i feriti, nulla. Il nome di Ted era fra i dispersi. Frank chiese al comandante di andarlo a cercare: permesso negato, si combatteva ancora. Frank partì ugualmente e trovò
l’amico se lo caricò sulle spalle , ma fu colpito. Si trascino lo stesso fino al campo. Il comandante gli disse: “Valeva la pena morire per salvare un morto?” “ Sì, perché prima di morire, Ted mi ha detto: Frank sapevo che saresti venuto”
“Sapevo che saresti venuto” ecco il grande valore dell’amicizia e di saper amare sul serio non solo a parole.
Non è poi difficile poi pensare a Gesù che viene a cercare l’uomo per indicargli la via dell’amore vero, per chi crede, ma anche per chi non crede: l’ amore è il miracolo che trasforma il cuore degli uomini, la vita, il mondo quando è autentico, sincero.
Gesù pone al primo posto l’amore a Dio e dopo l’amore al prossimo, in realtà sono inscindibili e vengono a costituire un tutt’uno. Spesso si riduce anche l’esperienza di fede a una specie di filantropismo in cui fare qualcosa di buono per gli altri ci fa sentire a posto e di essere già a posto con Dio, ma esaminiamo bene quello che Gesù di dice. Dice di amare l’altro come te stesso. Questo dovrebbe obbligarci a guardare dentro noi stessi. Ma noi siamo poi sicuri di amarci? Così come siamo, con i nostri limiti, difetti dubbi, incertezze? Certo impegnandoci a migliorare, perché poi allo stesso modo dovrò accettare l’altro che devo amare.
Ecco, quindi il comandamento dell’amore a Dio. Lasciati amare da Dio che ti conosce molto di più di quello che tu sai di te stesso, ma ti accetta come sei e accettandoti e amandoti come sei ti rende capace di amare ciò che non è amabile.
Vi è una frase: “ Dio ci ama non perché siamo meritevoli, ( un amore condizionato) ci ama non perché buoni, ma amandoci, ci rende buoni.
Il Signore ci ama anche in questa Messa e ci rende buoni e capaci di amare gli altri come Lui li ama. Un amore rivolto all’uomo, ma che trova il suo inizio fuori dall’uomo: amerai Dio, amerai il prossimo.
Guardiamo in noi e chiediamoci: ” Sapremo percorrere la via dell’ amore a Dio e al prossimo anche quando la strada diventa difficile, anche quando il prossimo da amare diventa difficile? La risposta va cercata dentro ciascuno di noi.
Deo gratias, qydiacdon