Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Se noi prendiamo una moneta possiamo vedere che questa ha due facce, ma la moneta rimane unica. Proviamo a pensare, avendo davanti a noi questa immagine la risposta che Gesù dà ai farisei. Se Domenica scorsa assistevamo all’ insidia tesa a Gesù sulla questione del tributo, oggi ancora il tranello di chi è in malafede.
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Tanti erano i precetti che doveva osservare il pio ebreo (613), fra tutti questi quale il più importante? La risposta di Gesù è: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
È andare al cuore l’osservanza della legge, l’importanza dei comandamenti dipende non dall’ esteriorità, né dalla pura osservanza di regole, ma dal cuore in cui risiede l’amore. Le regole si possono osservare, certamente, ma anche con un cuore freddo e insensibile, incapace di amare. Quanti sono gli esempi nella storia che ci hanno detto questo? Proviamo a pensare a quali crimini terribili sono stati perpetuati nel nome di: “obbedivano agli ordini”.
Il Signore alla base di tutto mette una parola: amerai. Noi purtroppo, e questo succede a tanti che non conoscono il Vangelo, pensano che vivere la fede sia una questione di fare o non fare. Certamente questo è un aspetto importante ma la luce che deve illuminare tutto è: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.
Quindi il nostro rapporto personale con il Signore.
La fede, nella sua autenticità, prima di ogni altra cosa è una specie di innamoramento, e possiede tutto lo slancio, l’insaziabilità, il desiderio non mai placato di superarsi, che è proprio di un essere raggiunto e dominato dall’ amore” (card. Giacomo Biffi)
Perché questo rapporto personale di innamoramento con il Signore è così importante?
Perché è solo l’amare Dio che ci dona la forza di amare chi non è amabile. Quelli che noi facciamo fatica ad accettare per mille motivi. Perché sono antipatici. Petulanti, inopportuni. Perché parlano male di noi o ci hanno ferito, fatto del male. Chi può darci la forza del perdono se non l’amore a Dio che ci perdona e ha dato la sua vita per noi.
L’ amore a Dio diventa, quindi è il primo e necessario comandamento per amare il prossimo. Solo l’amore a Dio che si fa conoscere a noi come Padre da Gesù diventa la porta di accesso per amare tutti gli uomini che così spesso non sono particolarmente amabili.
L’ amore al prossimo diventa la misura di quanto noi abbiamo capito, accettato e viviamo l’amore a Dio rendendolo operativo.
Senza cadere nell’ inganno che l’amore al prossimo sia solo la ricerca di una giustizia terrena che poi alla fine si disinteressa di Dio e diventa incapacità di un amore vero e disinteressato.
“Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.
Possiamo affermare che essere discepoli di Gesù significa semplicemente saper amare, ma come ci ha insegnato e amato Lui, non come le tante idee e false proposte sulle concezioni amore fai da te, sulla misura umana dei nostri egoismi che si tentano di affermare oggi.
Quello che il Signore Gesù ci indica e ci ha mostrato è un amore grande che va ben oltre quella che è la nostra capacità, ma con il suo aiuto e la sua grazia è possibile. Questa grazia e questa forza ci viene data nell’ Eucaristia che stiamo celebrando.
Deo Gratias, qydiacdon