In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». (Mt 22,34-40)
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Anche questa Domenica continua il confronto di Gesù con coloro che sono i suoi oppositori, che gli pongono quesiti per coglierlo in fallo.
Ecco allora la domanda che questo dottore della legge gli pone: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Anche questo interrogativo è per metterlo alla prova. Una domanda che potremmo porci anche noi oggi.
Cosa debbo fare di ciò che il Signore prescrive per essere gradito di più ai suoi occhi? Oggi sembrerebbe che la risposta più attuale che viene data, anche da tanti uomini di Chiesa sia: l’amore al prossimo, di cui la prima lettura ci dà delle esemplificazioni. “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.
Non maltratterai la vedova o l’orfano … non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse… Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole”
Tutte espressioni importanti, attuali anche oggi, sostituiamo l’orfano e la vedova con le parole ultimi, emarginati, poveri, oppressi, stranieri o immigrati, tutte espressioni ricorrenti, anzi spesso sembrano che siano ormai le uniche.
Ci si dimentica, forse un po’ troppo spesso della prima parte della risposta di Gesù: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento.”
Noi spesso riduciamo e pensiamo al nostro rapporto con il Signore ad un fare o non fare. Gesù inizia la sua risposta con quell’: “Amerai”, da lì inizia tutto. Da lì anche quelle norme sia in negativo, sia in positivo. Dice s. Paolo che “La Carità – cioè l’ amore- non fa alcun male al prossimo. Pienezza della legge infatti è la Carità”.
Nell’ incontro con il giovane ricco, prima di chiedergli di vendere quello che ha e di darlo ai poveri: “ fissatolo, lo amò”. Chissà come sarà stato bello e penetrante quello sguardo di Gesù, ma il giovano non ce la farà a lasciare tutto!
Chiediamoci allora se davvero amiamo il Signore e come esprimiamo, se c’è questo amore per Lui. Chi ama veramente non punta al minimo ma dà tutto.
Puntare al minimo nel nostro rapporto con il Signore può voler dire: certo evitare le colpe più gravi e poi? Arrivare a Messa solo per soddisfare il precetto, magari il più tardi possibile, ridurre la preghiera a qualche formula detta in modo affrettato, qualche segno di croce fatto in modo tale che sembra ci si vergogni, pensare di non avere più nulla da imparare dal Signore, quindi di non impegnarsi per crescere nella fede, non sentirsi parte viva della propria comunità.
Cosa c’è dentro questa parola: “Amerai?” Proviamo a pensarci un attimo. Accenno qualcosa: innamoramento, passione, stima unione, fiducia, prendersi cura, aiuto, incoraggiamento, perdono, …
Tutte cose che il Signore fa con noi! E noi? Rispondiamo a questo amore?
Lo riconosciamo come Signore di tutto ciò che esiste, facciamo in modo che la nostra vita sia una vita bella di fronte a Lui, come Gesù ci ha insegnato e mostrato? Respingiamo tutto ciò che è contrario come idolatria, superstizione, il potere che opprime, il denaro, che fa diventare il nostro cuore come una cassaforte sempre da riempire, e tutte quelle forme e ideologia che respingono o negano il Dio che ci ha fatto conoscere Gesù? Il peccato che ci separa da Dio e che conduce alla morte totale della persona.
Forse sull’ amore a Dio può darsi che dobbiamo recuperare un po’. Anche tanti cristiani cedono alle lusinghe di quello che è peccato, contro Dio, ma ciò che è contro Dio è anche contro l’uomo, ecco perché amore a Dio e amore al prossimo non sono separabili. Sono due facce di una stessa moneta o se preferite di una stessa medaglia, queste due facce sono unite da quell’ amerai.
Oggi noi, purtroppo tendiamo a separarli, ma la Chiesa non ha mai insegnato così. I Santi ci insegnano che non è così vivendo l’amore a Dio che gli permette di vivere l’amore al prossimo.
Il “primo e più grande dei comandamenti” è la necessaria premessa per il secondo. Oggi, in una mentalità diffusa, si pensa: “piuttosto che pregare, andare a Messa, in Chiesa è meglio darsi da fare per gli altri fare il bene”. Mi viene subito da obbiettare: “pregare per chi non prega, presentare al Signore quelli che si dimenticano di Lui non è fare del bene?”
Altri si rifugiano in una spiritualità asettica dalla vita tendendo ad isolarsi, a separarsi dalle piccole sfide quotidiane e dalle grandi sfide della storia.
In questo modo si violano tutti e due! Il cardinal Biffi scrive riferendosi agli uomini: “Perché dovremmo amarli (dal momento che spesso non sono né amabili né giusti verso di noi) se non avessimo la persuasione che tutti siamo legati dall’ affetto doveroso verso il Padre comune?”
Concludendo possiamo dire che alla fine il grande comandamento, per il discepolo, è quello che Gesù ci ha lasciato proprio poco prima di esplicitare il suo amore al Padre e ai fratelli nel sacrificio della Croce: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Gv 15).
Una grande santa, Santa Teresa di Gesù, scriveva: “Per noi la volontà di Dio non consiste che in due cose: nell’ amore di Dio e nell’ amore del prossimo. Qui devono convergere tutti i nostri sforzi; se lo faremo con perfezione, adempiremo la volontà di Dio e gli saremo unite”. ( Il castello interiore)
Chiediamo al Signore, in questa Eucaristia, che ci conceda di vivere il comandamento dell’amore e di compiere così, la sua volontà.
qydiacdon