Dal libro del profeta Amos
Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore
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Vorrei che ci fermassimo sull’attualità di quanto dice il profeta Amos nella prima lettura. “Guai agli spensierati di Sion …. mangiano gli agnelli del gregge i vitelli cresciuti nella stalla… cesserà l’orgia dei dissoluti.” Attuale perché gli indifferenti, spensierati, quelli che non si accorgano che alla loro porta ci sono i poveri , gli indifferenti non solo del tempo di Gesù, ma anche nel nostro tempo ci sono ancora. Non solo perché hanno possibilità economiche, per cui magari non hanno neanche faticato, ma perché non si pongono le domande sulle cause di determinate situazioni.
Non ponendosi domande non cercano neppure le soluzioni e l’orgia dei buontemponi continua e non si preoccupano della rovina delle persone che magari a loro sono affidate. L’ ammonimento di Amos, che condanna gli spensierati di Sion, oggi potremmo dire, gli spensierati che si occupano solo di sé stessi deve aiutarci ad aprire gli occhi e vedere quelli che sono i nuovi Lazzaro alle nostre porte.
Non facciamo fatica a capire che, la nostra società occidentale, al di là della crisi di questi dieci anni, ha vissuto un’opulenza e una ricchezza che, lentamente e inesorabilmente, si sta spegnendo e ha spento il desiderio della trascendenza e della Parola di Dio. Ci illudiamo – poveri noi! – di bastare a noi stessi.
Ma, dice il profeta, questi uomini buontemponi saranno i primi ad andare «in esilio» e le loro orge finiranno. Cadranno vittima della loro ingordigia e toccheranno con mano la vanità delle loro illusioni. Sembra proprio che questa stia accadendo, proviamo a riflettere alla situazione che il nostro mondo sta vivendo
Lazzaro, che significa Dio aiuta, è l’unico nome di una parabola di Gesù: è il nome del povero che viene ricordato, mentre dell’uomo ricco non viene detto il nome. Epulone che dovrebbe significare più o meno festaiolo e mangione è un nome fittizio attribuito. Apparentemente sembra non avere grosse colpe, ma dopo la sua morte si capisce chiaramente che vive senza pensare all’ oltre dell’ esistenza terrena, senza pensare a Dio pensando solo a se stesso e alla sua pancia.
Allora qua mi viene da fare domande: quanti sono i nostri peccati di omissione, cioè quelle mancanze in cui noi potremmo fare un po’ di bene? Cosa costava a quel ricco allungare qualcosa al povero Lazzaro? E quanti volte anche noi ci comportiamo da indifferenti e passiamo oltre e facciamo finta di non vedere con il bene che potremmo fare e la testimonianza che potremmo dare in nome del Vangelo?
Molto spesso si sente dire di fronte alle grandi contraddizioni del mondo presente: “Ma io che cosa ci posso fare?” Puoi metterti in discussione, puoi lottare, puoi portare la tua testimonianza cristiana che va contro la logica del mondo.
Scrive un commentatore: “Se sentiamo che questo mondo ci stretto, che non sopportiamo più questa vita – che gli altri hanno scelto per noi e che altri dirigono- possiamo avere il coraggio del dono: partire, restare, cambiare, l’ importante è agire con amore umile e concreto. (…) Dio chiama per nome Lazzaro e lo abbraccia non gli sgancia cinque euro. Si lascia coinvolgere, ascolta le ragioni, non accetta gli inganni, aiuta a crescere.”
È vero anche oggi vi è il guadagno facile, vi sono persone gaudenti come durante il Regno di Geroboamo, che descrive il profeta nella prima lettura, ma chi vive solo per se stesso è uno che ha fallito nella sua vita, indipendente dalle ricchezze che può avere, senza un nome uno è zero e ha sbagliato il suo progetto di vita. Chiediamoci: qual è il nostro progetto di vita? E ricordiamoci che è sempre modificabile.
qydiacdon