Tutte le tre parabole del Vangelo sono espressione dell’amore di Dio, un Dio che prende la parte di chi è perduto: “In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Un Dio che non smette di cercare quest’ uomo che si è allontanato da Lui con il peccato. Esse ci rivelano la misericordia e la tenerezza e la pazienza del Signore.
Questa tenacia divina che non smette di cercare, di andare e di attendere. La figura del pastore che si pone in cammino per andare a cercare quella pecora che si è smarrita, della donna che cerca la moneta perduta, e del padre che attende questo figlio che arrogante e ingrato si allontana dalla casa paterna sono il paradigma e ben esplicitano queste caratteristiche.
Ciò che si perde e colui che si allontana costituiscono parimenti la figura dell’uomo peccatore, cioè io, che con il peccato mi allontano, mi perdo, smarrendo non solo il mio rapporto con Dio, ma non comprendendo nemmeno più me stesso.
Per Dio, però, anche quell’ uno che si perde è importante. Per ognuno di noi il Signore stesso si mette in cammino. Pensiamo
all’incarnazione, che sempre ricordiamo nella professione di fede: il Signore discende dal cielo per venirci a cercare. Ci sarà capitato almeno qualche volta nella vita il desiderio di vedere Dio, in quel momento noi siamo cercatori di Dio, ma forse non abbiamo mai considerato questo altro aspetto, che mentre io cerco Dio, Dio mi sta già cercando. Ciò avviene nella persona di Gesù, del suo Vangelo per prenderci in braccio, caricarci sulle spalle e riportarci a casa”. Vedete come il Signore giochi sempre d’ anticipo, stia sempre un passo avanti.
“49,15 Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.”(Isaia)
Questo è l’amore di Dio per noi.
Facciamo attenzione, perché potremmo pensare come “I farisei e gli scribi che mormoravano”, oppure pensare di essere fra “quei novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.” Perché sbagliamo tutti e, purtroppo, continuiamo a sbagliare, ma la misericordia di Dio, che Gesù annuncia, ci fa conoscere è riservata a tutti e il Signore sta pensando a me anche oggi, anche in questo momento e vuole raggiungermi con il suo amore.
Nel nostro modo di vedere e di pensare umano noi riteniamo che la misericordia di Dio non possa raggiungere tutti, pronti a destinare all’ inferno questo o quest’altro.
Scrive il Cardinal Biffi: “Nessuno è escluso, [dalla misericordia di Dio], tranne chi si esclude da solo. (…) L’unico modo per escludersi e quello di ritenersi giusti, a posto, senza peccato; è il pensare di essere tra le novantanove pecore al sicuro nell’ ovile, mentre in realtà siamo tutti delle pecore perpetuamente tentate di sviarci per i sentieri dell’orgoglio e dell’egoismo, o della sensualità incontrollata, o dello spirito acre di ribellione, o dell’ottusità spirituale che ci fa smarrire il senso di Dio e il suo primato” ( Stilli come rugiada il mio dire – ESD)
L’immagine del padre che attende, della terza parabola, è toccante. Mi viene in mente subito il confessionale, dove Dio attende per donarci in Cristo il perdono, per reintrodurci in casa, rivestirci dell’abito bello della grazia. Anche noi possiamo essere riabbracciati da Dio solo se ritorniamo a casa, come fa quel figlio e dire: “Padre ho peccato …” Così la misericordia non diventa acquiescenza, riduzione del male, ma diventa accoglienza di chi di cuore ammette di aver fatto male e se ne pente.
“Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte”, “io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Se certamente vi è gioia nell’ essere perdonati, che è dono gratuito del Signore, il pentimento, anche se non è così semplice, diventa fonte di gioia.
Fonte di gioia per noi, ma anche fonte di gioia per il cielo e per Dio
La gioia del aver ritrovato chi si è smarrito, la gioia per chi torna è la gioia del Signore, ma è anche la nostra gioia.!
Per essere in questa gioia accogliamo l’invito che Paolo rivolge alla comunità di Corinto e facciamolo nostro. “20In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.” Lasciamoci trovare dal Signore, prendere per mano per tornate nella sua casa!
Deo Gratias, qydiacdon