“Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?” …
Questa domanda, che troviamo nella seconda lettura, permette a Paolo di richiamare ai romani, e a noi, il Sacramento della nostra rinascita, ma vi sono anche i motivi che ci esortano a mettere il Signore Gesù al primo posto, come ci viene detto nel Vangelo: “Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me…”
Ma perché Gesù dice queste parole che subito possono suonare dure ai nostri orecchi.
Già l’ ebreo nella sua preghiera quotidiana che recita tre volte al giorno afferma questa necessità: “Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno.
Benedetto il nome del Suo glorioso regno per sempre, eternamente.
E amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue facoltà.”
Perché mettere Gesù al primo posto, sopra anche gli affetti più cari e intimi?
Nella recita del Gloria, all’inizio della Messa abbiamo affermato, riferendoci a Gesù: “Tu solo il Signore”. Questo vuol dire che riconosciamo in Lui Dio stesso.
Per quale fine siamo stati creati, insegnava il Catechismo di S. Pio X una volta. “Per conoscere, amare e servire Dio in questa vita e goderlo per tutta l’Eternità”. Risposta molto confessionale, allora possiamo affermare che se Gesù è il Signore la nostra vita deve essere questo grande servizio umile e grato a Lui che ci ama e ha dato la sua vita per noi. Il riconoscimento di questo passa, poi, molto concretamente verso il servizio sollecito verso i fratelli, in particolar modo quelli che noi indichiamo come gli ultimi. Gli ultimi non sono solo i migranti: sono anche tanti anziani soli, i bambini e tutti coloro che non scappando continuano a morire di fame, di malattie che potrebbero essere curate, ma non lo sono perché mancano attrezzature e medicinali, chi vive in condizioni di precarietà e di bisogno … e mi fermo qui perché la lista si allungherebbe a dismisura.
“Davanti a Cristo non è possibile restare neutrali; e riconoscerlo per quello che è, non solo a parole, ma con le opere e la vita intera, vuol dire assicurarsi la vera e definitiva salvezza” (Cardinal Giacomo Biffi)
Così “possiamo camminare in una vita nuova”, animata dalla Carità, cioè dall’ amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori.
Riconoscere in Gesù il Signore significa accoglierlo e accogliere quelli che egli manda ad annunciare il vangelo e a proseguire la missione che Egli ha iniziato. “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.” Allora Gesù sì e Chiesa no? Non è possibile separare Cristo e la Chiesa. Anche se spesso gli uomini di Chiesa commettono errori è il Signore stesso che l’ha voluta ed essa non è una pura organizzazione umana. Gesù stesso è presente nella sua Chiesa. Dire Chiesa no, Gesù sì significa rifiutare Gesù stesso e, con Lui, il Padre in definitiva rifiutare Dio. Il rifiuto di Dio conduce ad una società assurda, anche disumana destinata alla disgregazione, come ci accade, purtroppo di potere costatare in tanti fatti e avvenimenti anche oggi.
Un’ ultimo pensiero: “chi non prende la propria croce …”
Croce significa sofferenza, questa è un’esperienza che tocca tutti sia chi crede sia chi non crede. Tutti la sperimentiamo di fronte alla nostra fragilità umana, l’esperienza che stiamo vivendo insegna, come di fronte alla morte.
Qual è la differenza fra chi crede e chi non crede? Chi non crede davanti alla sua croce si abbatte, disperandosi, annaspando come colui che sta per affogare.
Chi crede, può prendere la Croce, anche se pesante non perde la speranza nel Signore Gesù che è morto in croce, ma è risorto. Può, portando la croce aiutato dal cireneo Gesù, iniziare un cammino interiore di purificazione e di irrobustimento spirituale che lo porterà là dove non avrebbe pensato mai di potere arrivare offrendo la sua croce per la redenzione del mondo e per partecipare ad una felicità futura di vita piena.
Siccome questo non è facile, chiediamo in questa Eucaristia al Signore quella forza che, senza il suo aiuto ci verrebbe a mancare.
Deo gratias,qydiacdon