Il filosofo francese Thibaud Collin (nella foto) scrive un primo bilancio della recezione dell’esortazione Amoris laetitia nel mondo cattolico, lo fa sulla rivista L’Homme nouveau.
Nel tracciare questo bilancio il filosofo considera due punti di vista che possono essere considerati paradigmatici di come i passaggi più controversi dell’esortazione sono stati recepiti.
Il primo è quello dei vescovi argentini della regione di Buenos Aires, per cui lo stesso Papa Francesco ha detto che “non c’è altra interpretazione”.
Il punto di vista dei vescovi argentini prevede che «la disciplina di Familiaris consortio», ossia quella che prevede l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati solo con l’impegno a vivere in continenza quando non è possibile separarsi (Cf. Fc n°84), «si presenta solo come una possibile proposta e non come una esigenza».
Questo è il passaggio del documento dei vescovi argentini citato da Collin:
In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata [quella di vivere in continenza, ndr] può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile una percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetítía apre la possibilità dell’ accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’ Eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.
«Sottolineiamo qui», chiosa Collin, «lo strano argomento che punta a un cosiddetto conflitto di doveri già utilizzato per by-passare la norma di Humanae vitae: in cosa, infatti, la continenza tra concubini potrebbe danneggiare i loro bambini?»
La seconda linea di interpretazione considerata è quella offerta dalla diocesi di Philadelphia del vescovo Charles Chaput. In questo caso viene citato il seguente passaggio:
«In linea generale i membri battezzati della Chiesa sono sempre in linea di principio invitati ai sacramenti. Le porte dei confessionali sono sempre aperte al pentito e contrito di cuore. E per quanto riguarda la Comunione? Ogni cattolico, non solo i divorziati risposati civilmente, deve sacramentalmente confessare tutti i peccati gravi di cui lui o lei è a conoscenza, con un fermo proposito di cambiare la propria condotta, prima di ricevere l’Eucaristia. In alcuni casi, la responsabilità personale della persona per un’azione passata può essere diminuita. Ma la persona deve ancora pentirsi e rinunciare al peccato, con un proposito fermo di rettifica».
A partire da queste due interpretazioni paradigmatiche del capitolo VIII di Amoris laetitia, scrive Collin, e che mostrano una evidente contraddittorietà, «quattro cardinali si sono rivolti al Papa perchè eserciti il suo ruolo di pastore risolvendo i dubbi». Ma il Papa, come sappiamo, non ha risposto. «Qual’è il significato di questo silenzio?», si chiede lo studioso. Due sono le possibili risposte che offre al lettore:
«Il primo, umano, consiste nel dire che il Papa si rifiuta di rispondere in quanto ritiene che il testo dell’esortazione è di per sé chiaro. (…) Resta da spiegare come questo “nuovo paradigma” si articola con il vecchio. Ed è proprio su questo punto che i quattro cardinali hanno chiesto un chiarimento che è stato negato. Il Papa ha risposto indirettamente dichiarando ad Avvenire il 18 novembre: “Alcuni continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere”».
«La seconda lettura è soprannaturale e consiste nel dire che se il Papa non risponde ufficialmente, ma in privato o per mediatori interposti, è che Egli non può opporsi frontalmente al magistero precedente o alla Parola di Dio. (…) La legge di Dio non è un ideale, divenendo per i fedeli, se loro domanda di obbedire, un fardello insopportabile. Ella è sorgente di vita nell’esistenza concreta di ciascuno. Dio dà sempre la grazia per vivere ciò che Egli comanda. Infine, ricordate che il discernimento di Sant’Ignazio non può portare che al compimento di atti buoni e mai su degli atti intrinsecamente cattivi. Non c’è mai una maniera prudente di essere adulteri».
Sinodo 2015 Osservatorio