Ho voluto intitolare così questo incontro che facciamo in un momento cruciale per quello che è il futuro della famiglia, sulla quale si sta sparando a zero, dimenticando che è come sparare sulla croce rossa. Ho ripreso le parole di San Giovanni Paolo II: “ Stanno attaccando l’umanità dell’ uomo, cioè il progetto di umanità così come è scritto chiaramente nel libro della vita: le conseguenze saranno tragiche, perché nessuno può cambiare il progetto di umanità così come lo ha pensato Dio. Chi lo fa si autodistrugge”.
Credo che sia indubbio e che nessuno possa contestare l’importanza della famiglia come cellula costitutiva della società, ma quando se ne snatura l’essenza stessa la cellula si ammala e la società tutta si ammala.
Vorrei riflettere assieme, ancora una volta, sull’ importanza di questa realtà partendo da alcuni testi.
Per capire l’ importanza della famiglia vorrei iniziare con questa testimonianza, che io ho intitolato: Sono figlio di una prostituta, riportata dal card. Angelo Comastri nel suo libro: Una buona notizia per te – ciclo C.
“ Sono figlio di una prostituta
e non conosco mio padre:
Talvolta mi sembra di essere nato senza genitori.
Dentro di me urlo e invoco
ciò che la vita mi ha tolto violentemente
e vorrei, come un pazzo, correre per le strade
almeno per vedere … le mamme.
Vorrei incantarmi
guardando mentre baciano i loro figli
e poi vorrei fermarmi a guardare i figli
per intuire cosa provano
in quei momenti beati
che per me non potranno mai esistere.
Ho bisogno di una carezza,
di una dolce voce che mi chiami “figlio”!
Mamma! Mamma del Signore,
mi vuoi bene almeno tu?
Mamma di Gesù, se dici di sì,
baciami questa sera
quando mi addormenterò
e portami in Cielo con te.
Fallo tranquillamente!
Non danneggerai nessuno
perché io sono solo.
Non lascio nessuno
e nessuno piangerà
perché non esisto”.
Questo giovane, che si chiama Sergio si toglierà la vita in carcere nel 1980, la lettera è stata scritta alcuni anni prima.
Che dire?
Il card. Comastri aggiunge solamente: “Non voglio sciupare queste parole con un mio commento: da sole gridano l’ importanza e la necessità della famiglia.”
Il secondo è stralciato da un articolo apparso su un giornale on line (La Nuova Bussola Quotidiana) a firma di Angela Busseto che riprende la lettera di una ragazza, che è più grande d’età rispetto i vostri bimbi, ma che ci dice qualcosa di importante sulle attese che hanno gli adolescenti e sulle disillusioni che molti adulti, perché spero che non tutti siano così, provocano in chi sta crescendo.
Scrive la ragazza che la scuola ruba i suoi desideri, e la società la imbroglia nelle sue attese: «Veniamo presi in giro in ogni cosa, ci viene fatto credere in ogni modo che la verità sia fuori da Cristo. Veniamo ingannati sulla sessualità, sull’amore, sul dolore, sulla tristezza, sulla speranza, su tutto… Si parla della violenza sulla donna, ma si tace sulla violenza inaudita della pornografia e dell’utero in affitto. Si incitano le ragazze ed i ragazzi a perdere qualsiasi forma di pudore e dignità e ci viene fatto credere che l’amore equivalga ad un breve godimento fisico…». La ragazza prosegue: «Sono una normalissima ragazza, frequento il liceo classico, amo le belle cose… ma soprattutto amo la mia fede, la mia Chiesa. Mi sono resa conto che Dio con la Sua Chiesa ci guarisce. Ho una stima profondissima per i sacerdoti: voi siete gli unici capaci di avvicinarci a quella Verità di cui parlavo prima, con il vostro instancabile servizio»
Credo che questa ragazza, che si definisce “normalissima”, faccia un’azzeccata fotografia dell’attuale contesto, che è poi quello in cui vivono i vostri ragazzini, che se anche oggi magari non sembrano direttamente coinvolti, è come l’acqua per i pesci e loro consapevoli o meno vi stanno nuotando dentro. Come le spugne che assorbono l’acqua e trattengono, così facciamo noi, così anche loro. Sentono, parlano a scuola con i loro compagni, quello che viene loro proposto attraverso i media e prendono, tanti senza porsi domande.
A maggior ragione chi, come i vostri, non è ancora capace di una valutazione critica.
Attenti, però, a non cadere nell’ imbroglio di pensare, bè adesso è presto, meglio prenderne consapevolezza.
Quelli di cui scrive poi sono tutti i temi coinvolgono il discorso sulla famiglia in questi giorni, in particolare, ma che sempre riemergono quando si parla di una nuova concezione della famiglia, che la società si evolve, così si evolve anche il concetto e la definizione di famiglia, e che la famiglia tradizionale/naturale è superata e tanto altro.
Da questa liceale siamo interrogati sulla fede. «Sono una normalissima ragazza, frequento il liceo classico, amo le belle cose… ma soprattutto amo la mia fede, la mia Chiesa. Mi sono resa conto che Dio con la Sua Chiesa ci guarisce. Ho una stima profondissima per i sacerdoti: voi siete gli unici capaci di avvicinarci a quella Verità di cui parlavo prima, con il vostro instancabile servizio» Lasciamoci interrogare allora! Come la pensiamo noi credenti, cristiani sulla famiglia? Non per imporre agli altri, ma per offrire agli altri quello che è un gioiello, un sogno, come diceva anche Papa Francesco venerdì nel discorso alla Rota Romana: “La famiglia, fondata sul matrimonio, indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza della umanità”. È realizzabile questo sogno?
Sì, perché è un progetto, anzi il progetto per la vita, che Dio vuole realizzare sull’ uomo e sulla donna, fondato sul matrimonio, monogamico, indissolubile, procreativo, fecondo, aperto alla vita.
Poi Papa Francesco prosegue: “Come affermò il beato Paolo VI, la Chiesa ha sempre rivolto «uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donarsi vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna».
“Ripartiamo dal disagio e dal desiderio di tanti giovani che vogliono vivere e non si rassegnano alla desolazione della famiglia, alla distruzione dell’amore, alla perdita della fede. Non hanno nessuna voglia di inoltrarsi nel deserto di solitudine imposta dalla rivendicazione dei “nuovi diritti” e dalla pretesa di un’uguaglianza che distrugge l’origine della vita e la fecondità dell’amore. Non si rassegnano – e noi con loro– a venire omologati da un pensiero unico che appiattisce differenze e ideali. Insieme rinasce la speranza (…).” Commenta il giornalista e aggiunge: “Il cristianesimo è sempre all’inizio. Per almeno due motivi. Il primo riguarda l’ambiente in cui viviamo: in un mondo ridiventato pagano, il cristianesimo è sempre agli inizi, con l’unica differenza che mentre gli antichi romani ai vizi attribuivano il nome di un dio, ora i moderni li chiamano “diritti civili”. Il secondo motivo è che nessuno nasce cristiano; cristiani si diventa e non lo si è mai compiutamente. La “milizia cristiana” si svolge dunque contemporaneamente su due fronti, l’uno rivolto all’esterno, nel paragone con un ambiente svuotato di senso o addirittura corrosivo, l’altro all’interno, per la riconquista della propria anima a Dio.”
L’ultimo testo, ve ne sarebbero tanti, ma ho scelto volutamente quello di Domenica scorsa, quello delle nozze di Cana:
“1 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
12Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.( Gv2)
Un commentatore ha fatto questa riflessione, che vi propongo, perché mi sembra non solo attualissima, ma perché va a toccare degli aspetti molto concreti della vita di famiglia sui quali ci fa bene riflettere, come coniugi, adulti e genitori. Tutti siamo, infatti, consapevoli che se sappiamo realizzare un clima familiare sereno i figli cresceranno serenamente, ma se così non è le tensioni della famiglia hanno delle ripercussioni importante riguardo la loro crescita globale.
Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea … – il vino della gioia e l’ acqua della routine. ( è questo il titolo e il sottotitolo che gli ho attribuito).
“L’insegnamento che a me pare di cogliere da questo delicato episodio evangelico può essere formulato, in poche parole, così: avviene per ogni matrimonio fra un uomo e una donna quello che avvenne alle nozze di Cana; esso comincia con l’ entusiasmo e nella gioia; il vino è simbolo, appunto, di questa gioia e dell’ amore reciproco che ne è la causa. Ma questo amore e questa gioia – come il vino di Cana -, col passare dei giorni o degli anni si consuma e viene meno; ogni sentimento umano, proprio perché è umano è recessivo, tende a bruciarsi e ad esaurirsi;
l’ abitudine è “quel mostro che riduce in polvere tutti i nostri sentimenti” (Shakespeare); allora cala sulla famiglia come una nube di tristezza e di noia; a quegli invitati alle proprie nozze che sono i figli non si ha più nulla da offrire se non la propria stanchezza, la propria freddezza reciproca e spesso la propria amara delusione. Idrie piene di acqua. Il fuoco al quale erano venuti per scaldarsi si va spegnendo e tutti cercano altri fuochi fuori dalle mura di casa per scaldarsi il cuore con un po’ di affetto.”
Quello che ricordavo prima, come i momenti di crisi familiare, in cui a monte vi è una crisi nel rapporto fra i coniugi alla fine porti a disgregare la famiglia e a far si che tutti ricerchino fuori quello che in famiglia non trovano più.
“C’è un rimedio a questa tristissima prospettiva?
Sì, quello stesso rimedio che ci fu a Cana di Galilea: invitare Gesù alle proprie nozze! Se egli sarà di casa, a lui si potrà ricorrere quando comincia a venir meno l’ entusiasmo, l’ attrattiva fisica, la novità, insomma l’ amore con cui si era partiti da fidanzati, perché dall’ acqua della routine, egli sappia far nascere, a poco a poco, un nuovo vino migliore del primo, cioè un nuovo tipo di amore coniugale meno effervescente di quello giovanile, ma più profondo, più duraturo, fatto di comprensione, di conoscenza reciproca, di solidarietà, fatto anche da tanta capacità di perdonarsi. Un amore coniugale, insomma, che rimanendo tale, sappia anche diventare amore evangelico o del prossimo, da eros sappia diventare agape. Il primo – l’eros – è l’ amore fatto di ricerca di possesso e di godimento dell’ amato; esso è incapace di portarsi su altro che su oggetti e persone belle, al punto di ridursi spesso più ad amore del bello che ad amore della persona. L’altra – l’agape – è la carità cristiana, fatta di donazione di sé, di accettazione dell’altro senza volerlo possedere per se, cioè strumentalizzarlo e renderlo schiavo. Questa carità, quando è sana e genuina non esclude tra i coniugi l’eros, cioè l’ attrattiva e il desiderio reciproco, ma lo ancora a qualcosa di più grande e di più stabile che è l’Amore stesso del Padre, portato a noi da Gesù Cristo: un amore gratuito, perdonante, che sa resistere alla perdita della bellezza e della giovinezza, proprio perché non è stimolato dalla bellezza del partner, ma che partecipa di quello stesso amore del Padre.
Ritengo che passare dall’ eros all’ agape sia una delle difficoltà che oggi si riscontra nel rapporto fra coniugi, quando questo non avviene la coppia scoppia! Perché possa avvenire questo processo di maturazione occorre applicarsi molto nel dialogo, per permettere una sempre maggior conoscenza dell’ altro, capacità di ascolto, sapersi scusare e perdonare.
COSA SIGNIFICA INVITARE CRISTO AL PROPRIO MATRIMONIO?
Significa, anzitutto riconoscere fin da fidanzati che il matrimonio non è una faccenda privata tra un uomo e una donna, in cui la religione o il prete devono entrare solo per spruzzarci intorno dell’ acqua santa o per dargli un po’ di lustro esteriore con organo, fiori e tappeti, ma che è una vocazione, una chiamata a realizzare in un certo modo la propria vita e il proprio destino; vocazione che viene da Dio e che da lui perciò deve trarre la norma e la forza ( … ).
Per questo il matrimonio è un sacramento, come lo è l’ordine che consacra i sacerdoti, e da ministero della carne esso può diventare, come il celibato, ministero dello Spirito. Per mezzo di esso gli sposi possono rendere presente Cristo tra loro agli occhi dei figli, attraverso il segno della loro mutua carità, come in modo diverso, il sacerdote lo rende presente nel segno del pane e del vino sull’altare (…).
Non dunque un semplice “stato civile”, ma un carisma, cioè un dono e una chiamata (…). In duplice senso, il matrimonio è un dono: in senso passivo, come dono ricevuto mediante lo Spirito, in senso attivo, come donazione di sé (Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei). Questo a tutti i livelli, compreso quello più intimo: la donazione di sé all’altro deve, via via, trionfare sulla ricerca dell’ altro per sé; smettere di domandarsi: c’è qualcosa che potrei avere da mio marito, o da mia moglie, e non ho? E domandarsi invece: c’è qualcosa che potrei fare per lui o per lei, e non faccio? (…)
Gesù ha detto anche di prendere il suo giogo sopra di noi perché esso è dolce e leggero ( cf. Mt. 11, 29 ss.): questa parola va spiegata bene ai coniugi cristiani perché è per loro. Coniugi ( da con-iungo) significa due persone poste sotto lo stesso giogo; se questo giogo è quello della carne, del piacere, dell’ interesse o del mondo, esso è pesantissimo e pressoché insopportabile dopo tre o quattro anni che vi si è sotto, o anche meno; se invece è il giogo di Cristo, della sua parola e del suo amore, allora diventa non solo leggero, ma addirittura dolce.”
Raniero Cantalamessa, ridotto da: La parola e la vita, riflessione sulle domeniche e sulle feste
anno C – Città Nuova
In questa prospettiva la famiglia che nasce dal matrimonio, e dal sacramento del matrimonio fra un uomo e una donna non è un semplice riconoscimento di diritti e doveri reciproci, riprendo le parole di Papa Benedetto XVI:
“«Non posso tacere la mia preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto. Molte di queste coppie hanno scelto questa via, perché – almeno per il momento – non si sentono in grado di accettare la convivenza giuridicamente ordinata e vincolante del matrimonio. Così preferiscono rimanere nel semplice stato di fatto. Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio, la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico. In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile. Si aggiunge poi, per l’altra forma di coppie, la relativizzazione della differenza dei sessi. Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia. C’è in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso. Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro – il nostro – dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?»
“ Tenendo sempre presente che quanti per libera scelta o per infelici circostanze della vita, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’ amore di Cristo e perciò della Chiesa stessa” ( Papa Francesco)
Anche se questo amore offerto, ha sempre davanti a se la libertà del cuore umano di accettarlo o respingerlo!
Qydiacdon