Quale Dio? Potrebbe essere la domanda che ci poniamo oggi che celebriamo la festa della SS. Trinità. Tanti dicono di credere in Dio, se parliamo con loro, poi se approfondiamo non è difficile che ci si renda conto che non è il Dio che ci viene fatto conoscere nella Rivelazione, il Dio che ci ha fatto conoscere Gesù. Tanti, anche cristiani, parlano di Dio in modo vago, quasi fosse qualcosa di freddo, di astratto lontano dall’ uomo, come fosse chiuso in sé stesso. Si sono create varie caratterizzazioni su Dio, come il Dio dei filosofi, il Dio delle religioni per arrivare anche al Dio della fede.
Il Dio della fede, della nostra fede è il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. È qualcosa che professiamo in continuazione! Il segno della croce con cui abbiamo iniziato la Messa, che ci facciamo quando entriamo in Chiesa, che apre e chiude la preghiera, il gesto con il quale veniamo benedetti è tutto un dire e professare la Trinità. Così facciamo nella professione di fede, il Credo. Nel Battesimo con cui siamo diventati cristiani, siamo stati battezzati “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. La liturgia è sempre orientata alla Trinità.
Quello che rimane il mistero grande di un Dio unico in tre persone accompagna tutta la vita e l’esperienza del credente.
Giovanni nella sua prima lettera afferma che Dio “è amore” (1Gv 2,4). L’amore implica necessariamente una relazione. Chi ama solo sé stesso è un narcisista e in definitiva una persona che è incapace di amare. Allora contemplare, pregare, meditare quello che rimane un mistero come quello della Trinità significa contemplare una realtà di amore che uscendo da sé si espande e raggiunge ogni realtà e l’attira con il suo amore. Qualcuno ha scritto: “Nei nostri riguardi, il suo amore (quello della Trinità) si concretizza nel farci dono: del Figlio da parte del Padre; dello Spirito Santo da parte del Padre e del Figlio; della grazia dello Spirito ai cristiani e alla Chiesa”.(da Ascolta la Parola- Messaggero Padova)
Contemplando l’amore che anima le tre persone divine noi dobbiamo renderlo vivo e concreto nella nostra vita presente secondo quello che è il comandamento che Gesù ci ha lasciato: “Amatevi come io ho amato voi”. Mandandoci il suo Figlio che muore per i nostri peccati noi possiamo capire quanto sia grande l’amore di Dio Padre per noi.
L’evangelista Giovanni scrive che il Padre ci ha amati per primo, mentre eravamo ancora peccatori come ci ricorda Paolo. Questo diventa un grande messaggio di speranza e di consolazione per noi.
Celebrare e riconoscere Dio Trinità, cioè mistero d’amore, non significa, poi, fuggire dal mondo e dalla storia. Illuminati dalla luce e dall’amore trinitario , dobbiamo portarlo dentro questo mondo con la luce del Vangelo di Gesù, guidati dallo Spirito, orientando alla carità (amore) i vari ambienti della vita: la scienza, la tecnica, la politica, il lavoro! S. Agostino dice: “Vedi Dio Trinità, se vedi la carità”
Vorrei, però soffermarmi su due ambiti particolari: la famiglia e la comunità ecclesiale.
Se Dio è amore, la Trinità è amore, è comunione di persone che pur amandosi così tanto e profondamente sembra di vedere una persona, pure nella diversità dei compiti, dei ruoli, con il proprio specifico carattere perché non cercare di coniugare il nostro essere famiglia su questo modello? Una comunione di persone che si amano con lo sguardo rivolto all’ altro, uno sguardo amante, quindi anche pieno di passione, ma che non dimentica la tenerezza, la benevolenza e che dice quello che le parole non sanno esprimere! Tutto questo non per rinchiudersi in un piccolo mondo felice dove chi è dentro è dentro e chi è fuori sta fuori, ma attenti ai segni dei tempi e accoglienti verso il prossimo, attenti ad indicargli che tutto questo viene da un Dio che è amore e ci amato per primo, un Dio che è Padre, Figlio, e Spirito Santo.
Anche le nostre comunità ecclesiali sono chiamate a conformarsi e vivere lo stesso amore che anima la S. Trinità evitando invidie, gelosie, rancori, pettegolezzi e malignità che purtroppo non fanno trasparire il mistero di un Dio che è comunione. Gesù prega così: “Siano una cosa sola come tu Padre sei in me e io in Te”.
Scrive un commentatore “Guardando alla Chiesa, (quella sognata da Dio) l’uomo si accorge di essere capace di comunione. Uniti nella diversità, nel rispetto l’uno dell’altro, nell’ amore semplice e concreto, benevolo, facciamo diventare il nostro essere Chiesa splendore di quest’inatteso Dio comunione”. (Curtaz)
In questa Eucaristia chiediamo con forza che ciò avvenga!
Deo gratias, qydiacdon