SS Trinità anno C

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Parola del Signore
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• Molti dicono di credere in Dio, ma in quale Dio credono?

I musulmani credono in un Dio unico, ma che non lascia all’uomo, che deve essere sottomesso, il libero arbitrio, per cui, alla fine l’uomo non è libero e se non accetta questa realtà è un infedele.

Gli ebrei credono anche loro in unico Dio, ma è il Dio che si rivela solo nell’Antico testamento, pur con tutta la sua grandezza, per cui manca la rivelazione che ci è venuta a portare Gesù e per cui Gesù è solamente un profeta.

Per chi ama le filosofie orientali, con quello che ne consegue e che noi non comprendiamo con la nostra mentalità occidentale anche in tante loro espressioni, non ultima quella del diffusissimo Yoga. La parola yoga significa unione, ed è generalmente interpretata come l’unione con Dio, con l’assoluto, l’integrazione tra corpo, spirito e anima, ma il significato letterale è “unione tramite soggiogamento”, in quanto la radice sanscrita yug indica il “soggiogare”, per cui viene anche interpretato come l’unione dovuta allo spirito che soggioga la materia, ovvero il corpo, la manifestazione materiale. Cosa che non avviene nella visione cristiana in cui la nostra dimensione corporale viene valorizzata. Basti pensare all’ incarnazione.

Ma stiamo sulla Parola e cerchiamo di dare la risposta cristiana alla domanda: ”Qual’è il Dio in cui crediamo?” Non è una domanda superflua soprattutto in questa festa della SS. Trinità, perché sembra che tanti cristiani non l’abbiano chiara e non credano proprio , nel Dio che Gesù ci è venuto a fare conoscere, pensando a un Dio un po’ antipatico, vendicativo pronto sempre a punire coloro che sbagliano e non il Dio che ama, che perdona e che è misericordia. Ma che è soprattutto amore come afferma l’apostolo Giovanni.
È forse questa la più alta definizione di Dio nel Nuovo Testamento. Non si tratta di una definizione astratta, filo­sofica, ma di una sintesi della manifestazione che Dio ha dato di sé nella storia della salvezza, e in particolare nel dono del suo Figlio unigenito

“Tale manifestazione si riassume in una sola parola: agàpe!Questo termine, utilizzato da Giovanni, è scarsamente usato dagli autori greci suoi contemporanei, ma è ben noto alla comunità cristiana. Si tratta di un amore dato senza condizioni, per pura generosità, che non è motivato dai meriti dell’uomo: “Non siamo stati noi ad amare Dio” (v. 10). In altre parole, non è l’amore nato dal bisogno, cioè l’eros,né il frutto della reciproca simpatia, cioè l’amore di amicizia (philìa)ma un Amore che trova in sé soltanto le motivazioni per amarci, e perciò ci precede sempre. Questa prevenienza si è resa visibile, una volta per tutte, nella morte “espiatrice” di Cristo, che ha coperto definitivamente il nostro peccato.

La prima lettera di Giovanni deduce da questa manifestazione dell’amore divino lo stile dei rapporti al­l’interno della comunità: l’amore vicendevole, che deriva dalla consapevolezza del comune dono di Dio (vv. 11 s.).” (Centri preparazione al matrimonio).

L’ amore presuppone la relazione con l’altro/a, è apertura, è ricerca del bene dell’amato/a. Uno non può, quando ama, rinchiudersi in sé stesso in un solitario perfetto. Gesù stesso e la solennità che celebriamo ci dice che Dio è Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo. Tre che si amano totalmente, che sono talmente in sintonia, così affiatati che è come se noi ne contemplassimo uno solo.

Un commentatore scrive: “ Dio è festa, è famiglia, comunione, danza relazione, dono. Dio è tre persone che si amano talmente, che se la intendono così bene, che noi -da fuori- ne vediamo uno solo. Accade come quando vediamo una coppia di sposi o di fratelli che si vogliono talmente bene da sembrare una cosa sola” (Curtaz)

Cosa dice a noi allora questa festa?
Se noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio comprendiamo bene allora perché temiamo così tanto la solitudine e come cerchiamo la relazione, quella fondata, però, sull’amore. Questo anche all’interno delle nostre famiglie, dei nostri luoghi di lavoro, delle nostre comunità in cui spesso ci sono tante invidie e divisioni. Guardando alla Trinità dobbiamo tendere all’amore comunione, ma in toto, fino al dono completo totale della nostra persona.
Invochiamo questo dono dalla Trinità per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per la Chiesa e per il mondo.

Deo gratias, qydiacdon

 

Domenica della Santissima Trinità (Anno A) Parrocchia Don Bosco

 

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