Uno e mezzo, sette, al massimo dieci minuti. Questo è il tempo concesso alle principali associazioni pro-family audite alla Commissione Cultura della Camera relativamente agli otto disegni di legge sull’educazione affettività nelle scuole. E si perché, in attesa che il Ministero dell’Istruzione presenti entro ottobre prossimo le linee guida del comma 16 della legge sulla ‘Buona Scuola’ che introducono l’educazione alla parità tra i sessi e la lotta alla violenza di genere, a Montecitorio è partito l’iter per la discussione di otto disegni di legge che rappresentano un salto di qualità nella promozione dell’ideologia gender, in quanto chiedono l’istituzione di una vera e propria disciplina dedicata all’educazione sessuale e di genere. Insomma il ministro Giannini e il tavolo tecnico del ministero rischiano di essere superati dalle proposte ancora più ambigue dei parlamentari targati Sel e Pd. Fatto sta che dopo la pausa estiva, lo scorso 15 settembre, la Commissione Cultura presieduta dalla deputata dem di area cattolica, Flavia Piccoli, ha voluto chiudere le audizioni e la raccolta delle memorie delle diverse realtà pro-family e anche di quelle più vicine al mondo lgbt.
Le preoccupazioni della famiglie riguardo al rischio che dietro il nobile scopo della lotta al bullismo si nascondano programmi tesi alla destrutturazione dell’identità sessuata del bambino sono state rappresentate quasi esclusivamente dalla galassia di realtà che ha dato vita al Family day. Davanti ai membri della Commissione cultura hanno parlato Massimo Gandolfini, presidente del Comitato difendiamo i nostri figli; Tony Brandi di Pro-vita onlus; Giusi D’Amico presidente dell’Associazione non si tocca la famiglia e il direttore del Moige, Antonio Affinita.
Interventi brevi ma appassionati, animati dall’intento di imporre la questione del primato educativo dei genitori e il diritto al consenso informato per le famiglie. Si è posto inoltre l’accento sulla necessità di fare chiarezza una volta per tutte su cosa si intende per educazione alla parità tra sessi, lotta alle discriminazioni e decostruzione degli stereotipi; concetti che possono essere strumentalizzati con molta facilità da chi intende presentare anche il sesso di appartenenza e la famiglia naturale come stereotipi da abbattere.
La Commissione ha inoltre acquisito le diverse memorie preparate dai movimenti che hanno dato vita alla grande manifestazione del Circo Massimo. Gandolfini ha presentato uno studio di oltre 20 pagine altre 15 cartelle di materiale sono state consegnate da Tony Bradi. Il documento di Pro-vita è teso a dimostrare le ambiguità definitorie del termine genere e la prevalente impostazione soggettiva che porta a eliminare qualsiasi connessine tra il sesso di nascita e la percezione di se; a dimostrare l’impostazione ideologica di queste teorie che si basano su una presunta irrilevanza del sesso biologico nella sfera psicologica e sociale e promuovono una sorta di indifferentismo sessuale; ad elencare le criticità dei vari disegni di legge sul educazione all’affettività, nei quali appunto si trovano formulazioni esplicite – ad esempio, A.C. 3022, all’art. 1 c. 2 – in cui si riferisce alla necessità di adottare “misure educative volte alla promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza”.
Per farsi un’idea di quanto denunciato dal fronte del Family day basta sottolineare che questi ddl hanno quasi tutti lo scopo di far assurgere a corsi curricolari e trasversali a tutte le materie gli insegnamenti gender oriented. Insomma non come attività complementari e per loro natura facoltativi.
Nella fattispecie, il Ddl che contiene la visione più radicale è quello presentato dalla deputata di Sel, Celeste Costantino, denominato ‘1 ora d’amore’. La stessa Costantino presentando il Disegno di legge cita come esempio di buone pratiche l’associazione Scosse (realtà animata da femministe vicine al mondo lgbt). Scosse organizzò due convegni a Roma rivolti agli insegnati e tra i sottoscriventi di questa iniziativa appariva anche il circolo Mario Mieli.
Sulla stessa linea si pone il Ddl depositato da Veronica Tentori e Chiara Braga, entrambe del Pd: “È necessario favorire una formazione che permetta a ogni studente di decidere e di costruire la propria identità, nella serena accettazione del proprio genere, e in modo da assumere una concezione della realtà che integri, la conoscenza e la valorizzazione etica della stessa”.
Gli altri passaggi più critici di queste proposte di legge sono rappresentati dall’obbligo per tutto il sistema nazionale di istruzione (quindi anche per le paritarie). Significa che chi non la farà perderà i requisiti della parità. Quindi le paritarie o la fanno o chiudono. C’è inoltre la richiesta di aggiornamento (tra l’altro già in atto) dei libri di testo con adeguamento al codice di autoregolamentazione Polite (Pari Opportunità nei Libri di Testo) e dall’istituzione di una commissione tecnica di valutazione della quale dovranno far parte, tra gli altri, tre funzionari dell’Unar.
Insomma ce n’è abbastanza per trasformare le scuole in centri di rieducazione di Stato. Per questo motivo agli otto ddl depositati a giugno ne sono presentati altri due la scorsa settimana: uno di Eugenia Roccella (Idea) che sostanzialmente ribadisce la necessità che i genitori siano informati e che possano esprimere il loro consenso e il principio del primato educativo della famiglia; e uno di Forza Italia volto a promuovere iniziative contro la discriminazione e gli stereotipi legati al sesso ma senza derive ideologiche che mirano a cancellare del tutto il dato biologico nella formazione dell’identità della persona.
Dunque ora i ddl sono dieci, le audizioni si sono concluse e non sarà acquisito nuovo materiale. Adesso l’iter della legge prevede che una versione ridotta della commissione e il relatore elaborino un testo unico da ripresentare alla Commissione Cultura nella sua interezza, la quale poi si esprimerà su di esso con eventuali emendamenti e con il voto finale. Dopo di che andrà all’aula della Camera e poi al Senato per l’approvazione definitiva.
Il tutto non ha tempistiche certe. Fonti interne alla Commissione fanno sapere che il Pd non sembra avere alcuna fretta pur avendo i numeri in Commissione e a Montecitorio per approvare il testo senza il pericolo di sorprese e senza l’aiuto dei centristi. Sembra infatti che Renzi, dopo le unioni civili, non voglia avere un nuovo scontro frontale con le famiglie prima del Referendum Costituzionale. Altri affermano invece che il Pd è in attesa che a toglierlo dall’imbarazzo e dal braccio di ferro con le associazioni pro-family saranno le linee guida della Giannini in uscita ad ottobre. Di certo i prossimi mesi saranno cruciali: l’attacco liberticida arriva da due fronti e visto l’impianto culturale di questo governo la formazione obbligatoria di Stato sulle questioni più intime della persona lascia prevedere solo il peggio.
di Marco Guerra in La Nuova Bussola Quotidiana