Torino. Donna “diventa” uomo e vuole la Cresima. Il parroco chiede in curia e il responso della Diocesi è favorevole: “Ok a cresimare col nome nuovo, ma nel registro scrivere quello di battesimo e registrare il cambiamento”. La Bussola racconta l’imbarazzo del parroco, la mail della curia che dà il via libera e la nuova tappa nella demolizione del Catechismo: se la natura non conta più nulla, ma solo i “diritti” della persona, allora crolla tutto
“Io ti battezzo femmina… e ti cresimo maschio”. Non è una gag di Checco Zalone, ma potrebbe essere l’ultimo capitolo della saga “E la Chiesa si rinnova…”, per parafrasare una celebre canzone di Gaber.
Chiesa e trans. Nel già ricco carnet di episodi poteva mancare anche quello relativo alla concessione del Sacramento della Cresima? Sembra di no, e a non negarlo con tanto di cambio di nome di colui che prima era una lei e ora si fa chiamare lui, potrebbe essere – come apripista – la diocesi di Torino che ha autorizzato nei giorni scorsi un parroco a celebrare il Sacramento della Confermazione a queste condizioni.
Autorizzato, non vuol dire che il Sacramento verrà certamente celebrato, perché come la Bussola ha potuto verificare direttamente, il parroco, il quale dovrebbe comunque essere delegato dal vescovo, non se la sente di spingere l’acceleratore su un sacrilegio di un rito che dà per scontato il cambio di sesso che la Chiesa ancora condanna, però, come disordine morale. Ma i fatti dicono che dalla diocesi e quindi dal vescovo, arriva un sostanziale e formale via libera a cresimare col nome “nuovo”, contraddicendo così quello del battesimo.
I fatti, così come sono stati verificati personalmente dalla Bussola, sono i seguenti:
Nella parrocchia della Stimmate di San Francesco d’Assisi arriva una richiesta di Cresima. A farla è una donna che dopo un intervento cosiddetto di riassegnazione del sesso ora si fa chiamare come un maschio.
Battezzato donna e cresimato maschio? Possibile? Il parroco don Antonio Borio chiede aiuto alla curia e la curia, con solerzia, risponde così: cresimare col nuovo nome e registrare il nome di battesimo naturale, ma apponendo in calce data e numero di protocollo della sentenza del tribunale civile che certifica l’avvenuta riassegnazione sessuale.
Dopo la risposta, il parroco ne ha parlato con diversi collaboratori parrocchiali e con altri confratelli, per confrontarsi sul da farsi. Un po’ titubante «perché coi Sacramenti non si scherza», un po’ «desideroso a dare una risposta a questo/a fedele». E di bocca in bocca, di commento in commento, alla luce della risposta della curia, la cosa ha travalicato anche i confini del Piemonte.
Un via libera ai Sacramenti per i trans? La materia è delicata, ma fondamentalmente, una volta che si riconosce il nuovo nome, in questo caso maschile, la frittata è fatta e a questa si aggiungono anche tutte le aggravanti di tipo morale che non possono certo passare in secondo piano.
Per ricevere la Cresima, infatti, o Confermazione, il candidato dev’essere ammonito di presentarsi in stato di grazia, sennò si compie un sacrilegio. Accettando il cambio di nome, invece, la Chiesa accetterebbe anche la sua condizione di vita disordinata che contraddice la creazione.
Ma per sapere come è avvenuto il via libera è bene tornare a Torino. Il parroco, più e più volte contattato dalla Bussola, prima ha negato («non nella mia parrocchia»), poi ha minimizzato («se ne parlava tra confratelli genericamente») e finalmente ha ammesso che una richiesta c’è stata: “Sì, è vero, c’è stata una richiesta di una donna che ora è maschio, ma non è mia parrocchiana, mi è stata presentata. Ho chiesto in curia e la risposta che mi è stata data fa riferimento a una nota della presidenza Cei del 2003 (presidenza Ruini ndr) che trattava però la registrazione dei battesimi delle persone che successivamente hanno fatto la cosiddetta riassegnazione di sesso”.
Non propriamente lo stesso caso, ma una traccia – così è parso alla diocesi di Torino che si appresta prossimamente ad accogliere sotto la Mole il nuovo vescovo Roberto Repole -, per poter autorizzare la Cresima col nuovo nome. Nella mail scritta dal Cancelliere arcivescovile don Alessandro Giraudo – di cui la Bussola è a conoscenza -, infatti, si autorizza il parroco a celebrare il Sacramento chiamando il cresimando “col suo nome attuale”.
Questo significa, per andare nel concreto, dare il via libera ai sacramenti per i trans e accettare il cambiamento di sesso come un qualcosa di naturale.
Va detto che il parroco ha poi riferito alla Bussola che non sa se in queste condizioni celebrerà il Sacramento, anche perché lui non è il parroco della cresimanda (oggi autodefinitosi cresimando).
Ma il vero punto su cui riflettere è un altro: con questo via libera la diocesi di Torino avvalora il fatto che si possa vivere in stato di grazia anche avendo rinnegato la natura. È il grave errore della modernità, che fa precedere la persona alla natura, ma se la natura non conta più nulla, ma solo la persona con i suoi “diritti inalienabili”, allora salta tutto.
Se anche alle Stimmate non si concretizzasse nulla, però, perché in fondo prevarrà il buon senso (e il timor di Dio), la risposta della diocesi sta lì a ricordare che un precedente c’è già quindi alla prossima richiesta sarà tutto più facile. E di precedente in precedente, la prassi si confermerà perché il “processo” di demolizione del Catechismo è ormai avviato e sembra inarrestabile. Certe picconate non si danno solo in Germania, ma anche nella cattolicissima Italia.
Da la NBQ Andrea Zambrano