Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».
Parola del Signore
_____________________________________
Siamo passati dal colore bianco, quello della luce, quello della gioia, della festa al colore rosso, che è quello del sangue, ma è anche il colore dell’amore, quell’amore che ha animato Stefano davanti al Sinedrio, dove dà la sua testimonianza al Signore Gesù. Quel Signore che venuto nella debolezza di un bambino indifeso ora è nella pienezza della sua divinità.
Stefano avvera la Parola del Vangelo:” vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe … non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”.
Succede proprio così e Stefano dà la sua testimonianza come hanno fatto tanti martiri, non solo nel tempo passato, che pensiamo lontano, ma anche in quello vicino.
“Il contrasto è enorme. I filosofi direbbero che ci troviamo davanti ad una figura retorica denominata ossimoro. La morte dona la vita! Questa affermazione è, appunto, un ossimoro. Ieri, giorno di Natale, abbiamo avuto il presepe del bambino appena nato con il canto degli angeli e la visita dei pastori. Oggi è il sangue di Stefano, lapidato a morte, perché ebbe il coraggio di credere nella promessa espressa nella semplicità del presepe. Stefano criticò l’interpretazione fondamentalistica della Legge di Dio ed il monopolio del Tempio. Per questo lo uccisero. Ieri è nato il Salvatore, oggi nasce alla luce della vera vita il primo dei testimoni del Maestro. Questo apparente stridore, questo calo di tono, dalla tenerezza del bambino al sangue che esce dalle membra fratturate del primo diacono, questa provocazione, in realtà ci è salutare, ci mette davanti alla realtà. Accogliere la novità della presenza di Dio può costare fatica, può provocare reazione. Oggi Stefano ci ricorda i 28 milioni di cristiani massacrati nel trascorso ex-luminoso ventesimo secolo, ci dice che far nascere Cristo può significare subire violenza, presa in giro, sguardo compassionevole. Nella prima lettura vediamo che nella comunità cristiana la morte di Stefano ha un particolare significato. Mentre nella mentalità ebraica corrente, e quindi anche nella comunità cristiana, il malvagio viene punito (episodio di Ananìa e Saffìra: Atti 5; la morte di Erode: Atti 12), qui si parla della morte di Stefano come della fine di una persona buona. E il tema ritorna ancora negli Atti quando viene ricordata la morte di Giacomo, fratello di Giovanni (12,2). Questi episodi di fatica e di persecuzione maturano una feconda riflessione sul significato della morte di Gesù: il giusto maledetto. Muore in croce ed è innalzato alla destra di Dio. Il salmo 30 è stato pregato da Gesù morente. Le certezze di fondo che emergono dalla preghiera del povero del Signore, sono le certezze del Figlio che «ha visto il Padre», e ne conosce i disegni di amore infinito. Anche noi possiamo recitare questo salmo, affidando le nostre angustie a quelle della Chiesa intera e così vivere la testimonianza cristiana con la consapevolezza di ricevere già la caparra della vita eterna.”
Monaci Benedettini Silvestrini