Pentecoste 2019

Si realizza oggi e ci viene descritto quello che il Signore Gesù aveva detto ai suoi e che sentivamo anche Domenica scorsa: “Ed ecco io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’ alto”. Questa potenza dall’alto è il dono dello Spirito santo. Descritto nella Bibbia come afferrabile e inafferrabile insieme, invisibile e tuttavia potente, carico di energia prorompente come il vento della tempesta, lieve come la brezza della sera che accompagna e ristora i passi del pellegrino, vitale come l’aria che si respira soggiogante nonché libero e fonte di libertà. (Mannucci)

Nel libro degli Atti l’evangelista Luca fa questa annotazione cronologica: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste”. È la festa ebraica

che riunisce in se diversi significati dapprima festa agricola della mietitura, poi dopo la liberazione dell’esilio festa che ricordava la promulgazione della Legge e la stipulazione dell’alleanza al Sinai, ma per alcuni anche festa della nuova alleanza annunciata dai profeti, (Qumran).

Questa piccola annotazione acquista un significato che va ben oltre il valore cronologico. Tutta quella realtà annunciata nell’ Antico Testamento sta giungendo al suo compimento in quella che è la Pentecoste cristiana. Si realizza ora tutta una storia di promesse. Il rapporto che anima il credente non sarà basato solo più sul rispetto di norme che sono esteriori all’ uomo, ma dal cuore dell’uomo in cui ha preso dimora lo Spirito di Dio. “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.”, abbiamo sentito nel Vangelo. Rinnovato dal dono dello Spirito il cristiano inizia il cammino di una vita nuova in cui vive con Dio una relazione da figlio potendo rivolgersi a Dio chiamandolo Abbà, cioè Padre/papà. Non così come avviene per altre religioni, come l’Islam, ad esempio.

Ma quale sono gli altri effetti di questo dono, che come la Legge viene dall’ alto! Trasformando l’uomo che vive secondo la carne, secondo il mondo e rigenerandolo dal di dentro conduce il credente a vivere quel comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato e che si manifesta come Paolo descrive nella lettera ai Galati: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (5,22).

Dalla paura di discepoli al coraggio dei testimoni!

“Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.” Non più timorosi iniziano ad annunciare Gesù risorto, la necessità di convertirsi, di accettare l’offerta di salvezza che viene da Dio.

Noi oggi, purtroppo, viviamo un anticristianesimo e ci occorre  coraggio per non cadere nella tentazione di rimanere in silenzio, di adeguarci e non avere paura di contestare immoralità, costumi in contrasto non solo con il Vangelo, ma con la dignità stessa della persona. Cerchiamo di adattarci vivacchiando per non correre rischi,  per non sentirci tacciare di essere bacchettoni, manca il coraggio della fede come ha scritto qualcuno e non solo non abbiamo il coraggio dell’ annuncio, ma manca il coraggio della testimonianza.

Se testimoniare è certamente affermare la verità di qualcosa che si è visto, conosciuto, sperimentato, può, come qualcuno afferma, anche il coraggio di dimostrare che qualcosa che non si vede, che con possiamo toccare è qualcosa di reale e questo fatto attraverso gesti che si vedono. Se possiamo sempre riprendere “la testimonianza di un giovane che lascia le ricchezze e si fa povero,” e pensiamo a San Francesco non possiamo dimenticare e anzi gridiamo con forza per denunciare i “16 mila cristiani assassinati in Nigeria dal giugno 2015.” Di cui nessuno parla “E almeno duemila chiese cristiane sono state rase al suolo”, Cristo risorto non lo vediamo, ma vediamo il coraggio e la forza dei nostri martiri cristiani che sostenuti dallo Spirito Santo danno testimonianza.

Ecco quindi l’occasione per interrogarci su qual è la nostra testimonianza, perché anche noi abbiamo avuto la nostra Pentecoste e ricevuto il dono dello Spirito Santo prima nel Battesimo e poi nella Cresima!

Dalla divisione all’ unità! Spirito Santo come dono per l’ unità.
“Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».”

Nella prima lettura si parla del dono delle lingue, e troviamo come una specie di carta geografica dei popoli, a dirci come nella Pentecoste tutti i popoli siano presenti e chiamati ad essere nella fede in Cristo un’unità. La torre di Babele  con il tentativo dell’ uomo di dare la scalata al cielo aveva diviso, ora con il dono dello Spirito che discende dall’ alto i popoli possono essere uniti nel comandamento nuovo dell’ amore che Gesù ha lasciato e che con la forza che viene dallo Spirto santo è possibile vivere! La salvezza che Gesù ha portato è per tutti quelli che l’accolgono.

Come comunità cristiana oggi siamo invitati a metterci in cammino per raggiungere tutti gli uomini e annunciare loro questa nuova, meravigliosa realtà, realizzabile solo in Gesù e nello Spirito Santo, essendo testimoni credibili, convinti, pronti e costruire un mondo più giusto e fraterno per tutti in attesa di quel compimento che avverrà solo con la seconda venuta del Signore. Contro un atteggiamento sfiduciato e stanco in questa solennità siamo chiamati alla speranza. All’ impegno, alla testimonianza e all’ evangelizzazione.

Vorrei concludere con queste parole, che non sono mie, ma del cardinale Angelo Comastri:

“Signore Gesù aiutaci ad uscire dal cenacolo per  andare nella piazza della vita quotidiana a gridare la buona notizia, che è questa e soltanto questa: Dio ci tende la mano per farci uscire dalla tristezza e dalla cattiveria! Non perdiamo tempo, ma accogliamo il dono della sua misericordia”

Deo gratias, qydiacdon

 

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