Pretende di entrare in quell’Europa, che tanto disprezza: l’improbabile comportamento del presidente turco Recep Tayyip Erdogan non cessa di sconcertare, con buona pace di quanti in un recente passato lo avrebbero voluto a pieno titolo nell’Ue.
Non ha proprio digerito il fatto che l’Europa abbia respinto la propaganda propinata dai suoi ministri e che con una sentenza abbia bandito il velo dall’Unione: secondo lui, questo segnerebbe l’inizio di uno «scontro tra la mezzaluna e la Croce». Una dichiarazione sconsiderata, che va oltre la semplice interruzione dei colloqui bilaterali con Amsterdam, l’espulsione del suo ambasciatore in Turchia e la chiusura dello spazio aereo ai suoi diplomatici, anzi alza i toni al di là di ogni ragionevole livello di guardia: non può candidarsi a far parte dell’Ue chi, contro di essa, utilizzi l’immigrazione come arma di ricatto.
Ma non basta. Ancora più spudorato il ministro per gli Affari Esteri turco, Mevlüt Çavusoğlu (nella foto), che lo scorso 16 marzo, anche senza sfera di cristallo, si è sbilanciato in foschi vaticinii: «L’Europa ha iniziato a crollare, sta trascinandosi nel baratro. Presto qui scoppieranno guerre di religione», ha detto, senza precisare chi voglia scatenarle e perché.
Pericolosi sottintesi, minacce neanche troppo implicite, affermazioni prive di controllo permettono, da un lato, di capire molto bene chi realmente sia e cosa rappresenti la leadership turca, dall’altro di comprendere quale errore sarebbe stato portarsela in casa.
M. F. in Corrispondenza Romana