Dopo il Patto globale sull’emigrazione, presentato all’Onu quello sui rifugiati, due parti di uno stesso disegno. Oltre ad abolire la distinzione tra profughi e migranti economici, il peso dell’assistenza viene ancor più fatto gravare su Europa e Stati Uniti, che già coprono l’86% dei fondi Onu per i rifugiati.
Il “Patto globale per una emigrazione sicura, disciplinata e regolare”, adottato per acclamazione dai 164 stati che hanno partecipato alla conferenza intergovernativa svoltasi il 10-11 dicembre a Marrakech, sarà presentato il 19 dicembre al Palazzo di Vetro quando si chiederà all’Assemblea generale di votare una risoluzione che lo approvi formalmente.
Intanto, il 17 dicembre, l’Assemblea è stata chiamata a pronunciarsi su un altro documento, il “Patto globale sui rifugiati”. Come quello sull’emigrazione, anche questo Patto emana dalla “Dichiarazione di New York per i rifugiati e gli emigranti”, votata il 19 settembre 2016 dai 193 stati membri dell’Onu, durante un summit di capi di stato e di governo. La “Dichiarazione”, che era stata fortemente sollecitata dall’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama, si proponeva, si legge nella sua presentazione, di far adottare “un atteggiamento più umano e coordinato nei confronti degli emigranti e dei rifugiati”, al fine di “salvare vite, proteggere i diritti e condividere le responsabilità a livello globale”.
Era la prima volta che l’Assemblea generale organizzava un summit del genere, si congratulò all’epoca il Segretario generale dell’Onu Antonio Gutierres, una vera e propria “pietra miliare” nella gestione delle migrazioni internazionali, una “opportunità unica di creare un modo più responsabile di rispondere ai grandi movimenti di rifugiati ed emigranti”.
I paesi rappresentati alle Nazioni Unite si sono impegnati quel giorno, votando la “Dichiarazione di New York”, ad avviare contatti allo scopo di preparare una conferenza internazionale sull’emigrazione con cui creare entro il 2018 “una struttura globale per far sì che l’emigrazione, come altri fenomeni internazionali, sia guidata da un sistema comune di principi e di approcci”; e a formulare un patto globale per i rifugiati per consentire di arrivare a “una più equa spartizione dell’onere e della responsabilità di ospitare e sostenere i rifugiati”.
Del Patto globale per l’emigrazione si è già detto (Migranti, un patto globale inutile, 4 novembre 2018; L’Italia non firma il Patto Globale. Meglio così, 4 novembre 2018; I vescovi non sanno che lo Stato viene prima?, 6 dicembre 2018; Migrazione diritto assoluto. Il Vaticano ‘benedice’, 13 dicembre 2018).
Quanto al Patto globale per i rifugiati, l’Onu oggi garantisce che “propone approcci, accordi e risorse nuovi nella prospettiva di una risposta alle crisi dei profughi più efficace e sostenibile”. Ma dal 1951 lo status e i diritti dei rifugiati sono ben regolati dalla Convenzione internazionale di Ginevra, a cui hanno aderito 145 stati, e dallo stesso anno si occupa di loro e dei profughi interni una agenzia delle Nazioni Unite, l’Unhcr, Alto commissariato Onu per i rifugiati, presente in 123 stati, efficiente abbastanza da essere in grado di intervenire tempestivamente al verificarsi di una crisi, coadiuvato da altre agenzie Onu e da decine di migliaia di organizzazioni non governative. Certo non mancano casi di inefficienza, corruzione, mal funzionamento, il sistema di assistenza ai rifugiati può essere migliorato.
Come il Patto globale si proponga di farlo lo spiega un simpatico video realizzato dall’Unhcr che ne illustra le finalità con una animazione, in meno di due minuti. Parte male, dicendo che i rifugiati sono più di 25 milioni, senza specificare che la cifra include i 5,4 milioni di palestinesi protetti dall’Unrwa, Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, creata nel 1949.
Il resto del video è dedicato a spiegare che per meglio assistere i rifugiati occorre una più equa spartizione dell’onere di ospitarli e assisterli, al momento sostenuto dai paesi poveri, a basso livello di sviluppo, che ospitano l’85% dei rifugiati. Il Patto globale consentirà “di fornire più aiuti ai rifugiati e ai paesi che li accolgono, spesso tra i più poveri del mondo, e di aiutare i rifugiati a diventare più autosufficienti affinché possano meglio contribuire al loro futuro e a quello della comunità che li ospita”.
L’Unhcr, le Nazioni Unite sembrano ignorare da dove provengono i fondi grazie ai quali è possibile aiutare 20 milioni di rifugiati, effettivamente concentrati in paesi a basso reddito non perché siano paesi più generosi e caritatevoli, ma perché confinanti con gli stati in crisi. L’86% dei fondi di cui l’Unhcr dispone, come d’altra parte quelli di tutte le agenzie Onu e di tante Ong, proviene dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e da singoli stati europei. Se di più equa spartizione degli oneri c’è bisogno, dovrebbe andare nel senso di una partecipazione agli oneri di paesi che finora hanno contribuito poco o niente al bilancio dell’Unhcr. Invece il Patto globale intende alleggerire la pressione sui paesi che ospitano la maggior parte dei rifugiati aumentando i contributi finanziari a quei paesi e promuovendo il trasferimento dei rifugiati in altri stati su cui la pressione è minore, presumibilmente intendendo quelli europei e nord americani.
È raro che le conferenze e i documenti Onu siano quelle pietre miliari, quegli eventi che cambiano la storia dell’umanità che si vorrebbe far credere, tanto più se affermano principi già più volte proclamati. Ma non bisogna sottovalutare le funzioni latenti a cui assolvono.
La “Dichiarazione di New York” per la prima volta associa rifugiati ed emigranti come se fossero la stessa cosa. Il Patto globale sull’emigrazione afferma il diritto assoluto a emigrare, pretendendo di governarlo. Il Patto globale per i rifugiati prova, falsificando i fatti, a gravare ulteriormente l’Occidente – Stati Uniti, Europa – dell’onere di provvedere ai rifugiati, accusandolo di essere il più restio a farlo.
Anna Bono in La NBQ