In una dichiarazione diffusa in tre lingue, l’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede torna su uno dei temi di cui si parlerà al Sinodo sull’Amazzonia: nessun sinodo, papa o concilio «potrebbe rendere possibile l’ordinazione delle donne come vescovo, sacerdote o diacono».
Il cardinale Müller con papa Benedetto XVI
Il cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha diffuso un documento pubblicato in tre lingue – tedesco, spagnolo e inglese – per controbattere alcune delle idee e delle proposte avanzate da vescovi e teologi in relazione al Sinodo sull’Amazzonia, che si terrà a Roma nell’ottobre prossimo, e che ha già provocato pesanti critiche e perplessità a tutti i livelli nella Chiesa, visto il tono e i contenuti dell’Instrumentum Laboris. Come è noto qualche vescovo, di origine tedesca, ha lanciato l’idea che dal Sinodo possa uscire un’approvazione del diaconato femminile. Müller risponde nel suo testo che nessun sinodo, papa o concilio “potrebbe rendere possibile l’ordinazione delle donne come vescovo, sacerdote o diacono”.
Il testo preparatorio del Sinodo è già stato oggetto di critiche severe da parte del cardinale , ma in questo documento si focalizza soprattutto sul tema dell’ordinazione femminile, sul sacerdozio, e sul fatto che le donne non possono accedervi. “Il Magistero del Papa e dei vescovi non ha alcuna autorità sulla sostanza dei Sacramenti”, afferma il cardinale. “Pertanto, nessun sinodo – con o senza il Papa – e nemmeno nessun Concilio ecumenico, o il solo Papa, se parlasse ex cathedra, potrebbe rendere possibile l’ordinazione delle donne come vescovo, sacerdote o diacono. Sarebbero in contraddizione con la dottrina definita della Chiesa”. E un tale passo di conseguenza “sarebbe invalido”.
Il cardinale Müller ha definito il prossimo Sinodo una “palla da demolizione” che mira a una “ristrutturazione della Chiesa universale”.
La scorsa settimana, il cardinale Müller aveva pubblicato una sua prima valutazione del documento di lavoro del Sinodo dell’Amazzonia, criticandolo per la sua “inversione radicale nell’ermeneutica della teologia cattolica” e per il suo “falso insegnamento”.
Müller pone in questo testo tutta la sua grandissima competenza teologica in difesa del sacerdozio cattolico. Ricorda che “il triplice ufficio – come si è sviluppato storicamente dall’apostolato nella Chiesa primitiva istituito da Cristo – esiste in virtù di una “istituzione divina “(Lumen Gentium 20)”. Questo ufficio è esercitato dai vescovi, presbiteri e diaconi.
Dal momento che la maggioranza degli attacchi alla dottrina attuale viene da tedeschi, sia in Germania che in Brasile, il porporato ricorda come ai tempi della “Kultur Kampf” bismarckiana i vescovi tedeschi si opposero, dichiarando che “la costituzione della Chiesa si basa, in tutti i punti essenziali, sull’ordine divino ed è esente da qualsiasi arbitrarietà umana”.
Ricorda il Concilio di Trento, e aggiunge che “un’analisi teologica dei fatti dottrinali ed ecclesiastici-storici, nel contesto delle dichiarazioni vincolanti riguardanti il Sacramento degli Ordini Sacri” chiarisce “che l’ordinazione sacramentale, nel grado e con il titolo ufficiale di ‘diacono’, non è e non è mai stato amministrato nella Chiesa cattolica alle donne”. “Deriva dalla ‘costituzione divina della Chiesa’, come ha deciso in modo affidabile Papa Giovanni Paolo II, che la Chiesa non ha l’autorità di amministrare alle donne l’ordinazione sacerdotale. Questa non è una conclusione che deriva dalla storia, ma piuttosto deriva dalla costituzione divina della Chiesa. Questo ovviamente si applica a tutti e tre i gradi sacramentali”, spiega il cardinale Müller.
Il cardinale rigetta inoltre l’idea “di diaconi femminili non sacramentali, stabilendo così l’illusione che si tratta di far rinascere un’istituzione del passato – ma solo temporaneamente e regionalmente limitata – e cioè le diaconesse della Chiesa primitiva”.
L’idea di un ufficio femminile non ordinato è stata recentemente proposta da diversi religiosi tedeschi, tra cui il cardinale Walter Kasper. Il cardinale Reinhard Marx ha appena proposto di consentire ai laici di predicare a messa. Questo, tuttavia, non è accettabile, secondo il cardinale Müller. “Contraddice l’essenza dell’ufficio episcopale e dell’ufficio sacerdotale consentire ai laici – cioè uomini e donne che non siano in un servizio sacramentale – pronunciare l’omelia durante la messa celebrata da un sacerdote o da un vescovo”.
Müller continua dicendo che qui c’è il pericolo che i sacerdoti “diventino“ altaristi”. (“Altaristen”: un termine dispregiativo per i sacerdoti che celebrano la Messa senza omelia e cura pastorale; un abuso che Lutero rimarcò e usò per le sue polemiche), qualcosa che all’epoca causò la protesta della Riforma”. Secondo Müller e la dottrina della Chiesa, “la Messa è – come Liturgia della Parola e del Corpo di Nostro Signore – ‘un solo atto di adorazione’ (Sacrosanctum concilium 56)”. E aggiunge: “Ecco perché spetta ai vescovi e ai sacerdoti predicare e, al massimo, a volte lasciare che il diacono ordinato pronunci un’omelia. Il servizio nella Parola e nel Sacramento ha un’unità interiore”. Il porporato rifiuta l’idea di separare la celebrazione del Santo Sacrificio della Messa dalla predicazione della Parola di Dio, entrambe compiute dal sacerdote..
Quindi coloro che propongono nuovi uffici sacerdotali per i non ordinati hanno una visione “secolarizzata” della Fede e della Chiesa. “Solo coloro che hanno difficoltà con questa visione considerano la Chiesa, nella migliore delle ipotesi, un’istituzione secolare e successivamente non riescono a riconoscere l’ufficio ordinato come un’istituzione divina. Queste persone, piuttosto, riducono il titolare dell’ufficio cristiano a un semplice funzionario di un’organizzazione religioso-sociale”.
E a questo punto Müller ribadisce la sua critica complessiva al documento preparatorio del Sinodo: “Come presunta via d’uscita dalla crisi della Chiesa l’Instrumentum Laboris e il processo sinodale in Germania fanno entrambi affidamento su un’ulteriore secolarizzazione della Chiesa. Quando, nell’intera ermeneutica del cristianesimo, non si inizia con l’autorivelazione storica di Dio in Cristo; quando si inizia con l’incorporazione della Chiesa e della sua liturgia in una visione mitologica del mondo intero; o si trasforma la Chiesa in parte di un programma ecologico per il salvataggio del nostro pianeta, quindi la sacramentalità – e in particolare l’ufficio ordinato di vescovi e sacerdoti nella successione apostolica – sono buttati all’aria. Chi vorrebbe davvero costruire un’intera vita, che richiede una totale dedizione su una base così instabile?”.
Il cardinale ha affermato che un “nuovo modello del sacerdozio” non è possibile. “La sostanza dei Sacramenti non è soggetta all’autorità della Chiesa”, scrive. “E uno non può mettere insieme un nuovo modello di sacerdozio, aiutato da elementi isolati della Scrittura e della Tradizione e omettendo di distinguere le decisioni dogmaticamente vincolanti dagli sviluppi in aspetti minori. Né sono importanti le immagini sacerdotali sviluppate dagli strateghi pastorali, ma solo l’unica Immagine di Cristo, il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, che è eternamente impressa sulle anime dei consacrati e nel cui nome e forza santificano, insegnano e governa i fedeli (Presbyterorum Ordinis 2; 12)”.
Müller conclude riferendosi ai vescovi tedeschi e al loro “percorso sinodale”, dalle proposte rivoluzionarie, e afferma: “Se durante il processo sinodale in Germania l’argomento essenziale della trasmissione della fede non viene affrontato, il declino sarà sempre più accelerato”.
Nel 2018, 216.000 cattolici tedeschi hanno lasciato la Chiesa. Ma la soluzione, ricorda Müller ai vescovi tedeschi, non è in “un’ulteriore secolarizzazione e auto-secolarizzazione della Chiesa”, ma in “un rinnovamento nello spirito del Vangelo”. Non solo: il cardinale tedesco fa un preciso rimprovero: “Come già è avvenuto con i Sinodi della famiglia, la ‘Chiesa tedesca’ rivendica l’egemonia sulla Chiesa universale e si vanta con orgoglio e arroganza di essere precursore di un cristianesimo in pace con la modernità”. Tuttavia c’è da chiedersi “perché, di fronte allo stato desolante della Chiesa nel proprio paese, (questi vescovi tedeschi) ora si sentano chiamati a essere un modello per gli altri”.
Marco Tosatti fonte: la NBQ