XXXII Domenica II – Credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna
“Credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna”, così recita il Simbolo apostolica, cioè quel credo che si recita nel tempo di Quaresima e di Pasqua, solitamente. Il vangelo ci riporta il caso anacronistico che i Sadducei pongono a Gesù.
I Sadducei negano decisamente l’esistenza del destino (εἱμαρμένη) e la prescienza divina, ammettendo integra nell’uomo la libertà del volere e la facoltà di scegliere fra l’operare il bene e l’operare il male, e quindi di attrarre su sé come giusta sanzione, il benessere o la sventura. 2. Negano altresì (e questa negazione ci apparirà logica conseguenza del loro pensiero circa le sanzioni in questa vita) l’esistenza di punizioni e di premi nell’Ade, e addirittura la persistenza dell’anima dopo la morte del corpo. 3. Negano anche che da Dio possa provenire il male (e ciò pure sta in rapporto logico col loro porre l’origine del male nelle cattive azioni dell’uomo). Il secondo punto è espresso in modo più conforme alle genuine idee del giudaismo nel Nuovo Testamento (Matt., XXII, 23; Marc., XII, 18; Luc., XX, 27; Atti, XXIII, 8; cfr. IV, 1-2), che riferisce essere negata dai Sadducei la resurrezione dei morti (cfr. Mishnāh, Bĕrākōt, IX, 5, e Talmud babil., Sanhedrin, f. 90 b). In Atti, XXIII, 8, si aggiunge ancora che essi negano l’esistenza degli angeli e degli spiriti. (Enciclopedia Treccani)
Vediamo qual’ è allora la risposta di Gesù di fronte a questo scimmiottamento che i Sadducei fanno dell’Aldilà e della Risurrezione.
«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». (Vangelo)
Gesù afferma chiaramente che vi è “una vita futura”, un aldilà.
Oggi una cultura atea, edonista, egoistica che si sta diffondendo sempre di più fra i nostri ragazzi, quelli che saranno i genitori di domani, nega Dio, riducendo tutto al solo umano e terreno negando la dimensione della speranza. Questo avviene non solo intellettualmente, ma nella vita pratica, nel nostro modo di vivere ogni giorno. Quella speranza che, come leggevamo nella prima lettura permette all’ uomo di affrontare, assieme alla fede, le prove più grandi, come il martirio.
Quella speranza e quella fede che fa dire a uno dei fratelli Maccabei: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Senza la prospettiva di un dopo, questa vita terrena diventa vuota, senza scopo e senza meta, la fede e la speranza in un aldilà invece illumina tutta la nostra esistenza, dà un senso e un significato completamente diverso ad ogni cosa che facciamo.
Questo oltre, questo aldilà non ha un modello storico a cui possiamo riferirci se non la risurrezione di Gesù, ma è qualcosa di completamente diverso dai nostri punti di riferimento umani: “non possono più morire, perché sono uguali agli angeli”. È una realtà completamente, totalmente nuova, un nuovo modo di essere in Cristo e un nuovo modo di vivere anche le relazioni che ora viviamo.
Infine l’affermazione chiara della Risurrezione. “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.
La fede nella Risurrezione, che noi professiamo nel Credo, è il cuore della fede cristiana. Le statistiche che sono state fatte ci dicono che la fede nella risurrezione non è così scontata anche in coloro che partecipano alla Messa, forse perché non vi è abbastanza fede nella Risurrezione di Gesù. Risurrezione di Gesù e nostra Risurrezione sono intimamente legate, come ci viene ricordato dall’ apostolo: “Se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana …” La nostra fisicità è però il modo nel quale noi stiamo nel mondo e che ci costituisce assieme all’ anima, per cui non può non essere destinata alla vita eterna in Dio, nel Risorto. Se facciamo fatica a comprendere con la ragione è la fede che ci offre di andare oltre. Quella fede che viene rinnovata in ogni Eucaristia in cui noi: annunciamo la morte del Signore e proclamiamo la sua risurrezione nell’ attesa della sua venuta.
Solo la fede e la speranza della risurrezione ci permettono di affrontare il mistero della Croce quando si affaccia nella nostra vita altrimenti vi è la notte della disperazione.
Rinnovati da questa fede, da questa speranza che in Gesù risorto diventa certezza cerchiamo anche noi di vivere già ora da risorti in Cristo una vita nuova consapevoli che: “Dio ci ha donato la vita eterna e che questa vita è nel Figlio suo”, come ci ricorda l’evangelista Giovanni.
Deo gratias, qydiacdon