Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
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“ L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”
Oggi viviamo nell’ era della comunicazione, ma quanto è sincera questa comunicazione? Ce lo siamo mai chiesti? Ecco perché mi ha molto colpito questa frase del Vangelo. È vero che la bocca di chi ci parla, ci informa, che i social, i mezzi di comunicazione sociale, come la televisione siano sempre veritieri, onesti, senza ambiguità o doppie finalità? Questo l’abbiamo potuto constatare anche in questo periodo in cui abbiamo assistito a contraddizioni, rettifiche, disposizioni confuse e incoerenti anche da parte di chi dovrebbe essere cristallino, ma soprattutto sincero, limpido nei confronti delle persone.
La parola degli uomini può non solo essere ambigua, ma anche falsa e accade che spesso non rispecchi autenticamente quello che è dentro alle persone; qualcuno ha scritto: “che può andare dalla trasparenza del cristallo all’ opacità del vetro smerigliato.”
Molto spesso, e vi sono tanti, che attraverso la parola, la comunicazione si atteggiano a maestri e pretendono di insegnare agli altri come si vive. Pretendono di indicare valori che poi non si rivelano tali.
S. Giacomo parlando della lingua, che ci permette di parlare dice: “la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. 1Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così”.
Giacomo combatte la smania di farla da maestri agli altri, senza riflettere, richiamando che chi vuole insegnare agli altri ha una grande responsabilità e “si espone ad accrescere il numero di quei peccati di lingua che sono così facili a commettersi e così difficili ad evitarsi. Chi è veramente intelligente e savio, meglio che colle parole, lo deve dimostrare colla sua buona condotta ispirata a sentimenti di mansuetudine, di bontà e di pace” di vero e autentico amore evangelico.
Chi vuol fare il maestro degli altri si espone al pericolo di una più severa condanna. Oltre ai peccati, in cui cadono tutti i cristiani e che dovrebbero tenerci umili e guardinghi nel correggere gli altri, siamo esposti a commettere in maggior numero quei peccati della lingua, dalla parola, dai quali è così difficile rendersi immuni.
Proviamo a pensare quante volte possiamo assumere questo atteggiamento, quante volte richiamiamo gli altri a togliere “la pagliuzza dall’occhio”, senza togliere la trave che è nel nostro.
Gesù insiste nel volere farci capire che più di quello che diciamo, quando parliamo dei valori veri conta ciò che siamo ecco, quindi, il paragone
dell’albero. “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono”. Ogni uomo, come l’albero non dà secondo la sua apparenza, ma secondo quello che è conforme alla sua natura. Vi possono essere alberi che all’ apparenza sembrano bellissimi, ma sono infruttiferi, mentre altri, meno appariscenti e più dimessi che a tempo opportuno offrono raccolti abbondanti, così sono anche gli uomini, così il cristiano: se non si lascia illuminare dalla Parola di Gesù, dal Vangelo non può effondere attorno a sé amore, speranza, umanità vera, non può essere costruttore di pace e di fraternità altrimenti pronuncia solo vuote parole.
Anche il non credente che, con profonda umiltà, consapevole di sé e
di quanto la parola possa ferire o innalzare, e si pone in atteggiamento di vero e autentico ascolto dell’altro, può pronunciare parole autentiche e di aiuto a chi è in difficoltà o nella prova.
Ore noi in questi giorni stiamo ascoltando tante parole che ci informano di quanto sta avvenendo e del pericolo di una guerra che può diventare globale, io credo, però, che almeno noi credenti dovremmo dare spazio al silenzio e alla preghiera invocando il dono della pace e della conversione dei cuori, cominciando dal nostro.
Deo gratias, qydiacdon