A Modena un quadro che rappresenta il fondatore dei Gesuiti e una sua reliquia avrebbero allontanato una schiera di spiriti maligni. Ecco il documento che racconta l’episodio
Quattro nobildonne liberate dai demoni grazie a Sant’Ignazio di Loyola. Nelle fonti ignaziane, un documento riportato alla luce dallo storico gesuita padre Daniello Bartoli racconta un episodio accaduto a Modena.
Era il 1598 quando Luisa Fontana, Francesca Brancolini e Anna Brancolini, e la giovanissima Livia Fontana vennero dichiarato possedute.
Luisa era sposata con Paolo Guidoni, Anna era rimasta nubile, Francesca e Livia erano religiose orsoline. La loro era una famiglia virtuosa, racconta don Marcello Stanzione in “Papa Francesco fra angeli e diavoli” (edizioni Segno), e molto invidiata a Modena. E sopratutto era una famiglia felice fino a quando alcuni strani sintomi colpirono le quattro donne.
Strane malattie
I primi effetti che sentirono, furono strane malattie che le costrinsero a fare frequenti e costose visite presso i medici più qualificati. Tutto invano, perché queste sfortunate passavano da un male a un altro completamente opposto, così improvvisamente che del primo non restava alcuna traccia, proprio come nessun sintomo precedeva il secondo: un giorno erano in piena salute, il giorno dopo, all’estremo opposto.
Le urla in Chiesa
Quando si ricorreva a oggetti benedetti, il male cedeva nel punto in cui erano applicate, ma riappariva altrove, cambiava soltanto il posto. Oltre alle sofferenze corporali, queste dame erano afflitte da un tormento di gran lunga superiore a quello fisico: diventavano violente verso gli altri, imprecavano in modo odioso e quando entravano in Chiesa erano incontenibili: urlavano, sbraitavano, inveivano contro il Signore.
Il tentativo di suicidio
In una circostanza una delle quattro donne tentò addirittura il suicidio e fu salvata dal marito prima che si lanciasse da uno strapiombo.
Si cercò allora nei mezzi ordinariamente impegnati dalla Chiesa il rimedio per queste violente manifestazioni. Furono chiamati don P.F. Benoit Merla, domenicano, e don Girolamo Fontani, gesuita; il primo, come capo degli esorcisti, e il secondo come parente delle infelici donne. Tuttavia, per quando questi cercassero di scoprire se esse fossero realmente possedute, non ottenevano alcun segnale positivo.
L’ingresso del quadro
In giorno in cui i due sacerdoti esorcizzavano le malate, don Girolamo Bondinari, gesuita, loro confessore, entrò discretamente nel locale e fissò sulla parete un quadro di Sant’Ignazio. In quel momento la presenza di demoni si fece sentire per lo stato di agitazione e di furore al quale ridussero quelle sfortunate. Dalle loro bocche, chiedevano a don Girolamo perché avesse portato l’immagine di quell’uomo che detestavano, e contro il quale cominciarono a vomitare gli insulti più grossolani.
“Sciancato e pelato”
In seguito, s’incoraggiavano a vicenda a non lasciarsi vincere, loro, così numerosi, da un solo uomo, oltretutto, «sciancato», «pelato» e «quasi cieco»: era così che essi descrivevano Ignazio. Uno spirito, in quell’occasione fuggì dal corpo di una delle donne, che svenne. Al risveglio disse di avere avuto in visione Sant’Ignazio che le aveva promesso di liberarla.
I sintomi della possessione
Una volta scoperti, gli spiriti infernali non ebbero più timore di dare segni inequivocabili della loro presenza, come quello di parlare diverse lingue, in particolare latino, arabo e una sorta di dialetto ugualmente ignorato dalle povere donne; di raccontare, come se li vedessero, eventi che accadevano lontano da lì; di riconoscere le reliquie che esse non sapevano da dove provenissero; e altri segnali non meno sicuri. Essendo così ben constatata la possessione, si utilizzarono i mezzi più potenti per liberare le quattro dame.
Esse furono condotte dalla Madonna di Reggio, da santa Angueda di Sorbera, alla tomba di San Giminiano, tre famosi luoghi di pellegrinaggio, soprattutto avendo presente la loro triste situazione. Interamente senza risultato.
La reliquia
L’unico timore per i demoni restava il quadro di Sant’Ignazio. Allora le donne depositarono in lui tutta la loro fiducia e si impegnarono con un voto a celebrare ogni anno la sua festa e a digiunare alla vigilia. La loro fiducia e speranza crebbero quando arrivò a casa loro una reliquia del Santo, inviata da Roma. Essa causò tanta confusione e scompiglio nei diavoli che, maledicendo chi l’aveva mandata, gridavano infuriati che era giunto l’uomo che li avrebbe espulsi da quella casa.
“Povero me…”
Il più forti tra i demoni avrebbe urlato “Povero me, Povero me”, dicendo che quella reliquia era come una lingua di fuoco che lo «divorava».
Uno dopo l’altro gli spiriti infernali uscirono da quei corpi. Finalmente, dopo tante sofferenze, tutte queste sfortunate si videro libere dall’angosciante possessione e recuperarono la salute, la pace, la pietà. A ricompensa dei loro lunghi tormenti e della loro fedeltà in mezzo a tante crudeli tentazioni,
Grazie speciali
Dio concesse loro grazie speciali, particolarmente a Luisa, che ricevette il dono della preghiera e dell’unione con Dio in un grado così alto che pareva di non poter allontanare da lui il suo pensiero, né parlare se non di Lui. Condusse la più austera delle vite e si sarebbe consegnata ad eccessi se il suo direttore spirituale non avesse stabilito limiti a suo favore.
Visse cinque anni dopo questi avvenimenti e si spense alla vigilia della festa di sant’Ignazio, il quale, a dar credito alla rivelazione fatta da un demonio in un esorcismo, la introdusse in Paradiso come sua figlia.
Gelsomino Del Guercio in Aleteia