1 Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.(Vangelo secondo Matteo)
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Questo è il testo del Vangelo della 1 Domenica di Quaresima sul quale vorrei riflettere un po’ insieme a voi. Gesù è nel deserto. Si è ritirato nella preghiera e nel digiuno, il Padre lo ha mandato a compiere la sua missione di Messia, ma quale tipo di Messia essere? Ed ecco allora giungere quell’ antagonista che si è già presentato all’ inizio, ad Adamo. (cf Genesi)
Perché ho scelto questo testo?
Perché oggi si parla in modo generico di male! La nostra concezione di male è, forse, anche per i cristiani un po’ generica. Vi è un male costituito dalla violenza, fisica, verbale, in tutte le sue forme, partiamo dall’ insulto e arriviamo alle guerre, ai grandi genocidi che hanno accompagnato ed accompagnano la storia dell’ umanità. Anche della condizione della sofferenza fisica, ma non solo, generata dalla malattia, a cui si accompagna spesso una sofferenza interiore, spirituale, anche quella generata dalla morte. Secondo la Scrittura che è il nostro punto di riferimento, per noi credenti, il peccato è la causa profonda di ogni male!
Oggi questa parola, peccato, non si pronuncia tanto spesso, forse anche da noi che predichiamo. Non so se voi genitori ne parliate in famiglia e fra di voi, quale sono le vostre idee in proposito, resta il fatto che i vostri bimbi, quest’ anno ne sentiranno parlare dal momento che celebreranno il Sacramento della Confessione.
Il termine peccato presuppone una visione del mondo e dell’ uomo religiosa, che ha a che fare con Dio. Siccome il mondo e la cultura contemporanea tendono ad estromettere Dio allora non si parla quasi più di peccato. Qualcuno faceva questo paragone: “… Se si elimina Dio dall’ orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre;
l’ ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal “senso di colpa” – si acquista riscoprendo il senso di Dio.”( don Roberto Rossi).
Questo testo, presentandoci le tentazioni di Gesù, che sintetizzano quelle che si presentano nella vita dell’uomo, e anche durante la vita pubblica di Gesù, ci consentono di fare una riflessione sul peccato.
Come premessa, però, dobbiamo ricordare quel grande mistero della Libertà, che Dio lascia all’ uomo. Vale la pena di ricordare alcuni testi:
“15Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. 16Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. 17Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, 18oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. 19Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, 20amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe.” (Dt cap. 30) Sono le parole che Mosè rivolge al popolo di Israele.
Le stesse che verranno poi riprese in uno dei primi “catechismi”, se così lo possiamo definire del cristianesimo: La Didachè:
“ Due sono le vie, una della vita, una della morte e la differenza è grande fra queste due vie. Primo: innanzitutto amerai Dio che ti ha creato. Secondo il tuo prossimo come te stesso: tutto quello che non vorresti fosse fatto a te, anche tu non farlo agli altri.”
Oppure il testo del Siracide 15, 16-21:
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
Questo è il mistero della libertà concessa all’ uomo che anche Dio rispetta, e che lo carica di responsabilità. Noi non possiamo più dire di non avere conosciuto. Non basta neppure più dire, ma secondo me …in coscienza … perché la coscienza va anche formata e non solo formata ad essere sensibile e riconoscere i valori della legge naturale, ma va formata, per il credente alla luce della Parola di Dio, del Vangelo, della fede come ci è stata trasmessa.
Ciascuno di noi si trova a dovere scegliere o nella logica del no a Dio, – il peccato- o nella logica del sì a Cristo e in lui a Dio – la salvezza.
Alcune note sul peccato
Dice il CCC
1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito « una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna »
1850 Il peccato è un’offesa a Dio: « Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto » (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da lui i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare « come Dio » (Gn 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è « amore di sé fino al disprezzo di Dio ». 110 Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all’obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza.
Attraverso la porta che gli è stata aperta dai nostri progenitori questa realtà si è riversata nel mondo, nella storia nella vita degli uomini, nel cuore dell’uomo .
Non è una realtà che sta fuori di noi, accanto a noi, purtroppo è in noi come un cancro, come un parassita che si nutre a nostre spese, come dice san Paolo, scrivendo ai Romani:
“18Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. 20Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 21Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. 22Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, 23ma nelle mie membra vedo un’altra legge”. (capitolo 7)
Attenzione a non dare tutta la colpa ai nostri progenitori! È vero che il peccato originale, che viene sanato, cancellato con il Battesimo ci trova segnati quando veniamo alla luce, è anche vero però che noi non pecchiamo solo perché vi è stato qualcuno che lo ha fatto prima di noi e ci troviamo per questo assolutamente determinati, ci mettiamo del nostro, anche noi imitiamo a modo nostro Adamo, Eva e facciamo quello che hanno fatto loro. Con il proprio peccato ciascuno di noi, poi continua a contagiare l’umanità, distruggendo valori e rendendolo sempre più forte. [Vi è una dimensione sociale del peccato, non è mai qualcosa che riguarda solamente me e Dio.]
Il nostro contesto attuale è molto indulgente nei confronti del peccato, pensiamo anche linguaggio “politicamente corretto”, l’ adulterio non viene più chiamato così ad esempio, ma avventura extra coniugale, la tendenza a minimizzare tutto, se non a giustificare; del resto ciascuno di noi è un buon avvocato difensore di se stesso.
Scrive Padre Raniero Cantalamessa, nel suo commento al Vangelo delle tentazioni, da cui io ho attinto:
“Il peccato è, nella sua intenzione profonda, un tentativo di uccidere Dio, di negarlo come Dio, per porre se stessi al suo posto, come valore assoluto. “Diventerete come Dio”, cioè senza nessuno al di sopra di sé cui obbedire , essere padrone assoluto del proprio destino e della propria libertà: ecco
l’ intenzione nascosta del peccato.”
Sulle tentazioni
Le tentazioni a cui Gesù è sottoposto sintetizzano le tentazioni a cui l’uomo, io e voi veniamo sottoposti. È vero che Gesù è il Figlio di Dio, Dio in mezzo a noi, ma ha assunto tutta la nostra condizione. La nostra condizione è una condizione di debolezza. Per vivere ci occorrono molte cose a cominciare dal cibo e poi abiti, di essere in buona salute, viviamo poi di relazioni come
l’amicizia, ci occorre sicurezza e, se possibile, un po’ di successo non guasterebbe.
È facile allora essere tentati su quelli che appaiono bisogni legittimi. Hai fame? Ne hai la possibilità, soddisfa questo tuo bisogno: “dì a queste pietre che diventino pane …”. Anche il popolo di Israele nel deserto ebbe paura di morire di fame e si lamentò e mormorò contro Mosè e Aronne, non si fidò di Dio. E quante volte anche noi scegliamo senza confrontarci con Dio, non fidandoci, e cadiamo.( 1 tentazione)
Noi tutti cerchiamo risultati, meglio se spettacolari e se non ci costano troppo. Vorremmo che la nostra situazione cambiasse sempre in meglio senza sacrifici, difficile resistere a questa tentazione.
È la tentazione del tempio che il diavolo propone a Gesù, quella del tempio! Quella di essere un Messia a “à la carte” che compie prodigi spettacolari secondo le attese del popolo. Questa tentazione tornerà nel momento della croce:
39Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo 40e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». 41Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: 42«Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. 43 ( capitolo 27 del Vangelo di Matteo).(2 tentazione)
Il potere in tutte le sue forme ha una presa fortissima sul cuore umano, per esso l’ uomo è disposto a sacrificare tutto, affetti, gioie, la stessa vita, quella propria, anche quella degli altri. Il potere ha una forza ottenebrante sulla mente e sul cuore dell’uomo da essere anteposto anche a Dio, diventato il nuovo Dio, l’idolo a cui l’uomo vota tutto sé stesso. Questo rende l’uomo idolatra, cioè sostituisce Dio con ciò che non lo è. È accaduto anche ad Israele che ha dimenticato e tradito la sua relazione con Dio, quando ha sacrificato agli dei pagani.
Ma alla tentazione si può resistere e si può vincere, Gesù ci dice come! Gesù ci dice che vi è una fame che è più forte della fame materiale, che è la fame di Dio, di infinito e di bellezza, di gioia, di vita che solo Dio può dare. Di fronte alla tentazione del potere viene affermata l’unicità di Dio, la cui adorazione non rende l’uomo schiavo, ma figlio, perché Dio è Padre che nel suo amore non opprime, ma libera, che non sminuisce, ma arricchisce, che non rende meno uomini, ma uomini veramente compiuti.
E noi?
Quali uomini vogliamo essere?
Quale Dio vogliamo celebrare?
Non seguiamo l’onda delle sirene dei media, o le nostre ispirazioni.
Lasciamoci illuminare nel deserto, per purificare il nostro cuore.
E non cerchiamo un Dio che si sazia la pancia, o che ci stupisce con i miracoli, o che è ridotto a garante dell’ordine sociale.
Quel Dio, non è il Dio di Gesù.
(Curtaz)
A noi la scelta, ma soprattutto la testimonianza ai nostri bimbi.
Qydiacdon 2017
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Bibliografia:
Matteo, traduzione e commento, R. Fabris
Lampada ai miei passi, Sirboni, Monari annoA
Una Buona notizia per te. Card. A. Comastri anno A
La Parola e la vita, R. Cantalamessa anno A