Si tratta di guarigioni fisiche e spirituali. Per questo è definito l’angelo “taumaturgo”. Tra Francia e Spagna gli episodi più importanti
Sin dalle cronache dell’Antico Testamento si raccontano guarigioni miracolose per intercessione dell’Arcangelo Raffaele, l’angelo “taumaturgo”. Storie di guarigioni che si protraggono fino ai nostri giorni.
Nel libro di “Tobia”, l’Arcangelo è protagonista per la prima volta di un miracolo. Il vecchio Tobia, da molto tempo cieco. Su indicazione dell’Angelo, il giovane Tobia stende il fiele del pesce sugli occhi di suo padre; il medicamento resta applicato durante una mezz’ora; alla fine di questo tempo, una pelle bianca come la membrana di un uovo si distacca, ed il vecchio Tobia recupera la vista.
La preghiera medioevale
Poiché aveva trovato il rimedio proprio per guarire la cecità del vecchio Tobia, Raffaele é considerato come l’angelo taumaturgo e, a questo titolo, egli é uno dei santi patroni dei medici e dei farmacisti. Ma in origine, i fedeli l’invocano sopratutto per le guarigioni spirituali. Fin dal Medio Evo circola questa preghiera:
“Venite in mio aiuto, ve ne supplico,
Glorioso Principe San Raffaele,
Il miglior medico delle anime e dei corpi.
O voi che avete guarito gli occhi di Tobi,
Date ai miei occhi la luce fisica,
Ed all’anima mia la luce soprannaturale:
Allontanate da me tutte le tenebre
Con le vostre celesti suppliche. Amen”.
(Manoscritto del XI secolo)
Le apparizioni a Gens
Uno dei primi a fare appello ai poteri dell’arcangelo come guaritore delle anime é il giovane eremita Gens Bournarel (il suo nome significa in provenzale bello, grazioso). Nato nel 1104 a Montreux, vicino a Carpentras, Boumarel sente fin dalla sua infanzia una particolare devozione a San Raffaele. E decide di battersi per cambiare un’antica tradizione.
Nella sua città c’è l’abitudine di portare in processione un’antica statua ritenuta rappresentare l’angelo, che poi veniva immersa nelle acque del Ricaveau, un ruscelletto vicino Montreaux, dove essa rimaneva immersa fino a quando non avrebbe piovuto. Un giorno, Gens decide di metter fine a questa pratica superstiziosa e distrugge l’effige. Gli abitanti di Montreux, parroco in testa, si adirano e lo cacciano a colpi di pietra.
Gens per alcuni anni si rifugia in una vita solitaria e ha frequenti apparizioni dell’Arcangelo Raffaele, al quale egli chiede la conversione degli abitanti di Montreux.
Delle doti di guaritore fisico se ne parla invece in una leggenda diffusa nella regione francese di Poitou. Secondo questa leggenda Raffaele rivelò ad un pio eremita l’uso dell’angelica, cosí chiamata in suo onore (la si chiamava una volta arcangelica). Secondo gli autori antichi, questa pianta sarebbe una vera panacea: guarirebbe le donne dalla rabbia e dalle malattie.
«Essa – dice la leggenda – aiuta le donne ritenute troppo fredde a concepire, e fa venire i fiori alle ragazze che tardano troppo nell’averli. Essa renderebbe amabili le spose e le suocere amare. Sarebbe anche sovrana contro il veleno dei serpenti e degli scorpioni, e permetteva di vivere da centenari».
La peste
Un certo Annibale Camoux, morto a Marsiglia nel 1759 all’età rispettabile di centoventi anni, attribuiva la sua longevità eccezionale all’abitudine che aveva di masticare ogni mattina la radice di angelica.
Soprattutto, l’angelica mostrerebbe la sua efficacia al momento delle epidemie di peste: nel 1510, riporta Paracelso, un noto medico e alchimista dell’epoca, la si utilizzò contro questo flagello a Milano, e quando esso si abbatté sul Poitou, il 6 maggio 1603, le religiose della Visitazione di Niort – che avevano fatto dei rami di angelica confetti di loro specialità, molto ricercata – si misero a distillare la pianta per distribuirne il liquore agli ammalati.
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L’epidemia di Cordoba
Questa utilizzazione dell’angelica trae la sua origine da una apparizione dell’arcangelo a fra Simone de Sousa, superiore del convento dell’Ordine di Nostra Signora della Mercede a Cordoba durante la peste del 1348.
Il religioso si desolava nel vedere gli ammalati soccombere a centinaia, quando d’un tratto vide apparire un giovane d’una bellezza eclatante che gli disse:
“lo sono l’arcangelo Raffaele, vengo in tuo aiuto. Le tue preghiere, le tue elemosine, e soprattutto la tua perseveranza nelle vie dell’umiltà e della carità, sono d’un sì grande pregio agli occhi di Dio, ch’egli calmerà il suo corruccio, distoglierà il flagello e farà sentire a questa città provata le dolcezze della sua misericordia. Vai a trovare il vescovo e digli di far mettere sul campanile della cattedrale una mia immagine, e che egli esorti il popolo a ricorrere alla mia intercessione. Immediatamente, gli ammalati saranno guariti, alla sola condizione di chiedere alla Regina degli angeli la medicina di Dio. Apprendi anche che tutti quelli che porteranno la mia immagine e faranno ricorso alla mia intercessione, saranno liberati da ogni male, in particolare dai malefici dell’impuro Asmodeo, che perde gli uomini e rapisce loro la grazia di Dio”.
La medicina di Dio non era, come lo si credette più tardi, l’angelica. Il popolo seguì quel consiglio e ben presto l’epidemia fu circoscritta. Riconoscente, Cordoba si pose solennemente sotto la protezione dell’arcangelo, al quale la municipalitá innalzò nel 1884 una statua su una delle piazze della città.
A partire da allora, la devozione verso l’angelo guaritore fu popolarissima in Spagna. San Giovanni di Dio (1439-1550), fondatore a Granada di un ospizio da cui sarebbe uscito l’Ordine dei Fratelli Ospedalieri, beneficiò fin dagli inizi della sua impresa dell’aiuto di Raffaele, che gli apparve per dirgli:
“Giovanni, io sono l’arcangelo Raffaele, inviato da Dio per assisterti nel tuo caritatevole lavoro. Il Signore mi ha confidato la custodia della tua persona e di tutti quelli che, con te, serviranno il Signore. Io tengo un conto fedele delle tue azioni e delle elemosine che ti sono fatte. lo ho per missione di proteggere tutti quelli che favoriranno le tue opere di carità“.
Gelsomino del Guercio in Aleteia