Nel mio Paese, come cristiani siamo appena l’1% e perseguitati. Noi stiamo morendo da anni difendendo la nostra fede in Cristo, ma per cosa? Il sangue versato dai martiri per difendere la propria fede, ma per cosa? Per poi vedere che la Chiesa si abbassa davanti agli idoli pagani? Questo è il mio dolore…
Ho letto molto in questi giorni quello che è stato scritto sulle statue della pachamama, che sono state gettate nel Tevere pochi giorni fa. Dalla “richiesta di perdono” di papa Francesco ai commenti degli amici di Facebook e i vari articoli scritti, a favore e non. Ho persino letto i tweet di sacerdoti che hanno fatto di tutto per difendere la presenza in chiesa di queste statue. I loro argomenti hanno creato un’enorme confusione nella mente di molti cattolici che ora – a quanto si legge sui social – non sono più in grado di distinguere tra una statua della Madonna e dei santi e gli idoli pagani.
Questa situazione mi fa molto male e voglio spiegare il perché. Sono una cristiana pachistana. Dal paese da cui provengo, come cristiani siamo appena l’1% della popolazione totale. Un numero così piccolo che fa impressione. E quell’1% è sempre a rischio di riduzione in un numero ancora inferiore a causa della persecuzione che ci circonda.
Dal paese da cui provengo, ogni cristiano è pronto a morire per la sua fede. Nessuno di noi ci penserebbe nemmeno una volta a dare la sua vita per ciò in cui crede. Insegniamo persino ai nostri bambini lo stesso amore per la nostra fede e di essere pronti a morire per essa, perché questo è ciò che rischiano ogni volta che vanno alla Messa con la loro famiglia. Lo so che è difficile pensare di dire una cosa del genere ad un bambino, ma lo facciamo. Anche io l’ho dovuto dire alla mia sorellina, e non una sola volta mi ha chiesto: «Ma perché devo morire?»
Noi cristiani stiamo morendo da anni difendendo la nostra fede in Cristo, ma per cosa? Il sangue versato dai martiri per difendere la propria fede, ma per cosa? Per poi vedere che la Chiesa si abbassa davanti agli idoli pagani?
Ecco il mio dolore! Quando vedo tutte queste modifiche apportate alla fede cattolica o vedo difenderle da fedeli che hanno solo sentito parlare di persecuzioni nei notiziari, ma non ne hanno mai fatto esperienza, provo un dolore estremo. Provo rabbia (anche se non vorrei) quando le persone dicono a me (o ad altri): «Stai calma. Prega. Abbi fede nel Santo Padre. Non parlare. Taci. Non commentare. Non alzare la tua voce. Silenzio!». Forse costoro pensano che io non abbia provato. Ma voglio sapere, fino a che punto dovrei stare zitta e guardare impassibile tutto ciò che sta succedendo?
Mi ferisce l’importanza che sia il Vaticano sia i giornali hanno dato alla pachamama mentre ignorano i cristiani che muoiono per la loro fede nel mondo, che pure sono centinaia di milioni. Su di loro esce una notizia, poi basta, non si sente più nulla.
Ogni volta che chiedo perché questo silenzio sul genocidio dei cristiani nel mondo, ci sono amici pronti con questa risposta: «Ma Papa Francesco alza la sua voce per i cristiani perseguitati». Sì, va bene, Sua Santità ha parlato dei cristiani perseguitati, ma non c’è confronto con l’intensità con cui parla per le persone fuori dalla Chiesa. Posso vedere con chiarezza la differenza tra gli sforzi fatti per gli altri e gli sforzi fatti per i cristiani perseguitati. C’è una differenza enorme.
Si fa ogni sforzo per dialogare, per non ferire il popolo amazzonico, per promuovere e difendere la pachamama. Il Vaticano si è pure mobilitato per ritrovare questi idoli nel Tevere. Chi ha notato lo stesso sforzo o entusiasmo per altre questioni molto più importanti?
Faccio un semplice esempio: dove sono tutti i nostri sforzi per proteggere la vita dei bambini innocenti nel grembo materno? Possono proteggere e difendere la dea della fertilità, ma a che serve essere fertili, quando le donne alla fine uccideranno ciò che è dentro il loro grembo?
Tutti a parlare di dialogo e pace, ma vorrei proprio sapere che cosa intendiamo esattamente per dialogo e pace. La pace si ottiene promuovendo valori morali, etici e religiosi, cosa che nessuno fa più.
Stare seduti attorno a un tavolo, firmare accordi, parlare di pace e poi stringere la mano e tornare a casa, non è un modo di dialogare per la pace o la promozione della pace. Nel corso degli anni, tutti i dialoghi fatti per la pace nel mondo, che frutto hanno portato? C’è più guerra, più depressione, più crimini, più odio tra le religioni, più persecuzioni, più violenza, più intolleranza. Allora ditemi, dov’è il frutto di tutto questo cosiddetto dialogo per la fraternità umana?
Abbiamo dimenticato di essere umani e poi parliamo di umanità. Santa Madre Teresa dice: «Cosa puoi fare per promuovere la pace nel mondo? Vai a casa e ama la tua famiglia». Attraverso il battesimo siamo accolti nella più grande famiglia della Santa Madre Chiesa. Il che ovviamente significa che noi cristiani siamo una grande famiglia. Ecco, la “Chiesa in uscita” non ha capito che sta facendo tanti sforzi per promuovere la pace all’esterno, ma la sua famiglia è rimasta abbandonata e senza amore.
Zarish Neno – NBQ