Le radici dell’Istituto Giovanni Paolo II, ora soppresso, affondano nel cammino che il giovane prete Karol Wojtyla ha fatto insieme alle giovani coppie a lui affidate, condividendo la loro stessa vita. È lì che ha imparato ad “amare l’amore umano”, un confronto continuo fra dottrina e vita, per condurre l’uomo a Dio. La sua pastorale non era la traduzione nella pratica di un progetto elaborato a tavolino, e sono stati proprio gli sposi – lui diceva – ad insegnargli che l’amore puro, l’amore per sempre è possibile. È da questa esperienza feconda, e di fronte agli attacchi al matrimonio e alla famiglia, che nacque l’esigenza di un istituto che aiutasse pastori e laici a realizzare l’insegnamento della Chiesa. E in 39 anni in tanti ne hanno sperimentato l’utilità. Una testimonianza esclusiva.
Pubblichiamo in esclusiva per l’Italia un testo preparato dai professori Stanislaw e Ludmila Grygiel, una testimonianza personale che ben spiega il retroterra culturale ed ecclesiale da cui nascono l’amore e l’impegno di san Giovanni Paolo II per la famiglia. Ed è quindi fondamentale per comprendere il senso che san Giovanni Paolo II ha dato al Ponitificio Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia, ora rivoluzionato dal nuovo Gran Cancelliere monsignor Vincenzo Paglia, in attuazione del Motu Proprio di papa Francesco Summa Familiae Cura.
Per capire bene l’identità dell’Istituto soppresso bisogna conoscere la sua origine e la sua storia.
L’Istituto è frutto della sollecitudine del suo santo Fondatore per le sorti del matrimonio e della famiglia oggi e domani. La sua genealogia comincia alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, quando il giovane sacerdote Karol Wojtyla, nominato il vicario della parrocchia di San Floriano a Cracovia, incontrò dei giovani che gli posero domande fondamentali sull’amore dell’uomo e della donna. Wojtyla, parlando e pregando con loro, ha imparato ad “amare l’amore umano” e così ha elaborato le risposte alle loro domande, risposte che si trovano nel libro “Amore e Responsabilità”, nell’altro libro “Persona e Atto” e poi nei suoi documenti pontifici.
Il pensiero filosofico di Karol Wojtyla è concentrato sull’uomo, sul suo essere persona in relazione con Dio e con le altre persone. Egli stesso ha detto che la persona umana, in tutte sue dimensioni, era “il tema centrale della sua attività pastorale” (1). Nell’introduzione ad “Amore e responsabilità” egli sottolinea, che questo libro è, “prima di tutto, frutto di un continuo confronto tra la dottrina e la vita” (2).
La pastorale, nata da questo confronto, potrebbe essere chiamata “pastorale adeguata” per analogiam con la definizione dell’antropologia adeguata. Cercheremo di spiegare brevemente questo concetto. L’antropologia adeguata parte dall’esperienza dell’uomo, cercando in essa le tracce della presenza di Dio, per ricondurre così l’uomo al Signore. Il punto di partenza della pastorale adeguata è invece la Persona di Cristo e il Suo insegnamento, alla cui luce l’uomo comincia a comprendere se stesso e – di conseguenza – si sforza di vivere come discepolo di Cristo. Entrambe sono “adeguate” all’esperienza dell’uomo e all’insegnamento di Cristo trasmesso dalla Chiesa. Entrambe si completano e così aiutano a svolgere sia il lavoro pastorale che quello intellettuale.
Karol Wojtyla si serviva anche della scienza, senza però lasciarsi condizionare dalle ricerche psicologiche né dalle inchieste sociologiche. Non si lasciava coinvolgere dalla casuistica degli ideologi comunisti, che cercavano di imporre il loro modello di matrimonio e famiglia; piuttosto egli si basava sul solido, immutabile, fondamento della Parola di Dio e sul desiderio del cuore dell’uomo, che è inquieto finché non incontri qualcuno da amare e che sia capace a sua volta di amarlo.
La pastorale adeguata non è dunque la traduzione nella pratica di un progetto elaborato a tavolino, ma il frutto di un lavoro con persone concrete nel corso del quale il sacerdote, insieme alle coppie che si amano, cerca di capire quale sia il progetto di Dio sul loro matrimonio e sulla loro famiglia. La pastorale adeguata di don Wojtyla veniva formandosi nel confronto tra la verità evangelica e l’esperienza dei laici sposati. Sono stati loro – come egli stesso riconosce – ad insegnargli ad amare l’amore umano e l’hanno convinto che l’amore puro, l’amore per sempre è possibile.
E ci preme richiamare come Giovanni Paolo II, fino alla fine della sua vita, abbia amato l’amore umano e testimoniato la ferma fiducia che l’amore per sempre è possibile. Questa sua certezza era contagiosa per i giovani assetati di amore e delusi dai “maestri del dubbio”, che proclamavano la morte dell’amore puro, la morte del matrimonio e della famiglia.
Il sacerdote, e poi vescovo e cardinale, Wojtyla partecipava a tutta la vita degli sposi e delle loro famiglie, con loro lcondivideva a preghiera, le celebrazioni liturgiche e anche le gite in montagna e le feste famigliari, condivideva le loro gioie e sofferenze, compresi i momenti di crisi che attraversavano il loro matrimonio.
La sua pastorale non era dunque un rigido programma realizzato meccanicamente, quanto piuttosto un atteggiamento e una comunione amichevole di un pastore con i fedeli. La pastorale adeguata si potrebbe anche chiamare pastorale integrale, perché abbracciava tutte le vicende della vita matrimoniale e famigliare: gioie, difficoltà, vittorie e sconfitte. Questa condivisione e comprensione vissuta e meditata si riflette anche nei documenti del magistero del Santo Pontefice. Basta rileggere la Familiaris Consortio, dove sono presenti tutti gli attuali problemi della famiglia, compreso quello delle cosiddette “situazioni irregolari”.
La riflessione teologica del cardinale e del Papa era sempre accompagnata dal lavoro pastorale. Soltanto cosi – insegnava san Giovanni Paolo II – si può rispondere alle esigenze esistenziali della persona umana e del suo amore.
Il Santo Fondatore dell’Istituto Giovanni Paolo II ha voluto questa realtà accademica, affinché nei tempi di crisi del matrimonio e della famiglia e degli attacchi contro di essi, potesse aiutare i pastori e i laici a realizzare l’insegnamento della Chiesa. Sappiamo oggi che durante 39 anni i professori e gli studenti hanno sperimentato la grande “utilità” di tale accademia…
Stanislaw e Ludmilla Grygiel in La NBQ