L’ Imitazione di Cristo negli sposi. Incontro con gli sposi Parrocchia di Bazzano

 

Quando mi è stato proposto questo incontro ho accettato volentieri, perché incontrarsi con gli sposi che cercano di rispondere nel quotidiano ad una chiamata, che ad un certo momento il Signore gli ha rivolto, vivendo una scelta, che oggi come oggi è senza dubbio coraggiosa, e certamente contro corrente è sempre un occasione di arricchimento.
Devo anche dire, con onestà che quando ho visto il titolo mi sono un po’ preoccupato, perché più che un titolo è un programma di vita. Quel programma che voi cercate di realizzare giorno per giorno, quindi io adesso più che parlare dovrei mettermi in ascolto. Ascoltare voi che condividete, come coppia, un cammino comune e dire a me come cercate di imitare il Signore Gesù, in famiglia, con i figli, [ quanti ne hanno?], nel lavoro, insomma in quelli che sono gli ambiti che fanno parte del vissuto delle nostre giornate .. quindi a questo punto avrei finito … e dovrei cominciare a prendere degli appunti.
In realtà accetto la sfida e cercherò di dire qualcosa.

La prima cosa che mi viene in mente è il testo del vangelo, dove il dottore della legge chiede a Gesù: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso.”

Oggi molti parlano di amore, e molti lo fanno anche spacciando per amore quello che con l’ amore non ha nulla a che fare. Desiderio di possesso dell’ altro, istintività, sfogo di desideri insani, spesso stanno dietro la parola amore. Parlare d’ amore è facile. Quante parole si sono dette, quanto inchiostro è stato versato.
Concretizzarlo, però è un’altra cosa. La concretizzazione dell’ amore a Dio e al prossimo lo troviamo in Gesù Cristo. Solo mettendomi davanti al Crocifisso io posso comprendere cosa significhi amare.
Davanti al crocifisso ripenso alla dimensione di un sì totale che diventa adesione e completa a un progetto che in Cristo è quello del Padre:
 “ GV 6,38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
 Gv 6,39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
 Gv 6,40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Questa è la volontà del Padre, la missione che è stata affidata a Gesù e per la quale ha donato se stesso aderendo completamente e totalmente: “Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà” ( Mt 26,42).    
E’ l’ amore totale, fedele, completamente rivolto all’ altro, all’ amato, al Padre e agli uomini, gli amati, io e voi, che nemmeno la consapevolezza che porterà al sacrifico pieno totale completo di se fa retrocedere.

Anche gli sposi Hanno un compito e una missione: Quale?

 “28Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». “ (Gn 1)

 24Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. 25 Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna. ( Gn 2)

Questo è il progetto che Dio ha sulla coppia e che gli sposi devono testimoniare. Assieme “ all’ amore che unisce Cristo alla Chiesa”

Progetto che nel contesto attuale è molto messo in discussione, per usare un eufemismo, non c’è bisogno di ricordare tutto i discorsi sul Gender, del matrimonio gay, utero in affitto, figli che non sono considerati un dono ma un prodotto frutto di un desiderio egoistico di assecondare pulsioni che non rispecchiano la natura nell’ ordine della procreazione e dell’ accettazione di se come uomini/maschi e donne / femmine. Pensiamo, anche alle convivenze, alla difficoltà per i giovani a vivere e impegnarsi in legami stabili, alle separazioni, ai divorzi.

Tornando al titolo assegnato, come imitare Cristo voglio richiamare , ora, il testo di Efesini:

5Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
6egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
7ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
8umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
9Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
10perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
11e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!,
a gloria di Dio Padre.
( capitolo 2 )

Avere gli stessi sentimenti di Gesù. Gesù si muove dalla divinità all’umanità, dimenticandosi i privilegi dell’essere Dio Solo per amore, per desiderio di partecipare intimamente alla condizione umana e rissolevarla.. Per essere con ogni uomo, capace di solidarietà vera.
Così anche negli sposi è richiesto un movimento di abbassamento, di spogliazione di se, che non significa spersonalizzazione, ma per guardare l’ altro, la persona che il Signore ci ha posto accanto in modo più amorevole. Apprezzando anche la diversità che l’ altro mi offre, recuperando quella che la virtù preziosa dell’ umiltà. Questo non vuol dire idealizzare l’ altro, come avviene nell’ innamoramento, ma amarlo con la consapevolezza di ciò che egli è di ciò che siamo noi. E tutti e due siamo creature fragili e deboli, bisognosi di amore. L’ amore sappiamo che si offre e si accoglie e una volta accolto crea legami, vincoli ed è apertura verso… la vita, gli altri.
Gesù ha offerto il suo amore, lasciando l’ uomo libero di accoglierlo, ma anche libero di rifiutarlo. Si perché l’ amore è anche rischio. Rischio di essere rifiutato, per questo ha in se anche la dimensione della sofferenza, del sacrificio che può non essere compreso e accolto, e il dramma del rifiuto.
Ma per questo non possiamo cessare d’ amare. Farlo significa condannarsi alla solitudine, ed essere soli è in qualche modo morire.

A proposito dell’ umiltà viene alla mente subito il gesto della lavanda dei piedi, Vangelo che leggiamo sempre il Giovedì Santo. Il testo penso lo conosciate a memoria e non mi sembra il caso di richiamarlo.
Vorrei però richiamare una frase:

 “14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.”

L’ amore che diventa capacità di chinarsi, verso l’ altro per sostenerlo, innalzarlo, ricordiamo quello che Gesù dice a Pietro che non vuole lasciarsi lavare i piedi:

 “Se non ti laverò, non avrai parte con me.”( Gv 13)

Chinarsi perché l’ altro possa essere pienamente parte di noi e noi di Lui
Chinarsi a livello terra è difficile. Ricordo quel marito che avendo la moglie colpita da sclerosi a placche o sclerosi multipla anziché chinarsi per sollevare ha preferito andarsene con un’altra. Altro che “lavare i piedi” o chinarsi a fasciare le ferite come fa il buon samaritano nell’ omonima parabola.

Che dire, poi, se non che l’ umiltà ci permette di vivere quella Carità che deve animare tutta la vita cristiana, ma di cui gli sposi devono essere icona privilegiata, se è vero, come lo è, che sono chiamati ad essere segno vivente dell’ amore che unisce Cristo alla Chiesa.

 CCC1617: “ … Il matrimonio cristiano diventa segno efficace, sacramento dell’ Alleanza di Cristo e della Chiesa. Poiché ne significa e ne comunica la grazia, il matrimonio fra battezzati è un vero sacramento della Nuova Alleanza

Quella carità, che assieme alla fede e alla speranza hanno in Dio la loro origine, ( ecco perché si chiamano virtù teologali), si riferiscono direttamente a Lui e, per noi uomini, sono la via per raggiungerlo.
Carità che ci permette di vivere quanto Gesù indica nel discorso della montagna, in Matteo, o della pianura, in Luca.
Carità, che è la forza dell’ amore con cui noi siamo amati per primi da Dio, possiamo offrirci a Lui per unirci a lui, per accogliere l’ altro senza riserve di cuore, seguendo la volontà di Dio, nello stesso modo in cui accogliamo noi stessi. ( You cat 309)
Quella carità descritta in quel formidabile inno che troviamo al capitolo 13 della 1 lettera ai Corinti.

1 Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
3E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. ( gratuità)
4La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, ( magnanimità, benevolenza, umiltà)5non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. 9Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo.10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
12Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
Gratuità, magnanimità, benevolenza, umiltà, rispetto, non ricerca di se stessi, ma il bene dell’ altro. Carità è misericordiosa e perdona, ( ricordiamo le parole di Gesù sulla croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno), non gioisce del male e dell’ ingiustizia fatta all’ altro, ma si rallegra della verità, perché solo nell’ amore si fa la verità, quella verità che non può essere taciuta e che è quello di un Dio che ci ama come un Padre. Tutto questo Gesù ci ha testimoniato, ha vissuto e lo ha donato assieme alla sua vita nella passione e nella Risurrezione.

Potrei concludere qui riprendendo le parole che Paolo rivolgeva ai Colossesi:

“12Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, 13sopportandovi a vicenda ( difficile a volte nella vita di coppia, bisogna esercitare la virtù della pazienza e Gesù ne ha tanta con noi, con me) e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. 14Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. 15E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!” ( capitolo 3)

Parlando, però, dell’ imitazione di Cristo degli sposi non si può omettere il testo di Efesini 5.

21Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: 22le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; 23il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. 24E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, 27e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. 29Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo. 31Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. 32Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito. (Dalla lettera di S. Paolo Apostolo agli Efesini capitolo 5)

Questo testo non piace molto alle donne, perché suona di maschilismo, di subordinazione della donna rispetto all’ uomo. Certo andava bene nella società al tempo di Paolo, ma oggi … poi dove fa finire tutto il discorso dell’ affermazione della pari dignità uomo/donna. Ci vorrebbe un esegesi approfondita mettendosi in una prospettiva diversa. Avere davanti a noi l’ esempio di Gesù, partire da Lui e non da noi! Noi, però, spesso facciamo il contrario … e non funziona.

Voi sapete che quando si legge il testo biblico bisogna sempre considerare il prima. All’ inizio del capitolo leggiamo: “1 Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.” (1-2a)
E il testo che vi ho proposto inizia: “21Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri”. E anche sui termini bisognerebbe fare un discorso complesso che per motivi di tempo non è possibile.

Mi limito ad evidenziare il fatto che tutti, quindi anche gli sposi, sono chiamati ad imitare Dio, che per noi significa imitare Cristo, percorrendo la via che Egli ci ha indicato, camminando in quella Carità, di cui abbiamo già parlato e che la sottomissione dei coniugi è reciproca.

ALBERT VANHOYE, S.J.,Rettore della Facoltà di Sacra Scrittura nel Pont. Istituto Biblico dell’Università Gregoriana, membro della Pont. Commissione Biblica dice nel suo commento alla Mulieris Dignitatem su questo testo, citando san Giovanni paolo II scrive:

“In questo carattere reciproco della sottomissione, la Lettera Apostolica discerne l’elemento nuovo portato dal messaggio evangelico. Il principio della sottomissione della moglie al marito era tradizionale, «antico» La «novità evangelica» in materia è consistita nel proclamare la sottomissione reciproca. È chiaro che se la preoccupazione dell’apostolo fosse stata di mantenere il principio antico della sottomissione unilaterale della moglie al marito, egli non avrebbe messo all’inizio del brano l’affermazione della sottomissione reciproca e non avrebbe poi esortato i mariti all’amore oblativo; li avrebbe piuttosto incoraggiati ad esercitare la loro autorità con fermezza. L’assenza di correlazione tra l’esortazione rivolta alle mogli e quella rivolta ai mariti non manca di significato; essa manifesta a modo suo la novità evangelica. Oramai «tutte le ragioni in favore della “sottomissione” della donna all’uomo nel matrimonio debbono essere interpretate nel senso di una “reciproca sottomissione” di ambedue “nel timore di Cristo”» (MD, 24).

E Scrive S. Giovanni Paolo II nella lettera apostolica.

«La consapevolezza che nel matrimonio c’è la reciproca “sottomissione dei coniugi nel timore di Cristo”, – e non soltanto quella della moglie al marito -, deve farsi strada nei cuori, nelle coscienze, nel comportamento, nei costumi». Per trasformare realmente i rapporti tra le persone, su questo punto come su tanti altri, il fermento cristiano ha bisogno, – la storia purtroppo lo dimostra, – di tempi lunghissimi, tanto più che il lavoro è sempre da ricominciare, per ogni nuova generazione. «È questo un appello che non cessa di urgere, da allora, le generazioni che si succedono, un appello che gli uomini devono accogliere sempre di nuovo».
Riguardo ai mariti, scrive sempre Vanohye:

Può sorprendere il fatto che, nel brano di Ef 5, 21-33, l’esortazione all’amore sia rivolta solo ai mariti e non ugualmente alle mogli. Una prima possibile spiegazione di questa mancanza è che l’uomo, più della donna, ha bisogno di tale esortazione. Per sua natura, la donna è più attenta alle relazioni tra le persone, più disposta ad amare e a dare se stessa. Invece l’uomo, generalmente, è più interessato a realizzare un’opera, a organizzare il mondo, a dominare. Per questo motivo, è spesso tentato di strumentalizzare le altre persone, considerandole come mezzi, invece di rispettarle come soggetti dotati di dignità uguale alla sua. Tutti sanno che in molti ambienti la moglie è stata tradizionalmente apprezzata con criteri economici! Conveniva quindi che l’esortazione all’amore prendesse dì mira i mariti .

L’ amore che viene proposto: “28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. 29Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo”.
L’ amore di Cristo è quello oblativo che giunge al dono di sé sulla Croce.

Imitiamo Cristo vivendo l’ amore che lui ci ha insegnato. Quella Carità che sgorga come una sorgente, che si dirama in mille rivoli, così le modalità di imitare l’ amore di Cristo sono infinite, negli sposi è quello di un amore totale, indissolubile, fedele e fecondo, che permette alla famiglia di essere Chiesa domestica, aperta verso gli altri che come noi sono in cammino nel tempo e nella storia, testimoniando un progetto d’ amore che ha la sua origine nell’ amore sconfinato di Dio e che è possibile in Cristo, nonostante la debolezza e la fragilità che come uomini e donne ci accompagna, fiduciosi che il Signore sa come siamo e che ci ama come siamo. Imitate nei vostri rapporti la stessa misericordia che Dio ha manifestato a noi in Cristo .

A questo punto vorrei portare una testimonianza:

Storia di una corsa incontro a Gesù
Lorenza e Pier Paolo F.

Questo testo è un estratto di una lettera di Lorenza F., moglie e madre di tre figli, scritta pochi mesi prima di tornare al Padre a causa di una grave malattia di cui era pienamente cosciente.
In settimana santa ho fatto un’esperienza molto forte meditando sugli ultimi giorni di Gesù: “Come sono lontana dalla mentalità del Padre – mi sono detta – devo guardare gli eventi, la storia con i suoi occhi; voglio vivere l’attimo presente dalla prospettiva del Padre”. Anche se tra il dire e il fare…, improvvisamente l’andare o lo stare avevano un altro senso.
Con tale animo ad aprile è arrivata la diagnosi. Questa diagnosi non mi spaventa più di tanto in certi momenti, e non sono parole perché, pur tra alti e bassi, vivo in serenità. Il legame con Gesù si è fatto più stretto e dolce e mi sembra doveroso dire che fa tutto Lui e io vivo spesso nel Risorto. Tanto che mi sono anche trovata a ringraziare quella parte del mio corpo che sembra “maligna” e che invece è una porta per il cielo. Il momento è sacro per il distacco da tutto ciò che non è lui.
I medici la pensano ben diversamente: professionalmente sono senz’altro molto competenti, ma talvolta trasmettono ansia,… eppure sono sicura che lo fanno in buona fede.
Così mi sono trovata ad un bivio: da una parte la voce allarmata dei medici, lo smarrimento, il panico e, peggior cosa, la perdita della serenità; dall’altra una voce serena che mi dà la pace.
Per tanti anni, giorni, attimi, la mia volontà è stata interamente rivolta a cercare questa voce, riconoscerla, ascoltarla, non tradirla, e perciò mi chiedo perché adesso dovrebbe essere diverso.
“Non è forse questo quello che importa di più? Quello per cui posso ora ringraziare Dio di avere un certo allenamento?”.
Andare dietro a questa voce mi dà serenità e determinazione: le stesse che ho già sperimentato tante volte, quando ci siamo sposati pur senza lavoro, quando abbiamo voluto Andrea con la casa che sembrava un cantiere, quando…, quando ho detto: “Sì, Sì, Sì” a situazioni incomprensibili agli altri.
Chi di noi non ha lasciato le certezze, anche a caro prezzo, per correre dietro a quella voce?
Da parte mia posso dire che dopo per me c’è sempre stata una misura buona, scossa, pigiata, traboccante. (…)
Gesù ci chiede sempre qualcosa di più, forse ha di noi una considerazione migliore di quella che abbiamo noi stessi. Tutto è importante, ma anche relativo a quello che stai vivendo e così oggi non ci siamo nemmeno strappati i capelli quando ci siamo accorti che ci hanno rubato la macchina, per fortuna quella vecchia…
L’incanto di questo periodo di sicuro non è farina del mio sacco. Quella presenza di Gesù che cerchiamo di costruire fra noi con l’amore reciproco è luce, potentissima; è pace, sconfinata, è vita, che scorre nelle vene e rinvigorisce; è relazione, con chiunque; è salute, dell’anima e del corpo; è discernimento, di ciò che è essenziale. E’ tanto altro di cui sto godendo grazie a Pier e a tutte voi, per primi, e grazie a chissà quanti.
Gesù (in mezzo) mi fa già vivere quel miracolo che stiamo chiedendo. Conto tantissimo su di voi e voi potete contare su di me.
Lorenza F.

…e questo invece è il ricordo di Lorenza fatto da suo marito Pier Paolo durante la S. Messa di suffragio ad un anno dalla sua morte.
Prima di tutto vorrei ringraziarvi. Per essere venuti, ma soprattutto per tutte le preghiere che avete fatto per noi in quest’anno. Se quanto dirò dopo è vero, è anche grazie a queste.
E’ già passato un anno. Il più grosso regalo che ci ha fatto la Lo in quest’anno, e penso di esprimere quello che pensano molti di noi qua, è stato quello non solo di essere presente, ma di farsi sentire presente.
Forse è per questo che la Tere, Fili e Andre non hanno difficoltà a parlare della mamma: perché lei c’è.
Io personalmente vorrei donarvi la cosa più bella che lui mi ha donato con la partenza della Lo: capire un po’ di più, e comunque come non l’avevo mai capito, qual è la vita vera e qual è il senso del nostro stare quaggiù: pensando a lei, cercando (a volte con tutte le mie forze) di immaginarmi lei ora, ho capito di più il disegno di Dio su di me e, forse, su tutto ciò che mi sta intorno.
Il suo disegno su di me (su di noi) è quello di stare con lui e con lei per l’eternità, che non vuole solo dire dopo la morte ma già da adesso. Questo se in ogni momento cerco di capire cosa lui vuole che io faccia e cerco di farlo. Come diceva anche la Lo nella sua lettera:
“Non posso non considerare che sento una voce dentro che mi dà la pace; che per tanti anni, giorni, attimi, la mia volontà è stata interamente rivolta a cercare questa voce, riconoscerla, ascoltarla, non tradirla, e perciò mi chiedo perché adesso dovrebbe essere diverso. Non è forse questo quello che importa di più? Quello per cui posso ora ringraziare Dio di avere un certo allenamento?”. Andare dietro a questa voce mi dà serenità e determinazione: le stesse che ho già sperimentato tante volte, quando ci siamo sposati pur senza lavoro, quando abbiamo voluto Andrea con la casa che sembrava un cantiere, quando…, quando ho detto:”Sì, Sì, Sì” a situazioni incomprensibili agli altri. Chi di noi non ha lasciato le certezze, anche a caro prezzo, per correre dietro a quella voce? Da parte mia posso dire che dopo per me c’è sempre stata una misura buona, scossa, pigiata, traboccante.”
Quando non lo faccio, quando penso a me stesso, non la sento più vicina; e non è lei che se n’è andata, sono io.
Questo è quello che mi ha dato la forza, e continua a darmela, di non pensare con nostalgia a quante cose belle abbiamo fatto insieme, o a cosa potevamo fare e non abbiamo fatto.
Perché ho la certezza di avere ancora tanto tempo, tutta l’eternità, per fare cose infinitamente più belle insieme a lei, con tutti voi, e portare a compimento quello che, a questo punto, mi appare solo come il prologo di una storia bellissima e infinita.
Pier Paolo F.

Concludo con una preghiera per voi e con voi, così:

O Signore, che ci hai dato l’un l’altro perché il mondo veda e ti dia lode, aiuta, ti preghiamo, quello di noi che oggi vede il prossimo passo da fare per la nostra coppia verso di te, affinché ami l’altro quanto ama il cammino verso di te, che intravede oltre le contingenze mondane; e aiuta l’altro a sottomettersi, non tanto al coniuge, quanto alla verità di cui il primo è portatore.
Ma aiutaci soprattutto quando domani, nella storia della nostra coppia, capiterà che quello che si è sottomesso veda chiaro le tracce di te e sia giunto per il primo il momento di imparare la sottomissione.
A vicenda guide, a vicenda sottomessi, perché il mondo creda.

Deo Gratias, qydiacdon

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