Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
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Gesù non viene accettato, questo accade ancora oggi e con Lui il suo messaggio che conferma per tanti l’incredulità non solo della fede, ma anche dell’umanità che rifiuta la verità su se stessa e non solo da un punto di vista religiosa, ma umano.
Ma perché gli abitanti di Nareth si arrabbiano con Gesù e vogliono addirittura toglierlo di mezzo?
Danno troppo per scontata la conoscenza di Gesù: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Non riescono ad aprirsi davanti al mistero della sua persona. È accaduto a tanti storici o pseudo storici che lo hanno voluto ricondurre ad una figura umana certamente anche significativa, riducendo il suo insegnamento ad un insegnamento puramente morale elevato così da essere ridotto per certi aspetti ad un’utopia.
Al contrario il suo messaggio è un’occasione di rinnovamento della nostra vita dal male, dalla nostra incapacità di amare in modo vero, per il credente da ciò che allontana da Dio: il peccato, e per tutti di crescita nella fraternità, nella giustizia, nella speranza e nella verità sull’uomo, sulla vita e sulla morte.
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Al tempo delle promesse e delle profezie si sostituisce un oggi che è un evento che coinvolge tutti anche ora dopo ben più di duemila anni di cristianesimo. Se i rabbini interpretavano i testi della Scrittura spiegandone il significato “Gesù non spiega, annuncia un fatto; non interpreta, proclama un avvenimento; non chiarisce inaugura un’epoca nuova” (Biffi) Tutti gli uomini di fronte a questa novità sono chiamati a prendere posizione, anche l’indifferenza è già una presa di posizione.
Eppure gli uomini cedono sempre alla tentazione di nascondersi dietro le questioni della storia e della politica, vediamo oggi come l’elezione del Presidente della Repubblica, senza trovare il tempo di riflettere sul tema importante del nostro essere e sul destino che ci attende oltre la soglia della nostra vita.
Siccome la verità del Vangelo è ancora oggi molto scomoda ecco che: “tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.” Accade anche oggi perché Gesù ci mette in discussione, è scomodo, ci interpella e ci rivolge la stessa domanda: “Chi dici che io sia, per la tua vita, la vita globale, non un momento o alcuni momenti, ma sempre ogni minuto, ogni attimo. Certo non è così semplice attraverso le mille esigenze a sovrastrutture che oggi il mondo ci impone, ma è possibile per noi che diciamo di avere fede, ma anche per chi con buona volontà cerca di essere un’umanità diversa, sensibile e aperta agli altri, con la capacità di fermarsi ogni tanto e di guardarsi dentro leggendo il mondo, la vita con il cuore e con un cuore non chiuso, ma aperto all’ amore e all’ accoglienza dell’altro, degli altri, di tutti.
Chiediamoci se anche noi vorremmo buttare Gesù nel burrone perché ci dice quello che non vorremmo sentire.
Deo gratias, qydiacdon