Cosa fareste se una minoranza religiosa perseguitata da parte di un gruppo che appartiene ad un’altra confessione venisse discriminata rispetto a quest’ultima nella richiesta di asilo politico?
Basta un minimo di buon senso per riconoscere che la minoranza perseguitata dovrebbe essere tutelata rispetto al gruppo della maggioranza che la minaccia. Invece, per una sorta di strano autolesionismo, oggi accade esattamente l’opposto: si dà precedenza alla confessione a cui appartengono i propri persecutori per discriminare chi già subisce atrocità indicibili. E chi osa opporsi viene accusato di intolleranza.
Accade infatti che mentre il mondo dei media denigra l’amministrazione Trump intenta a provare a difendere le radici cristiane della propria nazione contro il terrorismo che la minaccia, il vicino Canada non solo dice di voler aprire le porte agli islamici respinti dagli Usa, ma avanza l’idea di approvare una legge sull’”islamofobia” che metterebbe in pericolo chiunque sollevasse una critica verso la religione di Maometto. Tutti i partiti della Camera hanno dichiarato che il 16 febbraio voteranno a favore della mozione M-103 proposta da una parlamentare musulmana, Iqra Khalid. Le implicazioni del provvedimento non sono precisamente note, ma è chiaro che tutelando l’islam dalle critiche finiranno per discriminare tutti coloro che professano un credo opposto. La proposta senza precedenti ha dunque provocato una certa avversione persino da parte della stampa laica.
Barbara Kay è intervenuta con un’editoriale di mercoledì scorso sul Canada’s National Post, descrivendo il rischio di una supremazia della sharia islamica che “considera blasfemia qualsiasi critica a Maometto”. Ora, a parte l’inganno di una norma che ha come fondamenta la menzogna, dato che fobia significa paura patologica in quanto ingiustificata (visti gli attentati islamisti in Usa e in tutto l’Occidente di ingiustificato c’è ben poco) il rischio è quello di introdurre il reato di opinione e di colpire chiunque dissenta e ancora una volta i cristiani nella loro stessa patria. Sul Toronto Sun Anthony Furey ha infatti scritto che “l’islamofobia si trasformerà presto in un’espressione omnicomprensiva per silenziare chiunque critichi la religione. Perciò sarà applicata anche se questi denunceranno gli estremismi come la sharia e i gruppi come i fratelli musulmani”.
Insomma, una nazione di origine cristiana, proprio mentre i fedeli della sua stessa confessione vengono perseguitati, li mette a tacere infliggendo loro accuse che lasciano spazio al reato di opinione a seconda delle interpretazioni della mozione da parte della magistratura. Il tutto dopo le affermazioni del primo ministro del Canada, Justin Trudeau, contro il fatto che Trump ha osato proporre dei limiti per la regolazione dell’immigrazione islamica dando precedenza a quella cristiana. Ma ovviamente senza battere ciglio quando l’America di Obama accoglieva 10.025 musulmani e solo 56 cristiani (dati del Refugee Processing Center dal settembre 2015 al del settembre 2016).
Un vero e proprio cortocircuito, insomma, che funziona alimentando la paura di essere accusati di intolleranza e facendo leva sulla tentazione di piacere al mondo per sentirsi buoni. Ed è un meccanismo così perverso da risultare inconcepibile se non ravvisando uno strano odio dell’Occidente verso se stesso, seppur coperto da un sogno di utopica tranquillità, per cui si finisce per essere disposti a svendere la propria identità nell’illusione che le acque si cheteranno. Resta il fatto che senza accorgersene di questo passo si può solo, più o meno lentamente, morire.
Benedetta Frigerio in La nuova Bussola quotidiana
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E’ quello che accadrà anche in Italia?