La polizia di Parigi ha dichiarato di aver arrestato nel 2018 circa 1.552 minori immigrati marocchini, a seguito di un’operazione effettuata in collaborazione con il Marocco. È una prima reazione massiccia al fenomeno di colonizzazione islamica di interi quartieri delle città francesi, dove ormai vige la sharia al posto della legge della Repubblica
La polizia di Parigi ha dichiarato di aver arrestato nel 2018 circa 1.552 minori immigrati marocchini. Si tratta dell’esito di un’operazione nata dalla collaborazione con le autorità del Marocco, ma solo per sei di questi sono state avviate le operazioni di rimpatrio.
I dati resi pubblici testimoniano il tentativo, ancora allo stato embrionale, di affrontare il dilagare delle bande di islamici che usano mettere a ferro e fuoco le strade della capitale francese. La città, e quasi tutti i suoi quartieri limitrofi, sono letteralmente ostaggio dell’anarchia imposta dalle bande islamiche dedite allo spaccio, alle aggressioni sessuali, all’occupazione di intere aree, in cui le norme della République sono state sostituite dalla shariʿah, e dove l’antisemitismo ha smesso di essere un retaggio del Novecento. Gli oltre 1500 arresti segnano un certo miglioramento delle operazioni in cui è stato registrato un 41% di arresti in più rispetto allo scorso anno, quando solo in 813 finirono in manette.
La cooperazione con le autorità marocchine era iniziata a luglio, quando la situazione ha raggiunto quello che probabilmente è stato l’apice tra degrado e proteste raccolte. La stampa a lungo, come nel resto d’Europa, ha raccontato la storia di giovanissimi minorenni, poveri e allo sbando, che si danno alla criminalità. Ma, come nel caso francese, puntualmente la narrazione è stata smentita dai fascicoli delle forze di polizia, che hanno determinato come in un’alta percentuale di casi gli’immigrati erano islamici, tutt’altro che ignoranti, e mai minorenni. Spesso si tratta di individui che valicano i confini europei spacciandosi per minori non accompagnati per beffare i controlli e le norme dell’immigrazione.
Nell’ultimo periodo, oltre ai già noti, sono i quartieri di La Chapelle, Goutte d’Or e Barbès vittime delle bande di islamici, e data la reazione scomposta della gente del posto, e la natura annosa del problema, qualche arresto è stato venduto come un enorme successo. Resta però che si tratta di quartieri ormai sfuggiti al controllo statale. Qui gli immigrati hanno letteralmente occupato il suolo pubblico: l’amministrazione locale ha persino tentato di offrire assistenza e alloggi alle bande, destinando 700.000 euro al progetto, ma ogni sforzo è stato respinto con forza dagli immigrati. Quella dell’integrazione è una storia che difficilmente trova riscontro nella realtà, soprattutto quando si tratta delle no go zones. Quei quartieri di cui i media tendono a negare l’esistenza, ma recentemente, dopo anni in cui si cercava di dimostrare il contrario, anche i blog internazionali di viaggio hanno dovuto cedere, e dedicare sezioni a quelle zone per sottolineare che è vivamente consigliato non avvicinarsi.
Trappes, invece, comune di 30.000 abitanti a 35 chilometri da Parigi, è ormai la banlieue islamica per eccellenza, dopo essere stata negli anni Settanta uno dei feudi del partito comunista francese, dove risiedevano gli operai che lavoravano nelle fabbriche circostanti. Oggi è la città europea con il più alto numero di jihadisti. A Trappes le madrase clandestine pullulano, così come le moschee tenute da associazioni sulfuree. Luoghi in cui gli imam radicali hanno gioco facile nell’indottrinare i giovani al jihad armato.
Oggi si sta pensando di replicare l’operazione di cooperazione tra le forze dell’ordine anche in altre città della Francia. È da quest’estate che s’inseguono proteste e raccolte di firme per sollecitare le autorità, vista anche la crescita esponenziale dei reati di aggressioni sessuali ai danni di donne bianche firmati dagl’immigrati islamici. Così come s’è perso ormai il conto dei caffè il cui ingresso è vietato alle donne. “L’atmosfera è angosciante. Abbiamo modificato non solo i nostri itinerari, ma i nostri vestiti. Alcune di noi hanno anche rinunciato ad uscire”, raccontano le donne che si sono lasciate intervistare.
Donne ed ebrei, così, continuano ad essere le vittime della nuova islamizzazione d’Europa. È a Sarcelles, però, comune della periferia nord di Parigi, che da anni si registra il più alto numero di aggressioni antisemite. Come quando, qualche mese fa, una ragazzina quindicenne, tornando a casa da scuola, con indosso, un ciondolo con la stella di David e una divisa scolastica ebraica, è stata aggredita con un coltello al viso. Oppure il bambino di otto anni che, sempre a Sarcelles, poiché indossava una kippah è stato preso a calci e pugni da due islamici. Da quelle parti la parola “ebreo” è scritta in lettere maiuscole sulle saracinesche dei negozi e ristoranti ebraici. Ma è in un po’ tutta la Francia che l’antisemitismo è un problema, e anche parlarne è sempre più pericoloso. Per un politico, è quasi un suicidio: i politici francesi, di destra e di sinistra, sanno che infrangere le regole della correttezza politica vuol dire essere marchiati dai media e di fatto emarginati. Sanno che alcune parole non possono più essere utilizzate in Francia e che le organizzazioni “antirazziste” fanno sì che nessuno possa criticare l’islam. Su una nuova edizione di un libro di storia per la terza media, adottato in una scuola pubblica, si può leggere che in Francia è vietato criticare l’islam e viene anche citata una decisione giudiziaria a sostegno di questa pretesa. Una parte della classe politica sa che il numero dei musulmani in Francia è talmente elevato da risultare praticamente impossibile vincere le elezioni privandosi del voto musulmano, e la differenza nel tasso di natalità tra musulmani e non musulmani renderà questo accordo sempre più importante negli anni a venire: si tratta di una tacita e grave rassegnazione.
Ma che la situazione sia ormai drammatica in tutta la Francia se n’è dato prova nella notte di Halloween. Quando la festa importata dagli States è stata il pretesto perché le bande di islamici uscissero mascherati per mettere a punto quelle che hanno battezzato “le purghe”. L’appello alla “purga contro i gendarmi” è stato infatti raccolto da numerosi giovani che si sono riversati nelle strade. La maggior parte delle segnalazioni è arrivata dalle grandi città, in particolare da Parigi e Lione, proprio in quei quartieri a predominanza islamica. Il bollettino è di decine di incendi, un centinaio di arresti e qualche agente ferito.
Le regole, diffuse via Whatsapp e Facebook, erano molto semplici: “vestitevi di nero e mascheratevi. Tutte le armi sono autorizzate. Bruciate tutto quello che può prendere fuoco. Qualunque furto – telefoni, portafogli e mezzi di trasporto – è autorizzato. La purga inizierà alle ore 20. Qualunque persona che incontrerete dopo questo orario potrà essere pestata. Gli agenti di polizia dovranno sempre essere presi di mira. Le donne non devono partecipare”.
Un’ultima novità degli ultimi anni è stata invece resa nota qualche mese fa dal Le Figaro e riguarda le misure adottate dal sindaco di Nizza per tenere sotto controllo un fenomeno in crescendo: quello di veri e propri rodeo per le strade francesi dopo le celebrazioni dei matrimoni islamici. Strade bloccate, manifestazioni aggressive, atteggiamento offensivo contro le forze di sicurezza, guida pericolosa, processioni rumorose e violente, spari in aria, tutte manifestazioni di gioia in seguito alle cerimonie religiose.
Qualcosa che di solito non esiste nei luoghi d’origine, ma che in Europa sta diventando espressione di potenza e predominio di un territorio, che di fatto hanno conquistato.
Lorenzo Formicola in La NBQ