“Secondo l’insegnamento evangelico, noi non siamo proprietari bensì amministratori dei beni che possediamo: essi quindi non vanno considerati come esclusiva proprietà, ma come mezzi attraverso i quali il Signore chiama ciascuno di noi a farsi tramite della sua provvidenza verso il prossimo.” (Benedetto XVI)
Mettendo davanti a noi queste parole credo che fra tutti i beni che il Signore ci affida il bene più prezioso sia quello dei figli per i quali noi siamo chiamati a farci segno e strumento della Provvidenza di Dio.
Cioè segno di come Dio si prende cura di loro. È questo un compito grande di fronte al quale nessun genitore può tirarsi indietro. Non si tratta tanto o solo di mettere in grado i nostri figli di avere un futuro sicuro, solido in modo che possano affrontare la vita in modo adeguato e consapevole, che possano avere una certa tranquillità economica, ma si tratta di consegnare loro un bagaglio di valori tale che non si smarriscano nelle prove che la vita riserverà, che sappiano avere comunque la consapevolezza che comunque la vita ha sempre un senso.
Oggi questo principio, purtroppo viene messo in discussione.
A questo proposito vorrei leggervi alcune testimonianze che ho ripreso da un quotidiano on line
“Mio marito amava la vita nonostante la Sla”
Mio marito, morto quasi un anno fa dopo 5 anni di patimenti dovuti alla Sla, ha sempre detto che questa malattia gli aveva fatto conoscere quanto c’è di bello nella vita e per questo l’ha accettata come un dono. Non è stata una passeggiata. Devastante e dolorosa, ma la fede aiuta moltissimo, guai non ci fosse! È morto benedicendo e pregando. La nostra vita non ci appartiene, si può solo offrire.
Sandra Ballini
“Papà accettava la sua croce”
Anch’io ho il mio papà colpito da emorragia celebrale è nonostante non sia più la stessa persona di prima accetta ogni Santo giorno di vivere la sua Croce con gioia e coraggio. La Fede sposta le montagne!.
Sabrina Andreotti
“Io, disabile. Eppure valgo”
L’articolo è stato molto chiaro e lo sottoscrivo. Mi dispiace che dj Fabio abbia legato il valore, la preziosità della vita solo ad una capacità/possibilità di superamento di limiti fisici…Bisogna essere capaci di liberare la mente e il cuore valorizzando la sostanza di ciò che si è. Parlo da disabile che non ha mai corso, scalato etc… eppure IO VALGO.
Anna Maria Di Sabatino
“I miei pazienti e la voglia di vivere”
Un altro caso strumentalizzato e pagato da chi vuole a tutti i costi una legge che favorisca la “buona” morte… spesso seguo malati incurabili, paralizzati e nessuno, dico nessuno ha chiesto di morire…chi lo spera sono coloro che gli vivono a fianco…e non giudico, perché so la fatica ed il dolore dei famigliari o degli amici.
Corrado Bigi
“Di fronte all’innata paura della fine, e ancor più nel contesto di una cultura che in tanti modi tende a censurare la realtà e l’esperienza umana del morire, la liturgia quaresimale, da un lato, ci ricorda la morte invitandoci al realismo e alla saggezza, ma, dall’altro lato, ci spinge soprattutto a cogliere e a vivere la novità inattesa che la fede cristiana sprigiona nella realtà della stessa morte.
L’uomo è polvere e in polvere ritornerà, ma è polvere preziosa agli occhi di Dio, perché Dio ha creato l’uomo destinandolo all’immortalità.”(Benedetto XVI)
Assieme al valore del senso della vita siamo chiamati a dargli soprattutto il valore della fede di fronte al quale la nostra vita acquista un senso grande e straordinario.
Ecco allora che il cammino quaresimale che abbiamo intrapreso ci richiama fortemente a rientrare in noi stessi e a riscoprire, riflettere
“Il tempo di Quaresima è sempre stato considerato dalla cristianità di tutti i tempi una sorta di grande ritiro fatto da tutti i figli della Chiesa che, con quaranta giorni di raccoglimento e di penitenza, si preparavano alla grande festa della Pasqua. Era il mezzo più potente che la Chiesa da sempre prescriveva ai suoi figli per richiamarli dalle effimere attrattive del mondo e per ravvivare in essi la fedeltà al loro unico Signore.
Per sottrarre i cristiani agli allettamenti del mondo, nella società cristiana d’un tempo, durante la Santa Quarantena, (la Quaresima), si sospendevano le attività nei tribunali e le guerre; erano proibite le nozze e gli sposi erano esortati a vivere in continenza. Tutti i cristiani, riuniti come in una grande milizia, combattevano insieme i loro tre grandi nemici, il mondo, la carne e il demonio, con le tre armi che la Santa Chiesa raccomandava loro in questo santo tempo: la preghiera, il digiuno, l’elemosina.
I cristiani rinunciavano a cibarsi di carne e talvolta anche di latticini. Le dispense erano concesse con molta discrezione tanto che, solo per portare uno dei tanti esempi, quando nel 1297 il re Venceslao di Boemia, caduto ammalato, non poteva sostenere i rigori del digiuno quaresimale, si appellò al papa Bonifacio VIII per ottenere la dispensa di mangiare carne. Il Papa incaricò allora due Abati di accertarsi dello stato reale di salute del Re e, ottenutane favorevole sentenza, concesse la dispensa, ma alle seguenti condizioni: che i venerdì, i sabati e la vigilia di S. Mattia rimanessero esclusi dalla dispensa e che il Re prendesse cibo privatamente e con sobrietà. Tale era il rigore e la serietà con cui si dispensava da un obbligo che era considerato tra i più sacri che avesse il Cristianesimo.
Che dell’antica e sana disciplina della Quaresima non sia rimasto neppure un lontano vestigio lo prova il fatto che, nel 2010, il compianto Card. Biffi, per esortare i fedeli alla penitenza quaresimale, non poté che appellarsi alla ragione e al buon senso. Nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri, disse con la sua immancabile ironia: « L’umanità in molte circostanze sembra affetta da schizofrenia: cerca il proprio bene, e di fatto corre verso il proprio male; esalta l’uomo a parole, e lo avvilisce nei fatti: lo esalta fin quasi a difenderlo dall’amore del suo Creatore e a sottrarlo all’influenza di Dio, che pur vuol solo il suo bene; e lo avvilisce, lasciandolo in balìa dell’egoismo umano, che invece arriva a manipolare e a uccidere. Moltiplica i mezzi che in se stessi non dànno motivo e significato all’esistere e all’agire, e trascura di guardare ai fini e ai traguardi di tutto il suo agitarsi».
La perdita dei valori cristiani – aggiungeva – prima ancora che un peccato contro la religione è un peccato contro la ragione e il buon senso. Ed ecco allora che la Chiesa «ci propone con la Quaresima una cura di ragionevolezza». Molto acutamente, qualche decennio prima, Gilbert K. Chesterton aveva già notato che «il mondo moderno ha subito un tracollo mentale, molto più consistente del tracollo morale». Occorre assolutamente recuperare il retto uso della ragione e a questo fine, osservava il Card. Biffi, «la misericordia del Signore ci pone davanti l’antidoto della mortificazione liberamente decisa e attuata, l’antica ricetta della penitenza, divenuta di grande attualità. Ritrovare la strada della rinuncia (…) vuol dire incamminarsi verso la guarigione».
Tutta la liturgia Quaresimale della Chiesa era un invito alla penitenza col duplice scopo di emendare la propria vita e scongiurare i castighi di Dio causati dalle nostre colpe”
(Cristiana de Magistris in Corrispondenza Romana)
Ma che cosa emendare? Perché emendare? Peccato, Penitenza, Confessione, Riconcilarsi?
Oggi sembra che nessuno abbia più peccati da confessare, confessarsi non è più di moda. Le cose da emendare pare siano solo su piano sociale collettivo, e non individuale.
Siamo incapaci di riconciliazione perché tutti siamo dalla parte della ragione e sono solo e sempre gli altri ad avere torto.
Per rispondere a queste domande voglio riportare un pensiero di mons. Tonino Bello, vescovo di Molfetta alla viglia della Domenica delle Palme, quasi alla fine della Quaresima, la sua prima, nel 1983, ma che sembra scritta per il nostro tempo.
«Miei carissimi fratelli, siamo tutti sotto inchiesta. I giornali sgrondano di notizie allarmanti: corruzioni, illeciti amministrativi, giunte che cadono, funzionari travolti da bufere scandalistiche, inossidabili istituzioni corrose dalla ruggine del sospetto. Di che tipo di valenza sono questi segni? (…)
Se il Signore aprisse un processo a carico nostro e ci mettesse tutti sotto inchiesta, quanti si salverebbero? Eppure, il giudizio di Dio incombe sempre su di noi. Ma noi, forse, non ce ne preoccupiamo più che tanto. Fanno più paura le inchieste della Magistratura sugli uomini politici o sugli amministratori degli Enti locali, di quanto non faccia paura su di noi credenti il giudizio di Dio. (…)
Carissimi fratelli. Siamo giunti alla stretta finale della Quaresima. Torniamo a casa: il Padre ci aspetta. Lasciamo la doppia vita, le disonestà private, gli intrallazzi occulti. Abbandoniamo gli intrighi, le manipolazioni della verità, le ipocrisie di un perbenismo di facciata. Torniamo a essere uomini limpidi. (…)
Cambiamo rotta. È già tardi, e il tempo si è fatto breve. Diversamente, Dio aprirà a nostro carico un’inchiesta inesorabile. E saremo processati per direttissima. Senza attenuanti».
(Fonte: I segni dei tempi, in LV, 59, Molfetta, 1983, n. 12, p. 1)
È vero che confidiamo nella misericordia del Signore, ma all’inizio della Quaresima abbiamo sentito l’accorato appello che Paolo rivolge ai cristiani: “ Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”
Di fronte all’ amore di Dio, di fronte alla croce di Gesù riprendiamo coscienza del nostro peccato personale, solo così troveremo il desiderio di cambiare, di migliorarci.
“La realtà del peccato viene spesso rimossa; c’è addirittura chi crede che contro il senso di colpa ci sia bisogno solo di una terapia psicologica. Un vero senso di colpa è invece importante. È come in auto quando il tachimetro ci dice che abbiamo superato il limite di velocità, la colpa non è del tachimetro, ma di chi guida. Allo stesso modo, quanto più ci avviciniamo a Dio, che è luce, gratuità, bontà, misericordia, amore, tanto più emergono anche i nostri lati oscuri.
Meno male che Dio non è luce che incenerisce, ma che vuole che il peccatore si converte e viva, quindi una luce buona. Per questo vuole quel salutare pentimento in cui recuperiamo la salvezza”
(riadattato da Youcat).
Concludo con le parole che pronunciò Benedetto XVI in occasione della Quaresima 2012:
“Cari fratelli e sorelle, in questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione possiamo ritrovare nuovo coraggio per accettare con pazienza e con fede ogni situazione di difficoltà, di afflizione e di prova, nella consapevolezza che dalle tenebre il Signore farà sorgere il giorno nuovo. E se saremo stati fedeli a Gesù seguendolo sulla via della Croce, il chiaro mondo di Dio, il mondo della luce, della verità e della gioia ci sarà come ridonato: sarà l’alba nuova creata da Dio stesso. Buon cammino di Quaresima a voi tutti!”
qydiacdon 2017