Una disfatta su tutta la linea quella subita dal governo italiano sul fronte dell’immigrazione al vertice del G7 di Taormina. Paolo Gentiloni sperava di ottenere il plauso di Washington per il continuo salvataggio in mare di immigrati illegali poi accolti nel Belpaese, e il via libera degli europei alla “condivisione” nella gestione dei flussi e nella distribuzione dei clandestini. Un successo su cui Palazzo Chigi contava molto, specie nel giorno in cui il Viminale rendeva noto che dall’inizio dell’anno sulle coste italiane sono sbarcati 54.395 migranti illegali, il 34,35% in più dello stesso periodo dell’anno scorso (40.488).
Di questi in 10mila sono arrivati in soli 4 giorni, dal 23 al 26 maggio. Un flusso in continuo incremento (grazie all’accoglienza che Roma accorda a chiunque paghi criminali per venire in Europa) proveniente soprattutto da Nigeria (7.060), Bangladesh (6.033), Guinea (4.992), Costa D’Avorio (4.667), Gambia (3.422), Senegal (3.296), Marocco (3.111), Mali (2.3859), Pakistan (1.709) e Sudan (1.680).
Invece a Taormina i piani “buonisti” del nostro governo sono stati respinti pesantemente dal documento ufficiale del summit che ribadisce la necessità che ogni Stato difenda i propri confini ricordando che sono i singoli Paesi responsabili delle politiche di immigrazione. Uno smacco all’Italia emerso sotto la forte spinta di Washington e l’accondiscendenza dei Paesi europei che non hanno alcuna intenzione di sobbarcarsi l’ospitalità di immigrati illegali che non hanno alcun titolo per essere accolti. Anzi, l’accoglienza indiscriminata attuata da Roma rischia di farci espellere dall’accordo di Schengen che invece ci imporrebbe di bloccare i flussi poiché la frontiera sul Mediterraneo non è solo italiana ma anche dell’Unione.
Gli Stati Uniti ritengono infatti di aver conseguito una “vittoria politica” sul tema dei migranti al G7 come ha detto ai giornalisti un alto funzionario dell’Amministrazione Trump sottolineando che gli Stati Uniti hanno dovuto “battersi proprio duramente” sul linguaggio usato nel comunicato finale. Gli Stati Uniti, ha spiegato, si sono battuti perché nel testo finale nella parte sui migranti fosse riaffermato il diritto sovrano degli Stati a controllare i loro confini e a stabilire politiche nel loro interesse nazionale e per la sicurezza nazionale.
“Questo tipo di politiche – ha detto il funzionario americano – pone maggiore pressione sui paesi di partenza affinchè affrontino le loro crisi e assumano un maggior ruolo nel gestirle dal momento che gli altri Stati non intendono fornire quanto auspicava Gentiloni, evidentemente troppo succube della “lobby dell’accoglienza” incentrata su ong e associazioni per lo più di area cattolica e di sinistra per prendere in esame i respingimenti, cioè l’unica risposta che permetterebbe di azzerare il numero di morti in mare e di far cessare i flussi migratori.
Se l’assenza di campi profughi dell’Onu in territorio libico rende impossibile secondo alcuni riportare i migranti illegali soccorsi in mare sulle coste della nostra ex colonia, resta paradossale che Roma non cerchi un’intesa con la Tunisia per trasferire nel Paese nordafricano i migranti raccolti da navi civili e militari. Certo occorrerebbe fornire sostanziosi aiuti economici a Tunisi che ci costerebbero però certo meno dei 5 miliardi che spenderemo quest’anno (contro i 3,7 dell’anno scorso) per l’accoglienza in Italia.
Inoltre in Tunisia i campi dell’UNHCR ci sono già. Il 29 maggio la marina tunisina ha salvato in mare 146 migranti africani salpati dalla costa libica a bordo di un gommone, fra cui 48 donne e tre bambini piccoli. L’imbarcazione era partita dalla città libica di Sabratha, sperando di raggiungere l’Italia. Il salvataggio è avvenuto a largo della città tunisina di Zarzis. Sbarcati in questo porto, i migranti sono stati condotti in campi d’accoglienza gestiti dall’Unhcr e dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni.
Potenziare questi campi e istituire un ponte aereo per rimpatriare i migranti illegali mostrerebbe la volontà dell’Italia di difendere le sue frontiere e quelle d’Europa e nessuno rischierebbe più la vita e il proprio denaro per pagare i trafficanti se avesse la certezza di non poter sbarcare in Italia. Del resto proprio la Tunisia accolse nel 2011 in campi dell’Onu un milione di lavoratori asiatici ed africani in fuga dalla Libia in guerra e di Gheddafi: vennero tutti rimpatriati con un ponte aereo internazionale.
Gianandrea Gaiani in La nuova Bussola Quotidiana