E’ famosissima in Canada e negli Stati Uniti. E’ nota al mondo più progressista così come ai vertici del Vaticano. I primi la considerano una nemica pericolosissima, i secondi hanno dovuto accettare che è una santa. Perché anche quanti incolpano certi cristiani di integrismo di fronte a lei non hanno argomenti che reggano. La quarantaduenne Mary Wagner infatti non si è mai limitata a denunciare le ingiustizie, come è giusto fare, e a pregare, come certo occorre affinché la piaga più sanguinosa del nostro secolo si rimargini. No, lei il male se lo è sempre preso su di sé accettando di rinunciare a tutto pur di riparare lo scempio.
Wagner capì che questa era la sua missione durante la giornata mondiale della gioventù di Denver nel 1993, quando ad appena 19 anni si convertì sentendo san Giovanni Paolo II tuonare contro l’aborto e l’eutanasia, chiedendo ai giovani di “uscire per le strade e nei luoghi pubblici come i primi apostoli”. Avvertendo una grande chiamata la giovane non si sottrasse, anche se all’inizio pensò di doversi sacrificare per riparare all’aborto tramite una vita contemplativa. Ma la preghiera la condusse a comprendere che la sua missione per dare voce ai senza voce più poveri, i bambini in grembo, doveva essere pubblica. Così il 12 dicembre scorso Wagner è stata nuovamente arrestata, come da oltre dieci anni a questa parte, per aver cercato di dissuadere alcune donne dall’uccidere il figlio in grembo in una clinica abortiva canadese, infrangendo il divieto di manifestare entro un certo raggio di metri dall’ingresso dagli ospedali del paese.
Spesso incompresa, anche da coloro che si dicono antiabortisti, e che piuttosto che farsi interrogare dalla sua radicalità preferiscono parlare di dialogo e ponti, Wagner ha sempre redarguito anche i pro life più accaniti: “Dobbiamo fare tutto per Cristo”. Questa l’unica ragione valida per muoversi, scrisse tempo fa in una lettera pasquale dal carcere: “Cristo nascosto nelle dolorose sembianze dei poveri, così poveri che non riusciamo nemmeno a vederli o sentirli”. Incuriosito da questa “pulzella della vita”, il vescovo di Bombay, Oswald Gracias, fra i cardinali chiamati da Francesco per la riforma della curia, andò a trovarla in carcere nell’agosto del 2013. Uscito non ebbe più dubbi: “Mi si è chiarito che Mary ha una missione” e che il suo non “è un futile esercizio per combattere i mulini a vento e anche se avesse salvato una sola vita ne sarebbe valsa la pena”, perché “Dio la chiama a fare questo, a testimoniare il dono e la santità della vita umana”. Allora parlò anche il cappellano del carcere, Paul Hrynczyszyn: “Penso che sia una santa”, disse. Anche perché “aiuta molte donne a tornare alla fede”.
Dopo quest’ultimo arresto, per cui ha passato un altro Natale in prigione, il commento più bello è stato quello di una sua sostenitrice e amica, suor Immolatia, membro di una fraternità di missionarie che si occupa dei senzatetto e dei carcerati: “La mia risposta alle espressioni di disagio legate all’arresto è che l’amore radicale e sovversivo che Mary sta vivendo, il sacrificio personale e gli stenti sono necessari”. Come a dire che le anime hanno sempre un prezzo. Mary, anche questa scorsa volta è entrata nella clinica per pregare le madri di non uccidere i bambini in grembo, offrendo loro un mazzo di rose rosse e bianche, con una medaglia della Madonna miracolosa e un bigliettino con le informazioni per trovare aiuto nell’affronto della gravidanza. Siccome poi è girato il video dell’arresto, in cui Wagner ha il volto molto provato, suor Immolatia ha continuato: “Le persone me lo hanno descritto come afflitto e triste”. E “in effetti il suo volto è espressione del suo cuore agonizzante, ma bisogna che comprendiamo quale sia la fonte del suo dolore: era davanti a tante donne che avevano programmato la morte dei loro figli. Lei era lì testimone di questa scena orribile e il fatto che ha trovato cuori così duri e chiusi al Vangelo della vita è stato come una spada per l’anima di Mary”.
Ma a chi si è limitato allo sdegno di fronte all’arresto di Wagner la suora si è rivolta così: “L’unica risposta adeguata è quello che credo Gesù, come Mary, direbbe: “Non piangete per me, non lamentatevi per il mio arresto e detenzione, piangete piuttosto per questi, i più piccoli dei nostri fratelli e sorelle, i Santi Innocenti, che sono massacrati, fatti a pezzi, le cui grida fragili non vengono sentite, i cui corpi smembrati e insanguinati vengono gettati nella pattumiera o trattati come materiali da ricerca”. Soprattutto, “non considerate il suo sacrificio personale come il fatto di essere rinchiusi in una prigione provinciale. Perché Mary sebbene sia dietro a delle sbarre di ferro è più libera di tutti noi, diventando una prigioniera di amore e una testimone della santità della vita con il suo rifiuto di obbedire alle leggi ingiuste, con l’indirizzare la sua libertà verso Dio, a fianco dei senza voce e degli indifesi non nati e delle loro madri. Mary è libera nel vero senso della parola”.
E in effetti, la sua pace è tale che tante carcerate grazie a lei e con lei si riconciliano con Dio e ricominciano a pregare, soprattutto per bambini uccisi e per le loro madri. Anche solo questo dovrebbe bastare per lasciarsi interrogare. Almeno nel giorno in cui si ricordano i Santi innocenti che, nel nostro secolo, sono le vittime dell’aborto.
Benedetta Frigerio in La nuova Bussola Quotidiana