Sconcertante comunicato dei vescovi dell’Emilia Romagna, che si aggiunge allo scandaloso silenzio della Cei riguardo le vicende che hanno portato monsignor Cavina alla rinnuncia al governo della diocesi di Carpi. Si accetta che i vescovi siano decisi da poteri più o meno occulti, che godono anche di complicità all’interno della Chiesa.
Dobbiamo ammetterlo. All’inizio avevamo pensato a uno scherzo. Di cattivo gusto, ma pur sempre uno scherzo. Invece il comunicato della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, che «esprime vicinanza e solidarietà» a monsignor Francesco Cavina, era proprio autentico (clicca qui per il testo integrale). Avevamo scritto ieri (clicca qui) che uno degli aspetti più sconcertanti della vicenda che ha portato monsignor Cavina a rinunciare al governo della diocesi di Carpi era stato il silenzio dei vescovi italiani e in particolar modo di quelli della sua regione.
Ed ecco ieri sera arrivare un comunicato che, mentre a parole esprime solidarietà e vicinanza, trasmette in realtà un freddo distacco e quasi un compiacimento per l’esito della vicenda. Certamente non tutti i vescovi della regione hanno questi sentimenti, e neanche tutti i vescovi italiani, ma questo comunicato aggiunge sconcerto a sconcerto.
I vescovi dell’Emilia-Romagna, riuniti in questi giorni per gli esercizi spirituali, «sono profondamente colpiti dalle parole espresse da mons. Cavina» che nel messaggio alla diocesi spiega le sofferenze patite a seguito della «gogna mediatica» a cui è stato sottoposto per una denuncia poi archiviata. Già, i vescovi dell’Emilia Romagna scoprono oggi per la prima volta cosa è successo negli ultimi mesi; vivono una comunione così esemplare da non avere neanche immaginato cosa stesse passando un loro confratello che vive nella casa accanto. Hanno dovuto leggere il comunicato di mons. Cavina per sapere. E così, colpiti da questo evento, gli si stringono attorno, pregano per lui, lo vogliono ricordare per la sua opera pastorale e sono sicuri che farà ancora tanto bene. Amen.
Capitolo archiviato. Si potrebbe dire: missione compiuta. Perché, a rileggere questo comunicato, sembra proprio che i vescovi dell’Emilia Romagna si siano finalmente tolti un fastidio. E poi non parliamo dei vertici della Cei: silenzio assoluto, come se a Carpi ci fosse stato un normale avvicendamento o un incidente come ne capitano a volte.
A nessuno che venga in mente di considerare l’estrema gravità di quanto è successo, che va ben oltre le simpatie e le antipatie personali, e anche ben oltre le divisioni teologiche e pastorali. Quello che è accaduto è un attacco gravissimo alla Chiesa oltre che alla dignità di una persona. Un vescovo è stato costretto alle dimissioni dal suo impegno pastorale non per aver commesso un reato, non per aver contravvenuto gravemente a qualche obbligo ecclesiastico, ma perché – già nel mirino da quando è arrivato a Carpi sette anni fa – è stato vittima di una pesante e studiata azione di dossieraggio. Prima è stato denunciato per una ipotesi di reato improbabile, ma sufficiente (?) per giustificare mesi di intercettazioni telefoniche. Poi, una volta che il giudice ha archiviato il caso, qualcuno si è preoccupato di far pubblicare il contenuto delle intercettazioni, soprattutto ciò che non aveva neanche nulla a che fare con l’originaria ipotesi di reato, perfino cose che potevano essere considerate “segreto confessionale”. Non solo una barbarie dal punto di vista umano, anche un vero e proprio sacrilegio.
Invece di reagire in modo veemente a questa gravissima ingerenza, la Chiesa italiana accetta supinamente che a decidere la guida delle diocesi siano poteri più o meno occulti che, con azioni palesemente illegali, sono in grado di cacciare i vescovi sgraditi.
Ora ci si può purtroppo aspettare che il “metodo Cavina”, che ha funzionato così bene, venga replicato altrove. È uno scandalo enorme, un tradimento della Chiesa da parte dei suoi pastori; perché oltre al silenzio codardo di chi dovrebbe parlare e difendere la libertà della Chiesa, non si può non intuire in queste vicende la fattiva complicità di altri vescovi interessati a “eliminare”, per motivi personali o ideologici, qualche confratello.
Davvero qualcuno può credere che certi documenti escano per mesi dagli uffici degli inquirenti e circolino negli ambienti “giusti” senza che qualche “pezzo grosso” della Chiesa, magari legato a qualche lobby, non sia avvertito e che dia il via libera? Non siamo ingenui fino a questo punto.
Ma quello che il caso Cavina ci dice è che per la smania di regolamenti di conti interni, c’è chi è ben lieto di consegnare la Chiesa nelle mani di un Potere che la vuole distruggere. E di questo, ogni cattolico, dovrebbe chiedere conto.