Che cosa sia davvero la carità è una domanda da cui è difficile fuggire di fronte al più ampio sondaggio effettuato in America sulla popolazione che si identifica come transessuale. A pubblicare in questi giorni i risultati dell’analisi effettuata nel 2015 è una delle organizzazioni maggiormente attive nel campo dei cosiddetti “diritti transgender”, il National center for transgender equality (Ncte) che si prefigge lo scopo di “cambiare le leggi, le politiche e la società”.
Il campione di 27.715 persone che si identificano in questa fetta di popolazione ha rivelato uno stato di vita spaventoso. Tanto che, al di là delle cause indicate a motivo del disagio, il Ncte non ha potuto nascondere la tragicità dello scenario e il pericolo per il bene comune di tutta la società. Se infatti ci sono delle grosse ambiguità nel linguaggio usato, per cui il 12 per cento del campione ha dichiarato di aver subito “molestie verbali” nei bagni senza specificare che cosa si intenda per “molestia verbale” e in quali bagni siano entrati (se del sesso opposto o meno), resta il fatto che, ad esempio, il 47 per cento degli intervistati ha ammesso di essere stato vittima di abusi sessuali. Oppure che il 39 per cento di loro ha problemi psicologici gravi contro il 5 per cento della media nazionale, con un tasso percentuale di 8 volte superiore alla norma. Purtroppo, però, non sono state poste domande circa la causa del rifiuto del sesso di nascita, per comprendere se questa sia legata agli abusi subiti o meno.
Nonostante ciò, la Ncte conclude che la colpa dei problemi psicologici del campione analizzato sia dovuto al rifiuto sociale, il che però non riesce a spiegare molte cose, come il fatto che addirittura il 77 per cento del campione in esame sperimenta violenze nei rapporti con i propri “partner”. Anche perché ammettere che la colpa non sia della società, di fronte al fatto che ben il 40 per cento (contro una media nazionale del 4,6) di coloro che si definiscono transessuali abbia cercato di suicidarsi, chiederebbe una immediata virata delle politiche “gay friendly” per cui lo stile di vita “libertino” sarebbe una scelta come un altra. Eppure, i dati segnalano l’aggravarsi della situazione negli ultimi anni, il che contrasta con le recenti campagne che mirano alla normalizzazione dell’omosessualità. Infatti, il 7 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver tentato il suicidio nel 2015, con un tasso percentuale nello stesso anno di ben 12 volte superiore alla media (0,6 per cento).
Un punto su cui il Ncte ha più difficoltà a nascondere le cause reali è invece la diffusione massiccia dell’Aids, di cinque volte superiore a quella presente nel resto della popolazione. Difficile negare che sia la promiscuità ad aver portato il 3,4 per cento degli uomini che vivono come se fossero donne, che diventa il 19 fra i transessuali appartenenti alla popolazione nera (circa 1 su 5), a contrarre il virus. Non a caso il 12 per cento degli intervistati ha ammesso di prostituirsi.
Per quanto riguarda l’integrazione sociale, invece, il sondaggio rivela un tasso di disoccupazione del 15 per cento (il doppio della media nazionale), con il 29 che vive in povertà (contro il 14 della popolazione generale). Il Ncte aggiunge poi che quasi un intervistato su tre ha sperimentato nella sua vita il vagabondaggio. Infine, il report incolpa il governo di una mancanza di supporto della popolazione, sebbene sia naturale che l’accettazione di questo stile di vita come normale non possa far altro che contribuire alla diffusione della piaga, incrementando gli oneri del governo anche nel caso in cui lo si ritenesse responsabile del disagio.
Ritorna quindi la domanda iniziale: cosa significa la parola carità? E’ divisibile l’accettazione dalla verità? Più che fomentare il libertinaggio per poi cercare di correre ai ripari non occorrerebbe indicare la pericolosità di questo stile di vita? Perché un cosa è certa, come ha commentato John Eidsmoe, della Fundation for moral law: “Qualunque siano le cause e gli effetti dovremmo pensarci due volte ad adottare politiche che potrebbero incoraggiare le persone verso lo stile di vita transessuale”.
Benedetta Frigerio in La Nuova Bussola Quotidiana