Abbiamo iniziato il nostro cammino quaresimale, con Gesù ci inoltriamo anche noi nel deserto, che diventa una metafora di quella che è la nostra condizione, quella di essere pellegrini, viandanti in cammino in questo mondo che tanto spesso assomiglia sempre di più al deserto, svuotato della sua umanità, di quei principi irrinunciabili senza i quali l’ uomo smarrisce se stesso. In cammino come lo è stato il popolo di Israele verso la terra promessa.
Ma cosa dice a noi uomini oggi il deserto?
Se noi ascoltiamo il deserto egli ci parla! Il deserto è silenzio! Silenzio da tante parole inutili, perché camminare nel deserto è faticoso, e, nel silenzio, riprendere quella consapevolezza di se che dice tutta la nostra fragilità, come ha ricordato il rito delle imposizioni delle ceneri, che ha aperto il nostro cammino quaresimale. Silenzio, oggi così difficile, perché occorre avere sempre un rumore di sottofondo. Entri nelle case e vi è la televisione sempre accesa. Anche andando a benedire succede, sempre più spesso, di dover chiedere di spegnere la televisione per fare una preghiera e mettersi in sintonia con il Signore.
I ragazzi che hanno sempre gli auricolari nelle orecchie, anche quando camminano per strada, e succede quel che è successo, non ci si accorge del treno che sopraggiunge.
Nemmeno nella preghiera! Se il silenzio si protrae un po’ più a lungo occorre riempirlo con qualcosa.
Il deserto ci parla di libertà, di ritorno all’ essenziale liberandoci da tante cose inutili e anche da tante false esigenze che, artificiosamente, ci siamo inventati.
Il deserto, ci parla anche di una condizione di povertà, che è la nostra, quando senza nulla ci ritroviamo di fronte a Dio e percepiamo tutta la distanza che vi è fra noi e Lui e il dramma della lontananza quando, cedendo alla tentazione, ce ne allontaniamo con il peccato.
Oggi, nel deserto, Gesù viene tentato! Questo ci dice una condizione che accompagna il cammino del credente nella sua vita, e nello stesso tempo ci rivela un’ altra grande realtà, che oggi tende ad essere dimenticata: che il tentatore, il diavolo esiste.
Se da una parte si nota un diffusione di gruppi e di sette che inneggiano al Demonio dall’ altra, debitori dell’ Illuminismo, e da altre correnti di pensiero si sono affannate a dire che è una personificazione simbolica, un mito inventato come spauracchio per la gente. Si banalizza, si relativizza, non si crede a questa realtà. Eppure oggi il nostro mondo moderno, che vuole estromettere Dio è pieno di maghi, di streghe e stregoni, spiritisti, venditori di amuleti e filtri vari.
Paolo VI, di veneranda memoria, ricordò al mondo questa triste realtà e venne irriso, ci si scandalizzò. Come si fa nel mondo moderno a credere ancora nell’ esistenza del diavolo, del maligno e questo non solo da parte dell’ intelligenza laica, ma anche di molti credenti e alcuni teologi.
Cosa dicono, a noi le tentazioni di Gesù?
Innanzi tutto la sua piena umanità! Proprio perché si è incarnato, ha preso pienamente la nostra umanità ha provato la tentazione, dimostrandosi in questo veramente il Dio con noi, e vincendole che è il Dio per noi, perché ci indica la via attraverso la quale anche noi possiamo vincere la tentazione.
La prima tentazione: ridurre Dio a un elargitore di beni materiali e noi persone che vivono solo per le “cose”. “ Ma non di solo pane vivrà l’ uomo”. La fame che Gesù viene a sfamare è ben più grande, pur non sottovalutando il valore del pane! L’ uomo non può impostare la sua vita solo attorno alle cose, pena il fallimento della vita stessa. Basta guardare la storia per rendercene conto!
L’ altra quella del potere, quanti lo desiderano. Assomiglia molto alla prima tentazione, quella dell’ inizio, in cui il diavolo suggerisce all’ uomo, di fronte alla proibizione che gli era stata data: “Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”.(Gn3,5).
E la risposta di Gesù è: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Richiama il decalogo: “ Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, in schiavitù: non avrai altri dèi all’infuori di me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.”(Es 20,2-5).
Oggi sono molte le divinità con le quali noi soppiantiamo Dio, ma quella che si sta diffondendo, come un virus che si allarga a macchia d’ olio è quella di demolire Dio per sostituirlo con l’ uomo.
L’ ultima tentazione è quella di essere un Messia che stupisca, che adoperi i miracoli come gesti strumentali per stupire,impressionare.
E la sua risposta: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”.
Una tentazione alla quale tante volte anche noi cediamo: Se Dio ci fosse …
Se Gesù fosse davvero quello che dice …
A questa domande Gesù non risponde, ricordiamo quello che gli viene detto quando è sulla croce: “Scendi e crederemo” e il ladrone: “ Se sei Cristo …” Gesù risponderà all’ altro che si abbandona e non chiede nulla :
“ Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”, “ oggi sarai con me …”
Il deserto e le tentazioni a cui Gesù è sottoposto ci dicono quale Messia sia! Il messia umile e povero, apparentemente debole, che si china a servire e che si dona fedele al Padre e alla missione che il Padre gli ha affidato: “Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Allora carissimi gettiamo la maschera di un cristianesimo di comodo, del perbenismo di facciata in questi quaranta giorni attraversiamo anche noi il deserto per riscoprire non un Dio tiranno, ma, assieme a Gesù, un Padre che ci ama e apre a noi le braccia della misericordia. Riscopriamo la preghiera, le opere di carità, senza ipocrisie, intraprendiamo un cammino di libertà, come ci ricorda il digiuno. Quaranta giorni benedetti in cui mostrare il nostro vero volto, senza artifici, trucchi, senza maschere è Quaresima!
Anche se “il mondo” continua ad osannare il carnevale, ma non sarà sempre l’ ora dell’ “orgia dei gaudenti e dei buontemponi”.
Deo gratias, qydiacdon.