Nel granaio i sacchi di grano erano tutti allineati. I chicchi, stretti l’uno accanto all’altro, stavano felici al caldo e passavano le giornate ricordando, con un po’ di nostalgia, il sole e l’aria aperta, la brezza che li cullava quando ancora erano nelle spighe e la gioia dei contadini nei giorni della mietitura. Di notte sognavano. Al mattino si raccontavano i sogni: – Io ho sognato che venivo stritolato, insieme a voi, da un’orribile macchina, fino a diventare una polvere bianca, bianca e fine, fine … –
– Anch’io ho avuto lo stesso sogno – diceva un grande chicco – però state a sentire come è continuato. La polvere bianca, che ero diventato, veniva bagnata con acqua e impastata. Poi ho sentito un grande calore. E mi sembrava di essere diventato un pane fresco e profumato. Mi son trovato nelle mani di un bambino. Questo mi ha dato un morso e in quel momento mi sono svegliato.
– Una cosa strana. Anche tanti altri chicchi avevano fatto lo stesso sogno.
– Io, invece – disse un terzo chicco – ho avuto un sogno del tutto diverso, molto triste, che mi ha fatto stare male tutta la notte. Ho sognato di venire seppellito sotto terra, insieme a tanti altri chicchi. Il freddo della terra mi ha fatto svegliare … Beati voi che avete sognato di essere diventati pane e di aver fatto felici i bambini che hanno fame. Io non voglio andare a marcire sotto terra -. E una lacrima gli scendeva dagli occhi.
Gli altri chicchi lo consolavano dicendo che era soltanto un sogno e che, forse, la notte seguente anche lui avrebbe fatto un sogno più bello.
I giorni intanto passavano tra ricordi e speranze per il futuro.
Un mattino presto, i chicchi di un sacco furono svegliati di soprassalto da un forte scrollone. Era il contadino che li caricava su un carro per portarli nel campo.
L’aria era fresca e pungente, la terra, arata di fresco, fumava sotto i primi raggi del sole. I chicchi di grano sentirono le mani ruvide e callose del contadino che li prendeva.
Non avevano neppure avuto il tempo di chiedersi: “Che cosa sta succedendo?” che, dopo un piccolo volo che mozzò loro il fiato, si trovarono adagiati nei solchi di terra soffice e umida.
Solo allora compresero la loro sorte e che per tutti loro si stava avverando il sogno avuto dal loro compagno.
Infatti, poco dopo tempo, sentirono che la terra veniva rimescolata. Un ultimo sguardo al cielo, un’ultima boccata d’aria, poi si trovarono sepolti nel buio.
Un solo chicco era sfuggito a quella sorte: quello che aveva sognato di essere solo. Era caduto ai margini del campo, nell’incavatura di un sasso. Il luogo era sicuro, asciutto, come una piccola stanza fatta su misura.
Al vedere i suoi amici che venivano sepolti, ebbe un momento do commozione, ma si consolò subito pensando alla fortuna che gli era toccata: “Poveretti – pensava tra sé – non meritavano di finire così male!”.
Le prime piogge d’autunno cominciarono a cadere e il chicco solitario dal suo nascondiglio ascoltava il coro di gemiti e di sospiri che salivano dalla terra. Erano i suoi amici che stavano per morire.
Poi era venuta la neve e un bianco silenzio era sceso sui campi; un silenzio rotto soltanto dai sibili del vento e dall’ululare dei cani dei casolari vicini.
Per il chicco solitario i giorni non passavano mai. Non aveva nessuno con cui parlare. Anche durante la notte non aveva più sogni. La noia e la tristezza lo prendevano, ma poi si consolava pensando che lui, almeno, era ancora vivo. Finalmente l’inverno passò.
Il sole di primavera fece sciogliere le nevi e il chicco solitario con stupore si accorse che tutto il campo era ricoperto di esili steli verdi. Li sentiva discorrere felici, ma non riusciva a capire che cosa si dicevano. Con l’estate, gli steli erano diventate spighe dorate con tanti chicchi di grano, che cantavano felici al vento.
Mentre il chicco solitario era ancora solitario e triste nel suo nascondiglio.
( da “il segreto della vita di Bottino – Kannheiser – Ruspi)