Il prossimo autunno, quando vedrete le oche selvatiche puntare verso sud per l’inverno in formazione di volo a V, potrete riflettere su ciò che la scienza ha scoperto riguardo al motivo per cui volano in quel modo.
Quando ciascuno uccello sbatte le ali, crea una spinta dal basso verso l’alto per l’uccello subito dietro. Volando in formazione a V, l’intero stormo aumenta l’autonomia di volo di almeno il 71% rispetto a un uccello che volasse da solo.
Coloro che condividono una direzione comune e un senso di comunità arrivano dove vogliono andare più rapidamente e facilmente, perché viaggiano sulla spinta l’uno dell’altro. Quando un’oca si stacca dalla formazione, avverte improvvisamente la resistenza aerodinamica nel cercare di volare da sola, e rapidamente si rimette in formazione per sfruttare la potenza di sollevamento dell’oca davanti.
Se avremo altrettanto buon senso di un’oca, rimarremo in formazione con coloro che procedono nella nostra stessa direzione.
Quando la prima oca si stanca, si sposta lateralmente e un’altra oca prende il suo posto alla guida. E’ sensato fare a turno nei lavori esigenti, che si tratti di persone o di oche in volo verso sud. Le oche gridano da dietro per incoraggiare quelle davanti a mantenere la velocità. Quali messaggi mandiamo quando gridiamo da dietro?
Infine (e questo è importante), quando un’oca si ammala o viene ferita da un colpo di fucile ed esce dalla formazione, altre due oche ne escono insieme a lei e la seguono giù per prestare aiuto e protezione. Rimangono con l’oca caduta finché non è in grado di volare oppure finché muore; e soltanto allora si lanciano per conto loro, oppure con un’altra formazione, per raggiungere di nuovo il loro gruppo.
Se avremo il buon senso di un’oca, ci sosterremo a vicenda in questo modo.
Pasquale Ionata, Armonia cercasi. Come vivere in equilibrio tra istinto e spirito, p. 82-83
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Una traccia per la riflessione.
La chiesa dovrebbe essere come la formazione a V delle oche, ma quanti cristiani vogliono volare da soli, quanti abbandonano la formazione subito dopo la Cresima e non vi rientrano, perché pensano che possono fare da soli, o che il rapporto con il Signore debba essere solamente qualcosa di personale, di intimo, che ognuno può costruire a suo piacimento. Non si rendono conto che così la loro vita sarà più faticosa, corrono il rischio di non arrivare alla meta, di perdersi lungo la strada.
Nella formazione a V, nella Chiesa, ci si sostiene a vicenda, [o meglio ci si dovrebbe sostenere], e chi ci accompagna ci incoraggia. E tu stai incoraggiando chi percorre la strada della fede assieme a te?
Se a qualcuno accade qualcosa, non lo si dovrebbe abbandonare per strada, (Gesù ci ha indicato “la correzione fraterna”, non la lapidazione immediata, come fanno tanti che appartengono alla nostra stessa “formazione”). Si rimane accanto a chi soffre,( e la Chiesa lo ha fatto in questi oltre 2000 anni, attraverso tante persone generose. Pensiamo a quanti santi della carità, e non solo quelli del calendario. Quanti cristiani si adoperano per gli altri, anche qui in parrocchia. Tutti quelli che operano nella Caritas, ad esempio, i ministri che portano la comunione ai malati …).
Non perdiamo mai il contatto con “la formazione”, la grande famiglia dei figli di Dio: la Chiesa!
Noi cristiani, saremo meno delle oche? (dqy)