• Vegliare è una delle parole che ci vengono proposte in questa liturgia della 1 Domenica di Avvento, tempo di speranza. Avvento che cade in un momento particolare di sofferenza, di dolore per tanti. Un vegliare che non è solamente guardare ai numeri, ai dati che quotidianamente ci vengono proposti dai media per vedere come è la situazione pandemica, a detta degli esperti. Un vegliare solamente terreno, umano terreno ma un vegliare alzando anche gli occhi al cielo, come ci ricorda il profeta Isaia nella prima lettura: Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti.
Vegliare che significa allo stesso tempo essere certamente all’ erta, ma anche attendere. Un attendere qualcuno, perché il grido del profeta Isaia non è rimasto inascoltato, Dio lo ha accolto è ha mandato il suo Figlio, che venuto storicamente oltre 2000 anni fa continua a venire quotidianamente nella nostra storia e occorre sapere cogliere i segni della sua presenza. Tornerà il Figlio alla fine del tempo e della storia e a Lui dovremo rendere conto di quel “potere e di quei compiti che il Signore ci ha affidato ordinando di vigilare” come dice il Vangelo.
Non dobbiamo dimenticare che, venendo fra noi, Dio ha superato quelle distanze che l’uomo, anche se va su Marte non riesce a superare e che in questo modo si coinvolge totalmente con la famiglia umana.
Vegliare significa inoltre vivere un’attesa, vivendo quegli atteggiamenti che il Signore stesso ci ha insegnato: amore che diventa servizio, impegno, determinazione. Tutto questo non a buon mercato, ma attraverso lotte, fatiche, rinunce, dicendo no a disimpegno e indifferenza.
• Prendere coscienza della propria insufficienza. Oggi come oggi
l’insufficienza e l’impotenza dell’ uomo nel contesto attuale che stiamo vivendo in cui la divinità scienza arranca e si mostra quanto mai assai fragile e imprecisa mette a nudo tutta la nostra piccolezza, la nostra fragilità non solo da un punto di vista fisico e psicologico, ma anche spirituale. Limitati nelle nostre libertà individuali, ma anche quelle spirituali e religiose, messa della natività compresa con tutta la polemica che ne consegue. Avvertiamo tutti che ci manca qualcosa, qualcuno la chiama libertà, ma io lo chiamo Dio, perché senza Dio non c’è speranza e la vita è una vita a tempo senza una prospettiva di eternità a cui tutti aspiriamo e che avvertiamo solo quando ci incontriamo con la Morte.
E Gesù viene proprio a infondere speranza e a togliere ciò che cancella la speranza nel cuore dell’uomo che è il peccato.
• Cambiamento – conversione. Il tempo di Avvento vuole anche scuotere la nostra sonnolenza spirituale. Questo torpore delle fede che ci assale ritenendoci in regola nei confronti di Dio perché poi tutto sommato non facciamo niente di tanto male, così come spesso non facciamo niente di tanto bene. Quindi viviamo una fede che non ha radici profonde, che dà troppo per scontato che la misericordia di Dio è certamente grande, ma Dio è anche giusto. Ecco allora, che nella sua misericordia ci offre ancora questa occasione, questo nuovo tempo per incontrarlo.
• Preghiera. Il cambiamento, la conversione sono opera di Dio ed avvengono se noi lasciamo agire la sua grazia in noi, ecco quindi la necessità della preghiera, questo intimo colloquio che ci permette di aprire sempre di più il nostro cuore e la nostra vita a Lui. La preghiera permette di rendere il nostro cuore come la mangiatoia di Betlemme che accoglie il Dio bambino. “Allora il credente, che sa come Dio agisce nella storia, veglia, cioè si fa educare dalla Parola di Dio e si prepara all’ incontro con il suo Signore. E’ l’invito di questa Domenica: vegliare, prendere coscienza che il tempo è breve e quindi la conversione urgente e non dilazionabile.”( Card. Angelo Comastri)
Deo gratias, qydiacdon
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