L’insegnamento della Religione Cattolica è tornato al centro della discussione per via della presentazione in Parlamento della legge sull’”omotransfobia”. Prevedendo il carcere per una non meglio precisata “istigazione all’odio”, il provvedimento sta preoccupando seriamente migliaia di insegnanti di Religione Cattolica. La Nuova Bussola Quotidiana ha intervistato Nicola Incampo, direttore dell’Ufficio Scuola della diocesi di Tricarico (Matera), autore di diversi testi di religione adottati nelle scuole italiane e responsabile dell’area IRC del sito CulturaCattolica.it
Professore, se la legge sull’omotransfobia venisse promulgata, potrebbero esserci delle conseguenze per gli insegnanti di religione?
La ricaduta sulla scuola e sugli IdR in particolare, sarebbe pesantissima.
Ci spieghi.
Già con la legge 107, la cosiddetta “Buona scuola”, l’ideologia gender era entrata nelle scuole dalla porta principale. Con una serie di rimandi, il comma 16 rinviava all’applicazione di un “Piano d’azione straordinario” dal tenore inequivocabile.
Ce lo ricorda?
Al paragrafo 5.2 del “Piano”, ad esempio, si leggeva questo diktat raggelante: «Obiettivo primario deve essere quello di [..] superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazzi e ragazze, bambine e bambini, sia attraverso la formazione del personale della scuola e dei docenti, sia mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa». Più chiaro di così…
Che si tratti di un approccio teso a rimodellare l’identità sessuale a tutte le fasce d’età è abbastanza palese. Ma con la nuova legge cosa cambierebbe?
Tutto. Saremmo di fronte ad un salto di qualità devastante: Se prima un insegnante – di religione o di lettere che sia – facendo da scudo poteva respingere alcuni progetti Lgbtq, sottoponendo magari al Collegio docenti le proprie perplessità in ordine alla finalità, alla ricaduta sugli alunni, alle associazioni proponenti, nella maggior parte dei casi con la nuova legge non sarebbe più autorizzato a farlo.
Nel concreto, se per esempio un IdR parlasse a scuola del valore intrinseco della famiglia fondata da uomo e donna affermando che quello è l’unico modello di famiglia?
Starebbe difendendo un disvalore. Per cui l’autorità alla lunga sarebbe obbligata a metterlo a tacere, ad accompagnarlo alla porta. Sembra assurdo ma è solo consequenziale. Pochissimi l’hanno capito.
Professore, pare un po’ esagerato?
Le racconto una mia esperienza. Recentemente sono stato ad una Tavola rotonda con un direttore regionale del Miur. A un certo punto si parla di famiglia come valore da proteggere e valorizzare, che poi è quello che faccio nelle mie lezioni. Subito il direttore del Miur mi blocca: «Ma la famiglia che sta descrivendo è quella a cui pensa lei, non quella a cui si riferisce la Scuola».
E lei?
Gli ho semplicemente risposto che sono un insegnante di Religione Cattolica e che quindi l’alunno e la famiglia mi hanno scelto non per sapere quello che lo Stato pensa della famiglia. Nel Concordato è scritto che lo Stato offre la possibilità di avvalersi di questa disciplina perché in Italia, piaccia o no, tutto è impregnato di cristianesimo, e di cattolicesimo in particolare. Che l’alunno sappia qual è il valore della famiglia per la Chiesa cattolica (e perché) è esattamente il mio compito, il mio dovere di insegnante di Religione Cattolica.
Credo che un IdR che facesse l’apologia delle famiglie arcobaleno, calpestando così le Sacre Scritture, dal suo vescovo non potrebbe neanche ricevere l’Idoneità all’insegnamento. Giusto?
Certo. Aggiungo che l’IdR non racconta agli alunni quel che pensa lui della Religione Cattolica ma quello che dice la Chiesa. La mattina io e migliaia di colleghi sparsi per l’Italia entriamo in classe perché gli alunni hanno scelto di conoscere i contenuti essenziali della Religione Cattolica.
La nuova legge non rischia anche di alimentare uno stigma e un discredito inediti riguardo alla figura dell’insegnante di Religione Cattolica?
Sì, perché l’IdR su molti “Principi non negoziabili” – parliamo quindi del cuore della nostra religione – non farà altro che dire in classe quello che la scuola è obbligata a non dire più. Diventerebbe emarginazione e razzismo quello che l’IdR propone da sempre come valore. Ripeto: dopo il nuovo scenario valoriale disegnato per la nostra società dalla legge sull’omotransfobia, un IdR che voglia continuare a essere tale porterà avanti molti “disvalori”.
Fermiamo per un attimo quello che sembra uno scenario da incubo. Ogni IdR sa che dall’Accordo di revisione del Concordato (legge n.121 del 1985) l’inserimento nella scuola dell’insegnamento della Religione Cattolica è giustificato da due motivazioni: «nel valore della cultura religiosa», e nel fatto che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano». Conferma?
È esattamente così. La prima motivazione è una dichiarazione di principio, la seconda è addirittura il riconoscimento di un dato di fatto.
Scusi, ma allora di quali “valori” e di quali “principi del cattolicesimo” si potrebbe ancora parlare? Visto che in questo modo il Concordato rimarrebbe una scatola vuota, non è che si vuole puntare ad una sua ulteriore revisione?
L’operazione è più sottile e, insieme, più diabolica. Mi segua. Bisogna sapere che mentre nel Concordato del 1929 la Religione Cattolica, con una bella espressione, era definita come «fondamento e coronamento della formazione dell’uomo e del cittadino», nel concordato dell’84 firmato da Casaroli e Craxi, si dice che – faccia attenzione al punto – la Religione Cattolica «rientra tra le finalità della scuola».
Quindi?
Ecco, se riesco ad inserire i nuovi “valori” veicolati dalla legge Zan-Scalfarotto-Boldrini nel PTOF (Piano Triennale Offerta Formativa), cioè il più importante documento programmatico di ogni Istituto scolastico, la nuova visione della famiglia e quella di un’identità sessuale sempre più fluida, diventerebbero esattamente le “finalità della scuola” da perseguire. In pratica non farei altro che attuare il nuovo Concordato. E lasci perdere che il contenuto sarebbe diametralmente opposto. Conta la forma.
Tra l’altro la legge vuole istituire per il 17 maggio di ogni anno la “Giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”. Nell’occasione – si legge nel testo unificato – «sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado».
Chi conosce la scuola trema di fronte a quel «in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado». Per chi oserà opporsi? Disprezzo pubblico, carriera finita e rischio arresto. Non avremo più insegnanti ma veri e propri martiri.
Un martirio bianco.
Esattamente. Oltre ad impedire il dissenso, a bollare come “istigatore di odio” chiunque oserà opporsi a questo progetto di ingegneria sociale, oltre a misure surreali come il ritiro del passaporto e il carcere fino a sei anni, basterebbe davvero sostare sul riferimento così enfatizzato alla scuola per non avere dubbi sull’autentica finalità totalitaria della legge: rieducare i nostri ragazzi in direzione lgbtq+.
Ad avviso di chi, come lei, combatte in prima linea, la Chiesa italiana sta facendo la sua parte?
Il comunicato con cui la CEI ha fortemente stigmatizzato la pericolosità della legge è stato un raggio di sole graditissimo. In generale però questa nostra Chiesa – spiace tremendamente dirlo – si sta trasformando in un sindacato. Oggi è difficilissimo essere cattolici. Anche il vescovo spesso non esercita più il munus di vescovo. Quando lo faccio notare mi rispondono così: «Il mio vescovo però va col motorino». Non parliamo di certa stampa cattolica. Della spaventosa legge-bavaglio sembrano più preoccupate Arcilesbica o le femministe di “Se non ora quando” che Avvenire. E non è una battuta. (Leggere qui, Ndr)
A questo punto cosa bisognerebbe fare?
La cosa più urgente è informare gli insegnanti di religione del pericolo imminente. Chi guida la scuola, cioè gli Uffici diocesani, non aspettino la promulgazione della legge. Informino subito gli IdR che molti pilastri del nostro credo, in questo irreale rovesciamento della realtà, rischiano di diventare qualcosa di spregevole agli occhi della società. Ognuno, poi, apra gli occhi a più persone possibili. L’11 luglio in 100 città c’è la possibilità di scendere in piazza con le Sentinelle in Piedi.
Sinceramente, professore, visti i numeri in Parlamento e lo schieramento dei mass media apertamente favorevole alla legge sull’omotransfobia, pensa che il pericolo potrà essere scongiurato?
Qualche anno fa un team di esperti – il cosiddetto Gruppo di Vallombrosa – si riunì per tentare di trasformare l’insegnamento della Religione Cattolica in quello di Storia delle religioni. Con l’aiuto di don Gabriele Mangiarotti facemmo saltare il piano. Eravamo solo in due. Ora sono tornati alla carica con un pericolo molto maggiore.
Cosa sta cercando di dire?
Che la verità possiede una forza intrinseca destinata a far crollare ogni ubriacatura ideologica. Il punto, però, è che la verità cammina sulle nostre gambe. Dev’essere chiaro che quanto a libertà siamo ad un “punto di non ritorno”. C’è bisogno di un surplus di coraggio da parte di tutte le persone di buona volontà.
Valerio Pece in la NBQ