Celebrare la festa del Corpo e del sangue di Cristo, significa riconoscere la presenza reale di Gesù nel Sacramento dell’ altare, fonte e culmine di tutta la vita della chiesa e di ogni cristiano. Questo implica da parte nostra delle responsabilità!
La presenza reale di Gesù nell’ Eucaristia obbliga a confrontarci con Gesù e se il nostro modo di essere, di agire, di parlare, di vedere e di avvicinarci agli altri è quella di Gesù.
Gesù non ci ha lasciato un codice di comportamento, e basta, ma molto di più, un modo di essere e di porci nel mondo e nei confronti del Padre, di Dio, che deve sempre più assomigliare al suo. Nella seconda lettura, Paolo trasmette quella che è l’ istituzione dell’ Eucaristia, fondamento e anima della vita della Chiesa. Lo fa non in una discussione teologica astratta, ma rivolgendosi ad una comunità concreta, reale, divisa e agitata su tante questioni: il rapporto fra la sapienza del mondo e la sapienza che nasce dalla fede, un caso di incesto e la relazione fra matrimonio e verginità, la fornicazione, tant’è che Paolo arriverà a dire:
“ Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il Regno di Dio”.
I Corinti, credendosi dei “sapienti” e degli illuminati venivano a trascurare quello che è l’ evento fondante dell’ essere cristiani: la Pasqua di Cristo alla quale noi partecipiamo in ogni Eucaristia. Può essere che questo accada anche oggi per tanti di noi.
Papa Paolo VI afferma: “ Nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino hanno cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il sangue adorabile del Signore Gesù”( Paolo VI, Professione di fede del 30.6.1968).
(…) Il mistero della presenza, ( di Gesù), è all’ origine di atteggiamenti, la contemporaneità dei quali è più facile da affermare che da spiegare: la confidenza nel Dio vicino, consolatore, salvatore, amico, ma insieme l’ adorazione profonda di stare alla presenza: “ Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo” ( Es 3,5).
Noi non ci togliamo i sandali, materialmente, ma ogni volta che partecipiamo
all’ Eucaristia, alla Messa, dovremmo avere questa consapevolezza e questo atteggiamento spirituale.
Togliersi i sandali significa se c’è consonanza tra quello che si riceve nell’ Eucaristia e l’ orientamento della propria vita, senza dire che l’ Eucaristia non è un premio per i perfetti: è vero, è il cibo per noi pellegrini in cammino, consapevoli di essere peccatori, ma non irresponsabili o inconsapevoli che noi non siamo alla presenza di qualcosa, ma di qualcuno, che è il Signore Gesù cibo per la nostra vita, per il mondo, perché abbiamo la : “Vita eterna”.
Forse oggi si sta perdendo questa consapevolezza all’ interno delle nostre comunità, e ci si accosta al Corpo e al sangue di Cristo, con molta leggerezza, con sufficienza scivolando verso una visione un po’ protestante. Vi è un rispetto che dobbiamo alla Santa Eucaristia che va ben oltre a quelle che sono le norme, sempre da rispettare in vero spirito di carità, che è costituito dalla consapevolezza di quello che Essa stessa è: la presenza vera, reale di Cristo.
La presenza di Cristo nell’ Eucaristia appartiene alla fede della Chiesa ed è il punto “non negoziabile”.
Per questo” Ciascuno esamini se stesso e poi mangi del pane e beva del calice, perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”. Aggiunge Paolo subito dopo il testo che abbiamo letto.
Il modo indegno di cui parla Paolo è quello della divisione, dell’ egoismo,
dell’ antagonismo con Dio e con il prossimo, è quello del peccato. Non dobbiamo dimenticare che Gesù presente nell’ Eucaristia è il modello e l’ incipit, l’ inizio, di una vita donata, offerta a Dio ( il Padre) e ai fratelli, nello Spirito Santo.
Se l’ orientamento della propria vita comporta peccati gravi o una condizione non secondo l’ insegnamento della Chiesa, cade la consonanza tra ciò che si è e ciò che si riceve. Accostarsi all’ Eucaristia diventa “ oggettivamente”, voglio adoperare una parola forte, un sacrilegio. Astenersene, d’ altra parte, desiderarlo e non poterne avere, diventa una spinta a camminare sulla via della conversione.
Sono parole severe, ne sono consapevole, ma non dimentichiamo che “ Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me”( Paolo ai Galati 2,20). Forse è la mancanza di consapevolezza di questo grande amore risanatore, che diventa per noi così scontato, che ci impedisce di accostarci a Gesù Eucaristia con quella grande umiltà e consapevolezza che nel corso di più di duemila anni di cristianesimo ha distinto non solo i santi che veneriamo, ma tante anime semplici e ferventi, consapevoli che “ senza di Lui, ( Gesù), non possiamo fare nulla”.
Allora con questo spirito, rivediamo la nostra vita, il modo di accostarci al Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo e non dimentichiamo che Gesù sempre ci attende nel tabernacolo per ascoltarci, sostenerci, illuminarci e sollevarci.
Riscopriamo la sua presenza anche al di fuori della Messa, in modo che Egli non rimanga solo, ancora una volta, a pregare il Padre, come nell’ orto degli ulivi.
Un pensiero ai ministri della Chiesa.
Nel Vangelo leggiamo: “Date voi stessi da mangiare”. In quel dare da mangiare dobbiamo andare oltre alla soddisfazione di una fame materiale, che è importante e doverosa, certamente, ma è riferito, per analogia, al ministero sacerdotale attraverso il quale Gesù si rende presente nell’ Eucaristia. Preghiamo per i nostri sacerdoti affinché abbiano sempre la consapevolezza e l’ umiltà del grande compito che è stato loro affidato e così lo sappiano porgere al popolo di Dio, con quell’ amore con cui Cristo si è offerto per noi al Padre.
Soli Deo gloria, qydiacdon.