Di fronte a certi fatti di cronaca, accidentali o causati dell’ uomo, noi spesso rimaniamo interdetti e ci chiediamo il perché. Esattamente come accade nel Vangelo di oggi che ci riporta due fatti di cronaca accaduti al tempo di Gesù.
La mentalità del tempo riteneva che le disgrazie che accadevano fossero il risultato di qualche grave peccato commesso dalle vittime.
Questa mentalità non è poi scomparsa del tutto anche oggi, quante volte sentiamo dire: “ ma cosa ho fatto di male, o cosa hanno fatto di male per meritare questo?”
Ricordiamo la domanda che viene posta a Gesù davanti al cieco nato: “… e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio.”
Dio ci mette in guardia dalla pretesa di volere capire tutto. Quando accadono certe cose la ragione umana non trova risposta; soprattutto di fronte al mistero del dolore, della sofferenza, della prova, occorre che noi ci accostiamo in punta di piedi, con umiltà, senza arroganza e con la pretesa di avere risposte, quasi fossimo noi Dio.
Viene alla nostra mente, al nostro cuore la domanda: “ cosa fa Dio di fronte a quello che accade?
Occorre calarci in una prospettiva diversa.
Di fronte a certi accadimenti, allora, è meglio interrogarsi sul senso della vita e della storia umana, sulla sua precarietà per farne tesoro, riprendere consapevolezza e agire di conseguenza.
È quello che ci invita a fare Gesù invitandoci alla conversione.
Quante volte all’ inizio e durante la Quaresima sentiamo quest’ appello alla conversione e poi l’ anno dopo ci ritroviamo di nuovo a dovere ripartire, magari dallo stesso punto. Premesso che la conversione è un atteggiamento che accompagna tutta la vita del cristiano, credo che sia importante riflettere su un aspetto, che spesso tralasciamo.
Dio sta sempre all’inizio. Egli non solo ci accompagna, ma ci precede, questo anche per quello che riguarda la con-versione. Il protagonista non è il nostro sforzo umano e la nostra volontà, ma Dio che suscita e richiede la nostra corrispondenza. È sempre la grazia che ci previene e ci invita a pregare sinceramente, a confessarci bene.
Noi pensiamo di dovere fare tutto da soli, così facendo, spesso, non lasciamo agire la grazia di Dio in noi!
Anzi ce ne dimentichiamo proprio e trascuriamo di andare ad attingere alla fonte della Grazia, che è lo stesso Gesù, attraverso i Sacramenti, trascurando la nostra vita spirituale. In questo modo non solo non progrediamo in quello che deve essere un’ atteggiamento costante della vita del cristiano, ma rimaniamo fermi al punto di partenza.
Non comprendiamo l’ urgenza della nostra disponibilità e del nostro impegno al cambiamento perché: “non sappiamo né il giorno né l’ ora”, guai, quindi a farci cogliere impreparati.
Il Signore, attende che il seme di Grazia che abbiamo ricevuto nel giorno del nostro Battesimo fruttifichi, come quel tale che attendeva i frutti del fico che aveva piantato nella sua vigna. Qual’è la realizzazione dell’ albero fruttifero se non quello di produrre frutti, se no non serve a nulla, quindi meglio tagliarlo, almeno servirà come legna da ardere.
“Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco.”(Mt 7,19). Cerchiamo, quindi, guidati dalla preghiera, dall’ ascolto della parola di Dio, operosi nell’ amore di dare frutti degni di conversione nel tempo della nostra vita, che è il tempo della pazienza di Dio, ma stiamo attenti a non abusarne.
Oggi la pazienza è una virtù che non è più di moda. Oggi vige il tutto subito. Allora, sulla Parola che ci viene rivolta, in questo nostro itinerario quaresimale perché non ci esercitiamo a recuperare e vivere questa bella virtù, che produce frutti inimmaginabili.
“Nell’inno alla Carità S. Paolo, nel delineare la concezione cristiana dell’amore, inizia così: “La Carità è paziente”, e termina con questa affermazione: “La Carità sopporta tutto” (l Cor. 13,4.7).
Dunque Dio è paziente, e il cristiano è chiamato ad essere paziente; nella pazienza si compie una prima necessaria dimensione della Carità. E se la vita cristiana si identifica con la vita nella Carità, non c’è bisogno di aggiungere molto, per comprendere l’importanza di quell’atteggiamento che và sotto il nome di pazienza.” ( Scriveva mons, Gilberto Baroni già vescovo di Reggio Emilia).
Nella pazienza il seme germoglia, l’ albero cresce e produce frutti, ma non per se. Così anche noi siamo chiamati a produrre frutti di vera conversione, non per noi stessi, per sentirci buoni, più bravi, ma “perché vedendo le nostre opere buone gli uomini rendano gloria al Padre Nostro che è nei cieli.” (cfr. Mt 5,16) . Quel Dio che non solo ci rivela il suo nome, ma che c’è, è presente è accanto a noi, è in noi per difenderci, guidarci proteggerci e illuminarci.
Deo gratias, qydiacdon