Michael Jackels, arcivescovo di Dubuque, ha scritto un messaggio alla sua diocesi suggerendo due alternative alla sepoltura classica, per “salvare” il pianeta: l’idrolisi alcalina e il compostaggio. Un’idea che si inchina all’utilitarismo del mondo e ignora che la sepoltura è “segno” con cui si confessano precise realtà di fede trasmesse dalla Bibbia.
Un vescovo decide di inviare, in prossimità della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, un messaggio alla sua diocesi. Titolo: Alternative ai metodi tradizionali di sepoltura (qui l’originale e qui la traduzione in italiano). In tempi normali ci sarebbe da rallegrarsi che un pastore abbia a cuore che le proprie pecorelle comprendano il senso profondo dell’inumazione e che prendano le distanze dalle alternative, come la cremazione, ormai molto diffusa, la quale, anche quando vi si ricorre senza negare il dogma della risurrezione della carne o mancare di rispetto per quel corpo che è stato tempio dello Spirito Santo, dal punto di vista del segno si allontana fortemente dal significato espresso dall’inumazione.
In tempi normali, appunto, non nel nostro tempo. Perché monsignor Michael Jackels, arcivescovo di Dubuque, negli Stati Uniti, ha invece pensato bene di spronare i fedeli a forme alternative di sepoltura, decisamente più green. La lettera di Jackels è perfettamente in linea con la metodologia “eco” che fa della descrizione catastrofista della situazione attuale la sua chiave di volta, e scarica immancabilmente sull’essere umano la responsabilità di tutto. Già, perché per il vescovo di Dubuque, sull’uomo pesa la colpa di inquinare l’ambiente non solo da vivo, ma anche da morto. Leggere per credere: «Nel mondo, ogni secondo muoiono due persone. Negli Stati Uniti ogni anno muoiono circa 2,5 milioni di persone. Ciò rende la questione delle pratiche di sepoltura un problema ambientale significativo. Si stima che più di 130 miglia quadrate di terra saranno necessarie per le sepolture in terra delle persone che si prevede moriranno nei prossimi vent’anni». Insomma, il pianeta Terra è destinato a divenire un cimitero.
Ma questo è nulla perché, se gli uomini si ostinano a farsi inumare, le risorse naturali vengono sprecate «per produrre bare, il terreno viene riempito di cemento per le volte, e l’acqua freatica viene inquinata dai rifiuti dell’imbalsamazione». Un bel problema. Se la cremazione potrebbe sembrarvi una ragionevole via d’uscita a questa drammatica situazione, vi sbagliate di grosso. Perché è vero che si risparmia terreno, «ma una singola cremazione usa circa trenta galloni di carburante, e sia la combustione che il corpo stesso rilasciano sostanze inquinanti nell’aria». Nemmeno prendere la salma, metterla sotto terra, evitando accuratamente di sprecare risorse per fare una lapide, accontenta il vescovo zelante, perché rimarrebbe pur sempre il problema spaziale: «Consuma ancora terra».
Insomma, campare a lungo significa erodere per troppo tempo le risorse del pianeta, ma anche la morte appare come l’ultimo sfregio fatto a Madre Terra. Che fare, dunque? Una soluzione c’è, anzi due: idrolisi alcalina e compostaggio, già respinte dai “colleghi” vescovi di Jackels (vedi qui). Ve lo spiega l’arcivescovo, che in questo caso non ama la comunione con la propria Conferenza episcopale: «Un’altra opzione è chiamata idrolisi alcalina: una combinazione di acqua calda, liscivia, aria compressa e circolazione usata per liquefare un cadavere in poche ore, cadavere che può poi essere smaltito in modo sicuro nel terreno». Oppure il compostaggio: «Il corpo viene messo in un contenitore, coperto con trucioli di legno, paglia ed erba medica, usando il calore per uccidere i batteri e il flusso d’aria per la decomposizione». E poi diventare un terriccio fertile fertile, che genera nuova vita (qui un video di ideale pia cerimonia di compostaggio). Pensate che sollievo: uscire in giardino e chiedere, davanti a un albero: “Nonno, posso prendere una mela dal tuo ramo”?
Se leggendo queste cose, avvertite un senso di ripugnanza, se vi sembra che la riduzione del corpo umano a rifiuto organico sia un tantino irriverente, ci pensa mons. Jackels a soffocare i moti della vostra coscienza cattolica: «Tutto ciò è più offensivo del processo coinvolto nell’imbalsamazione del corpo, nel vestirlo come una bambola per bambini, e applicargli il trucco? O è più offensivo dell’uso della Chiesa di tagliare il corpo di un santo in pezzi per le reliquie? E la sepoltura tradizionale non è irrispettosa della buona e verde terra di Dio?». L’importante è solo «la disposizione del liquido o della terra in modo reverenziale, come la corretta disposizione delle ceneri».
Se mons. Jackels avesse anche spiegato che Gesù e la Madonna avevano inventato l’opzione Ascensione-Assunzione per rispettare la «buona e verde terra», avrebbe aggiunto una nota di dogmatica incontrovertibilità alle sue stravaganti argomentazioni. Sarà per la prossima volta.
La posizione dell’arcivescovo di Dubuque non dev’essere ritenuta un delirante assolo: cadremmo nel medesimo errore di chi, anni fa, pensava che quanto oggi ormai vediamo proclamato dal vertice della Chiesa fosse una stravaganza che mai avrebbe trovato accoglienza nel popolo di Dio e nei suoi pastori. Mons. Jackels semplicemente spinge fino in fondo la liquidazione del “segno” nella vita della Chiesa: per lui – e per molti altri – basterebbe salvare a parole la fede nella risurrezione della carne e il rispetto del cadavere del defunto, per poi realizzare il contrario. Esattamente come chi straparla di rispetto del corpo dell’uomo vivente, ma poi giustifica qualsiasi aberrazione sessuale o non difende più l’indisponibilità del corpo umano per finalità sperimentali.
Il cadavere dev’essere sepolto nella terra, come il chicco di grano che, per dare frutto, muore (cfr. Gv 12, 24). Ed è sempre l’idea della semina che ricorre anche in san Paolo: «Si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Cor 15, 42-44). L’inumazione esprime potentemente queste verità rivelate.
L’uomo proviene dalla terra che Dio ha creato, nella quale Dio stesso ha infuso il soffio vitale (cfr. Gn 2, 7); allorché l’alito vitale torna direttamente al suo Creatore, il corpo viene nuovamente affidato alla terra, perché torni ad essere polvere (cfr. Gn 3, 19), in attesa della risurrezione dei morti. L’anima viene direttamente da Dio e a Dio torna direttamente; il corpo viene da Dio, mediante la terra, e, una volta che la morte è entrata nel mondo per il peccato, a Dio ritorna mediante la terra. Non possiamo disporre dei corpi a nostro piacimento.
L’uomo non può essere sottoposto a logiche utilitaristiche e funzionalistiche, non può essere subordinato a quella creazione di cui è signore. Signore del creato, fratello dei suoi simili, creatura di Dio e, nella rigenerazione battesimale, tempio della Santissima Trinità: la sepoltura deve confessare integralmente queste realtà di fede.
Luisella Scrosati in LNBQ