Il comma 16 della riforma della scuola e gli otto disegni di legge volti ad introdurre l’educazione di genere negli istituti di ogni ordine e grado non hanno ancora trovato un sbocco concreto all’interno dei corsi curriculari. Ma in Italia spesso quello che esce dalla porta rientra dalla finestra, ed è così che le strategie di indottrinamento stanno facendo leva sulla grande capacità dell’esperienza teatrale di influire sull’immaginario collettivo dei ragazzi. I simboli, le immagini, la scena e gli attori in carne ed ossa stimolano molte più forme di apprendimento di un semplice testo scritto.
D’altra parte i genitori, in genere, si fidano della scuola frequentata dal figlio e, ai più, spettacoli dal titolo un po’ stravagante come ‘Fa’afafine’ o ‘Di che famiglia sei?’ non destano alcun sospetto per il quale valga la pena di negare l’autorizzazione a mandare il ragazzo a teatro.
Poi invece si scopre che dietro il solito nobile intento di combattere il bullismo e le discriminazioni si celano (ma neanche più di tanto) esibizioni che hanno l’obiettivo di combattere quelli vengono presentati come stereotipi (l’antropologia umana) e di presentare nuovi modelli di identità e di genitorialità a cui tutti possono aderire.
Insomma l’ideologia gender va in scena con i patrocini di diverse istituzioni e il pubblico pagante sono i nostri figli iscritti alle scuole dell’obbligo.
Le ultimi due episodi arrivano da Bolzano e Genova. Nel capoluogo altotesino il consigliere di Alto-Adige nel cuore, eletto nel quartiere “EuropaNovacella”, Diego Salvadori ha raccolto le segnalazioni di diversi esponenti locali di generazione famiglia proprio riguardo alla messa in scena per le scuole medie del suddetto spettacolo ‘Fa’afafine’ (parola usata nelle isole Samoa per indicare gli uomini trans-gender). L’esibizione, ribattezzata anche ‘Mi chiamo Alex e sono un dinosauro’ rientra nel cartellone della rassegna ‘W il teatro’, promossa e finanziata dal dipartimento istruzione della provincia, che ha l’obiettivo dichiarato di “guidare tutta la popolazione scolastica alla conoscenza del teatro e dei suoi linguaggi, attraverso laboratori pensati per le scuole che abbiano la funzione di favorire l’integrazione e la comunicazione con spunti culturali e artistici”.
“Nel corso dell’anno scolastico 2016/2017 W IL TEATRO! – si legge ancora nel sito dell’iniziativa – amplia il suo raggio d’azione arrivando a coinvolgere tutte le scuole, da quelle dell’infanzia agli istituti secondari di secondo grado”. Nella fattispecie ‘Fa’afafine’ sarà proposto in orario scolastico alle scuole medie. Per avere un’idea della pièce basta vederne qualche breve presentazione su youtube, dove viene presentato il protagonista, ovvero Alex, giovanissimo ragazzo con una disforia di genere molto marcata, capita infatti che “i giorni pari è maschio e i giorni dispari è femmina”.
Il leitmotiv di tutta l’opera è dunque il tema della transessualità e della sessualità non definita. Sempre nella presentazione dello spettacolo, viene ribadito che Fa’afafine è un termine “che, nella lingua Samoa, definisce coloro che sin da bambini non amano identificarsi in un sesso o nell’altro, un vero e proprio terzo sesso cui la società non impone una scelta, e che gode di considerazione e rispetto”. Si mette dunque in discussione l’identità sessuata maschile e femminile presentandola come un ruolo di genere imposto dalla società. Temi quanto meno controversi, se non chiaramente antiscientifici, proposti ad un pubblico di 11 anni che, nella maggioranza dei casi, non possiede gli strumenti adeguati a vagliare e formulare una critica ragionata su una proposta culturale di questo tenore.
Oltretutto, stando alle segnalazioni dei genitori, nel proporlo alle classi i dirigenti scolastici si sono guardati bene dallo specificare di cosa si trattasse. Per questo motivo, il consigliere Salvadori ha chiesto che venga fatta un’informativa completa sullo spettacolo e che ai genitori sia data la possibilità di optare per un’attività scolastica alternativa. Per ora, tuttavia, restano in programma circa 200 repliche dello spettacolo che potrebbero raggiungere circa 40mila studenti di Bolzano e provincia.
Come già detto, l’indottrinamento passa anche per il palco di un teatro genovese. Nel capoluogo ligure lo spettacolo, un monologo, è rivolto alle sia scuole medie che alle elementari. Basta dire che ‘Di che famiglia Sei?’ è ideato e proposto da Officine Papage in collaborazione con l’Associazione famiglie arcobaleno. La storia racconta di due bambini separati da un muro, “da una parte le famiglie formate da un uomo e una donna sposati con figli e dall’altra tutte le altre”, e sarà proprio l’amicizia tra i due bambini a far cadere questo muro.
Anche in questo caso la presentazione sul sito della compagnia dice senza giri di parole che “lo spettacolo riflette sull’evoluzione dei legami familiari nella nostra società: famiglie allargate o monogenitoriali, famiglie arcobaleno”.
Non ci è voluto molto, quindi, prima che da numerose scuole arrivassero segnalazioni ai rappresentanti locali del Comitato Difendiamo i Nostri Figli.
Eppure, gli spettacoli appena descritti non sono stare le prime opere teatrali pro-gender ad essere state proposte ad un pubblico di giovani studenti. Generazione famiglia ha raccolto diversi titoli in un dossier che mette a fuoco solo lo scorso anno scolastico. Si va da ‘Cenerentolo’, versione rovesciata della famosa favola, ad ‘La bella Rosaspina addormentata’ che si risveglia è si innamora di quella che in realtà e una principessa dalle sembianze di un principe; e poi ancora ‘Tu Cher dalle stelle che vede il protagonista alle prese con genitori pieni di pregiudizi “che non riescono a vedere che non esistono differenze tra i generi”, per arrivare infine a ‘XXYX’ spettacolo che affronta “l’incapacità di gestire l’indeterminatezza di genere”.
I classici della letteratura per ragazzi probabilmente sono considerati superati e poco funzionali alla destrutturazione dell’identità. Evidentemente questi nuovi alchimisti delle coscienze non hanno capito quale materia hanno fra le mani, e quali corde ed equilibri vanno toccare. Ancora una volta vale dunque la pena ribadire che i bambini non possono essere oggetto di esperimenti sociali.
di Marco Guerra in La Nuova Bussola Quotidiana