“ Se aveste fede quanto un granellino di senapa …” (Lc 17)

Quando Maria Goretti si lasciò pugnalare dal giovane che voleva violentarla, quale speranza aveva nel cuore? La speranza che non avrebbe vinto l’ aggressore, ma la vittima. E così è stato.

Quando il segretario, il 31 maggio del 1963, comunicò a papa GiovanniXXIII che il male era nella fase terminale, il Papa esclamò: “Che bello! I miei piedi sono vicini alla porta del Paradiso”.

Charles de Foucauld ricordando dopo tanti anni, il giorno della sua conversione, esclamò: “Appena credetti che Dio esiste, capii che non potevo far altro che vivere totalmente per Lui. È troppo diverso Dio da tutto ciò che non è Dio”.

Quando Massimiliano Kolbe nell’ estate del 1941 decise di andare a morire per salvare un uomo che neppure conosceva, quale certezza aveva? La certezza della fede, che gli garantiva che la vittoria finale appartiene ai buoni. Così è stato!

Card. A. Comastri: “Una buona notizia per te”

Epulone e dannato – XXVI Domenica ordinario C 2016

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».(Lc 16,19-31)

Domenica scorso Gesù ci sconcertava con quell’ elogio all’ amministratore disonesto e invitava a “ procuraci amici con la disonesta ricchezza, perché quando questa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne”.

Ancora oggi, Gesù mette davanti a noi la figura di questo ricco al quale abbiamo affibbiato il nomignolo di Epulone, anche se in realtà, questo nome non appare nella parabola. Viene ripreso dal mondo pagano. Nell’antica Roma indicava ciascuno dei membri del collegio sacerdotale incaricato di organizzare un convito solenne in occasione dei sacrifici in onore di Giove Capitolino. Diventa poi sinonimo di persona ricca ed egoista, di ghiottone, mangione ( proprio con riferimento al protagonista della nota parabola che si legge nel Vangelo di Luca, 16, 19-31) [ dal latino epulōne(m), deriv. di epŭlum ‘banchetto’].

Nella proclamazione delle Beatitudini che troviamo nel Vangelo di Luca Gesù dice:
Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati” (Lc 6,20-21).” Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete” (Lc, 6,24-25). La parabola è la rappresentazione plastica di quanto detto da Gesù.     Continue reading

“I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 15)

Gesù è meravigliato della poca scaltrezza dei cosiddetti “buoni”. Ha ragione, perché noi “buoni” potremmo rivoluzionare il mondo in poco tempo, ma siamo timidi e paurosi, indecisi e un po’ imbelli. Molti di noi hanno la capacità e i mezzi economici per ribaltare la mentalità imperante e la cultura del consumismo del perbenismo ed invece si fanno soggiogare ed abbagliare da ciò che è insignificante e “impermanente”.    Continue reading

Amministrare secondo il mondo, amministrare secondo Dio? Occorre decidersi – XXV Domenica ordinario C 2016

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». ( Lc 15,1-13)

Gesù, oggi ci narra una parabola che sconcerta. Ad una prima lettura sembrerebbe fare un elogio della disonestà. Nel mondo di allora pare fosse molto diffuso il fatto che viene riportato nel Vangelo.
Oggi, purtroppo, di fronte agli scandali che succedono e che coinvolgono coloro che hanno la responsabilità di amministrare la cosa pubblica sembra che questa abitudine, quella della mala – amministrazione sia una malattia mai scomparsa e che continui a contagiare, tranne rare eccezioni, anche se le condizioni economiche e sociali sono molto diverse.

Non è raro trovare amministratori disonesti! Ma perché Gesù ci racconta una storia di disonestà? Come se non bastasse, poi sembra proprio elogiare quell’ amministratore che imbroglia il padrone, proponendolo come modello a coloro che vogliono seguirlo?     Continue reading

DIALOGO FRA LA MORTE E SATANA

Io ho ascoltato la morte (M) e Satana (S) disputare ad alta voce su quale dei due fosse il più forte sull’ umanità.

M- O maligno, soltanto chi vuole ti presta ascolto; quanto a me, sia che lo voglia, sia che non lo voglia, chiunque viene a me
S- Tu, o morte, possiedi una forza tirannica, io invece uso trappole astute.
M-Ascolta o maligno: un uomo astuto può spezzare il tuo giogo, ma nessuno riesce a sfuggire al mio giogo.
S- Tu, o morte, su chi è malato misuri la tua potenza, io invece sui sani sono tanto più forte.
M- Il maligno non ha potere si chiunque lo insulti; quanto a me, anche chi maledice viene a me.
S- Tu, o morte, da Dio hai ricevuto la tua potenza, ma io non ho alcuno che mi aiuti, quando induco al peccato.
M- Tu, o maligno, come un vigliacco tendi insidie, ma io come un re uso il mio potere.
S- Tu sei troppo sciocca, o morte, per riconoscere quanto sono grande, poiché il libero arbitrio sono in grado di catturare.
M- La morte molti invocano come un benefattore; quanto a te, o maligno, nessuno ti ha mai chiamato così.
S- Non ti rendi conto, o morte, di quante siano le persone che in un modo o in un altro mi invocano e mi offrono libagioni?
M- Di me ha paura ognuno come di un padrone; te invece odiano come il maligno.
S- Quanto a te, o morte, odiano il tuo nome, le tue azioni; il mio nome è odiato, ma i miei piaceri sono amati.
M- In veleno di denti si muta la tua dolcezza: sempre il rimorso accompagna quei tuoi piaceri.
S- Sebbene mi rattristi, io do lo spazio a chi si pente; tu togli la speranza del peccatore se egli muore nei suoi peccati.

Lode a te, Figlio del Pastore dell’universo, che hai salvato il tuo gregge dai lupi nascosti,
il maligno e la morte, che 
l’avevano divorato.
(Efrem,Inno nisibeno 52)

… Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte… XXIV Domenica C 2016, Lc 15,1-32

Luca viene definito come l’ evangelista della misericordia, il Vangelo che abbiamo proclamato, con queste tre parabole ci dice il perché. Anche noi facciamo parte di quella folla di pubblicani e di peccatori che si avvicinano a Gesù desiderosi di una parola diversa, di una parola vera, di una parola che risponda alle attese del nostro cuore.    Continue reading

Il Signore al primo posto – XXIII Ordinario C ,2016

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
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“ Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”
Parole dure quelle che pronuncia Gesù a noi oggi, difficili. Gesù mette in guardia dal pensare che seguirlo sia qualcosa di mellifluo, di banale. In contrasto con quello che è il pensiero comune oggi, in cui si pensa che seguire il Signore, essere suoi discepoli, essere cristiani si possa ridurre a qualche momento, a qualche esperienza in cui non siamo noi che ci arrendiamo a Gesù, ci mettiamo completamente e totalmente nelle sue mani disposti a farci rigirare come un calzino, a lasciarci scombussolare vita, affetti, e tutte quelle logiche umane che mettiamo sempre avanti quando ci viene chiesto qualcosa di grande, di impegnativo, ma che, affinché sia attuabile, richiede che paghiamo di persona.     Continue reading

Mitezza e umiltà. – XXII Domenica C 2016

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». ( Luca 14,1. 7-14)

 

Umiltà e mitezza sono stati i due termini che hanno accompagnato la mia meditazione sulla Parola che ci viene rivolta in questa XXII Domenica.

Attraverso il Vangelo di questa Domenica, siamo tutti invitati a riflettere su un male grande che affligge il nostro tempo: il protagonismo, che si manifesta “nell’avere, nel potere e nell’ apparire di più. Quello che vale è quel di più che distingue dagli altri e ci separa dalla gente comune . Esso è alimentato dalla ricerca di ricchezza, dalla vanagloria, dalla superbia, dall’ orgoglio. Ma in un modo di vivere così organizzato, la struttura del mondo, direbbe Giovanni, ( cfr. 1Gv2,16), alimentato dall’ azione del maligno, Gesù inserisce la sua fondata sulla povertà, la semplicità, l’ umiltà,, l’ apparire di meno che permette ai suoi discepoli di vivere nel mondo senza essere del mondo, per trasformarlo dal di dentro.

Questo protagonismo nasce dall’essere ubriachi del nostro IO e porta, inevitabilmente, a quei deliri di onnipotenza che, offuscando la mente umana, portano all’ uomo a credersi Dio e a sostituirsi a Lui. È il peccato di Adamo, che vuole occupare il posto di Dio, senza rendersi conto che Dio è diverso.
È anche il nostro peccato quando decidiamo/agiamo senza tenere conto di Dio nel valutare ciò che è bene e ciò che è male.     Continue reading

Sarai beato perché non hanno da ricambiarti ( Lc 14, 14)

Stai parlando ai credenti, oggi, Signore. Il mondo non si può fermare alla giustizia, pur arrivandoci a stento, in contesti limitati, col rischio di oltrepassare la legge il giorno seguente. Coloro che vogliono essere più fedeli a Dio, invece, come il capo dei farisei possono fare di più: uscire dalla logica del proprio interesse per incamminarsi su quella della gratuità.
Inventarsi qualche azione che è totalmente offerta a chi si trova nella necessità, senza aspettarsi nulla, per puro gesto di condivisione. Continue reading