XX Domenica ordinario A, 2017: “Ma che Gesù è questo?”

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. (Mt 15,21-28)

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Il Gesù che ci viene presentato oggi nel Vangelo, che abbiamo appena proclamato, è un Gesù, per noi irriconoscibile, in un primo momento! Dov’è andato a finire il Gesù che: “Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”?

Ci appare scostante freddo con questa donna che chiede pietà! Questo è uno dei brani del Vangelo che ci sconcertano, che ci rivelano un Gesù che facciamo fatica ad accettare, così insolito e diverso da quello immagini mielose, buoniste, zuccherose che tanti anche all’ interno della Chiesa ci propongono.

Disponibilità. Accoglienza, bontà sembrano parole lontane.

Vi è una donna che grida: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». “Ma egli non le rivolse neppure una parola”. È spinta dal suo dolore di madre di fronte alla malattia della figlia.
Il dolore accomuna tutte le persone che soffrono non distinguendo, non facendo eccezioni per nessuno. Continue reading

Assunzione B. V. Maria 2017 – Nostalgia di Paradiso!

Forse è successo a tutti noi e capita di dimenticarsi di qualcosa. Così, può accadere che soverchiati da tante cose, presi da tanti impegni ci dimentichiamo di quello che è il nostro destino, di quello che è l’orizzonte ultimo della nostra vita, della nostra esistenza.

Ecco, quindi, che questa bella festa dell’Assunzione, che cade proprio nel bel mezzo di quel tempo che tanti milioni di persone stanno dedicando alle ferie, riempiendo le spiagge o andando per sentieri in montagna, viene a ricordarcelo.

Guardando a Maria assunta in cielo ci viene ricordato che l’esito finale della nostra vita, non si esaurisce quaggiù e siamo invitati a guardare lassù.
“Il 14 agosto 1941 Massimiliamo Kolbe, mentre languiva nel bunker della fame nel tristemente famoso lager di Auschwitz, offrì serenamente il braccio al carnefice per l’iniezione di veleno letale e gli chiese: “Che giorno è?“ Il soldato bruscamente rispose: “È il 14 agosto”. Massimiliamo Kolbe, quasi parlando con la propria anima, sorridente esclamò: “Bello! È la vigilia dell Assunta: domani farò festa con Lei in Cielo” ( A. Comastri in: Una buona notizia per te) Continue reading

19 Domenica tempo ordinario A – 2017: “… il Signore viene sul finire della notte …

Tre notti nella liturgia di oggi: quella di Elia, quella di Gesù e i discepoli, la nostra notte, perché la Parola del Signore è per l’oggi della nostra vita!

La notte di Elia.
Quella di Elia è la notte, dello scoraggiamento, dello sconforto della persecuzione da parte della regina Gezabele che lo vuole morto ed eccolo intraprendere un ritorno a quel monte di Dio, l’Oreb, dove Dio ha manifestato la sua potenza facendosi accompagnare da impressionanti fenomeni. Come mai Dio non manifestava ancora una volta la sua potenza per fermare l’idolatria?
Al Profeta che cerca Dio risponde, come lo fa anche all’ uomo che cerca, ma non secondo le sue aspettative. Di fronte alla potenza dei fenomeni naturali Elia sperimenta la sua piccolezza, la sua debolezza e si ritira di nuovo all’ interno della caverna, solo quando arriva “il sussurro di una brezza leggera”, dove il Signore è presente Elia si copre il volto con il mantello ed esce alla presenza del Signore e si ferma all’ingresso della caverna.

Anche noi vorremmo che il Signore si manifestasse spesso con la sua potenza, ma non è sempre così. Anzi spesso si manifesta in modo velato, impercettibile nel mistero dell’ordinario, nascondendo la sua potenza e chiedendo a noi, come ad Elia di fidarci di Lui!

La notte di Gesù e dei discepoli
Alla notte di Elia fa da contrappunto quella di Gesù e dei discepoli! Due scene di uno stesso racconto!
Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci Gesù “costringe i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’ altra riva”. Finito di congedare la folla si ritira sul monte a pregare, da solo.
Le giornate di Gesù erano affaccendate non meno delle nostre, eppure il Vangelo annota come Egli ricercasse lo stesso, un tempo e uno spazio per la preghiera, per incontrarsi in quel modo con il Padre. Io non so quale siano le vostre concezioni sulla preghiera. In molti, in un comune modo di pensare, dicono spesso: ma non è pregare anche facendo del bene agli altri, impegnarsi per la giustizia, esercitarsi nella carità, non fare del male.
Certo Gesù ha fatto tutte queste cose, donandosi completamente agli altri, ma per Lui non era ancora sufficiente occorreva quell’ intimità con il Padre che si esprime nella preghiera. Sono due cose intimamente correlate, inscindibili una non esclude l’altra e ambedue si completano l’una nell’altra.
Quando noi teniamo ad una persona gli concediamo del tempo, se non siamo disposti a concedere almeno uno piccolo spazio di tempo a Dio, a Gesù nella nostra giornata e ad incontrarci con Lui almeno una volta alla settimana, significa che poi non lo riteniamo mica così importante per la nostra vita.

L’ altra scena!
I discepoli sono sulla barca e stanno compiendo la loro traversata ed ecco che scoppia una tempesta, la barca è agitata sballottata dalle onde. Assomiglia alla barca della Chiesa, oggi sballottata fra le onde di un mare, quello del mondo, del relativismo, del soggettivismo, della perdita di un senso di umanità che nasce dal cuore chiuso. Un mondo e un’umanità che ritiene di non avere più bisogno di incontrare il Signore, di volgersi a Lui e di tenere lo sguardo fisso su di Lui.
Che non sa riconoscere più il suo Signore che viene incontro camminando sul mare verso la fine della notte! “È un fantasma”. Di fronte allo sgomento dei discepoli le parole rassicuranti di Gesù: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Ma Pietro ancora dubita: “Se sei tu … comandami di venire verso di te sulle acque”.
“Vieni” è la risposta di Gesù!
Camminare sulle acque significa non avere nessun solido sostegno se non avere lo sguardo fisso su Gesù, unico appiglio, unica sicurezza, non lasciarsi distrarre da altro. Ma ecco il vento forte e di nuovo la paura, una fede che vacilla e si affonda.
“Signore salvami” è il grido accorato, e Gesù stende la mano e lo afferra, lo salva.
“Il messaggio è chiaro; il discepolo vive sostenuto dalla fede: fino a che il suo sguardo è rivolto a Gesù il cammino sulle acque è possibile. Ma se comincia a guardarsi intorno a misurare i pericoli, a pensare a sé stesso a garantirsi la propria difesa, sorge inevitabilmente la paura e con la paura il ripiegamento su di sé.” (Monari/Sirboni –Spunti per le omelie dell’ anno A- EDB)

La nostra notte
Il rimprovero di Gesù: “Uomo di poca fede perché hai dubitato” rivolto a Pietro è anche rivolto a noi, che dovremmo mostrare la nostra fede anche nei momenti di prova, di difficoltà, di “tempesta”, e chi non ha dovuto affrontare la tempesta nella propria vita? Forse anche più di una. Momenti in cui la nostra vita sembra andare per strade a noi incomprensibili e veniamo sommersi nel buio di una notte che sembra non passare più.

Lasciarsi vincere dalla paura significa che la nostra fede deve ancora crescere per arrivare ad essere una fede matura. Se andiamo con il pensiero alle “tempeste” che abbiamo o dobbiamo affrontare ci rendiamo conto che è così!
Certo non è facile, ne sono consapevole, e non è che dica che le prove e le difficoltà siano necessarie per incontrare il Signore tutt’altro. Quando queste, però arrivano cosa succede? Cominciamo a gridare, a invocare, a sperare e veniamo obbligati a riconsiderare il presente e tutte quelle cose che ci hanno preso al punto di non riuscire più a sollevare lo sguardo, le nostre sicurezze crollano e camminiamo anche noi sulle acque e stiamo affondando.

E il Signore non viene è là sul monte a pregare, ma verso la fine della notte il Signore eccolo, ma sarà proprio Lui? Non sarà un’illusione nata dal nostro desiderio di salvezza? E ancora la sua voce ripete per tutti noi. “Coraggio sono io non abbiate paura”; stende la mano e ci salva, ci fa salire sulla barca e il vento, la tempesta cessano.
Ed ecco il rimprovero di Gesù: “Uomo di poca fede perché hai dubitato?”

La vita è un cammino con le sue durezze e le sue prove, in questo cammino la Parola del Signore porta attese di speranza, di luce, di rialzarsi e di ricominciare per arrivare anche noi a quella esplicita professione di fede: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”, quel Dio a cui siamo alla presenza, che non è nel frastuono, nella confusione, ma in un piccolo pezzo di pane nel quale possiamo sperimentare la sua vicinanza e la sua consolazione!

Deo gratias, qydiacdon.

 

 

“Signore fammi camminare sulle acque” – 19 Domenica ordinario A, 2017

Sì, ti ho detto anch’io, come Pietro: “Signore fammi camminare sulle acque”. È una cosa che ritengo impossibile: solo tu ne sei capace. Ma se tu mi chiami, se tu me lo permetti, allora potrò farlo anch’io. Camminerò sulle acque dell’odio e non sprofonderò nel desiderio di vendetta, camminerò sulle acque della solitudine e non annegherò nel rancore, camminerò sulle acque della cattiveria e non mi sporcherò nei sotterfugi. Se lo puoi fare tu perché non anch’io, con il tuo aiuto?

Così anch’io ho lasciato la barca, per seguirti sul mare, senza paura. E per un po’, lo devo riconoscere, ho potuto costatare che l’impossibile è diventato realtà, al di là di ogni speranza.

Ma poi è bastato poco per rompere l’incanto. Al primo insuccesso, alla prima difficoltà, alla prima minaccia, al primo rifiuto mi sono spaventato a morte e non ho più guardato a te, alle tue braccia tese ad accogliermi, al tuo volto che mi incoraggiava.

Lo so, Signore, la causa di tutto è la mia poca fede, la mia fede traballante, la fede altalenante…
Ma tu non fare a meno di tendermi la tua mano e di offrirmi salvezza e riparo.

Roberto Laurita
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«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Mt 14,22-33

Trasfigurazione del Signore A 2017 – Sei giorni dopo

“Sei giorni dopo”. Anche noi siamo qui, sei giorni dopo, (se non consideriamo la Domenica), celebriamo l’Eucaristia. In questa celebrazione, anche noi saliamo sul monte e come è successo assistiamo ad  una trasfigurazione, una metamorfosi: il pane e il vino non sono più pane e vino, ma diventano, realmente, il corpo e il sangue di Gesù, che è morto e risorto per noi. Facendo la Comunione  siamo anche noi assimilati con Lui per lasciarci trasfigurare.

Pietro, Giacomo, Giovanni sono i discepoli tentati dal “potere del mondo”, dal non accettare questo Messia, che non si impone con la forza, che è mite e umile di cuore, pur denunciando con fermezza tutte le contraddizioni che vi sono nel vivere il giusto rapporto con Dio, le defezioni di un rapporto di facciata e non vissuto con l’amore, con la passione, con il cuore.

In questa estate infuocata, il Signore conduce anche noi in disparte, per farci partecipi, più o meno consapevoli, ma anche responsabili di una grande realtà, che ci attende. È come se il Signore aprisse una finestra su quella che è che è la fine, la destinazione finale della nostra storia personale e di quella dell’umanità. La trasfigurazione è, infatti anticipazione della Pasqua, della Risurrezione, della gloria del Signore Gesù. Anche noi, nella risurrezione saremo trasfigurati e saremo tutti bellissimi, risplenderemo di luce, non nostra certo, ma di quella luce che ci viene dalla risurrezione del Signore Gesù. Continue reading

10 insegnamenti di padre Pio per dare una scossa alla tua vita

“Se il demonio non dorme per farci perdere, la Madonna non ci abbandona neanche un istante”

Erede spirituale di San Francesco d’Assisi, padre Pio da Pietrelcina è stato il primo sacerdote a ricevere le stigmate della crocifissione. È noto in tutto il mondo come “il frate stigmatizzato”.

Padre Pio, a cui Dio ha dato doni e carismi particolari, si è impegnato con tutte le sue forze per la salvezza delle anime.

Le tante testimonianze sulla grande santità del frate arrivano fino ai giorni nostri, accompagnate da sentimenti di gratitudine. Le sue intercessioni provvidenziali presso Dio sono state per molti motivo di guarigione del corpo e di rinnovamento dello spirito.

Ecco alcuni insegnamenti di padre Pio che scuoteranno la vostra vita: Continue reading

XVII Domenica ordinario A 2017 – Sapienza di Dio, sapienza del Regno …

In questa domenica Gesù ci parla ancora del Regno di Dio, cioè che Dio è il Signore, che regna con la forza dell’amore e che l’amore di Dio investe la nostra storia L’’uomo accogliendo questo dono diventa partecipe della Risurrezione di Cristo.

In una storia umana così intrisa di violenza, come anche quella attuale, pure attraverso anche segni di speranza e di bene, esattamente come ci veniva detto domenica scorsa nella parabola del grano e della zizzania, sembrerebbe un paradosso fare un’affermazione di questo tipo. Per comprenderla occorre essere dei sapienti, invocare il dono della sapienza, di una sapienza che non corrisponde al concetto di “sapienza” che si è andato imponendo nel percorso della storia .

S. Paolo, scrivendo ai Corinti dice: “Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo?” Continue reading

Il beato Paolo VI a Jean Guitton, 8 settembre 1977 – “ C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nelle Chiesa …”

«C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: “Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?”. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

Queste parole sono attualissime per descrivere la situazione della Chiesa oggi. dqy 

Perché Gesù usa parabole e non parla più chiaramente?

Ci sono cose che non si leggono nei libri, ma solo nella vita

Gesù mi parla in parabole, come faceva con gli uomini con i quali condivideva il cammino. Parla con il cuore. Vuole placare la loro sete, le loro angosce, le loro paure. Soffre per loro, con loro. Parla loro con voce forte e sicura. Le sue parole hanno la vita eterna. Tutti vogliono ascoltarlo.

Gesù parla in parabole. Usa dei racconti per spiegare la vita. Fa esempi concreti, tratti dalla vita quotidiana. Osserva gli uomini nel loro lavoro. Parla dei campi. Dei semi. Del grano che cresce in silenzio. Parla loro della vita stessa per spiegare ciò che è importante.

È un osservatore. Non vive in una nuvola, ma sulla terra. E soffre per i problemi degli uomini. Parla con esempi concreti per chi capisce che Dio agisce nella natura del mondo. Non prescinde dalle cose umne. Anzi. Ha bisogno del quotidiano per rendersi presente. Continue reading