Solennità di tutti i Santi

La settimana scorsa ero in un’altra parrocchia e andando a fare una visita ad un gruppo di ragazzi di catechismo il discorso andò a toccare, inevitabilmente, la festa di Hallowen.

Ho detto loro che un cristiano non celebra la festa di Hallowen, che è una festa macabra, un inno delirante alla morte, a mostri, spiriti, fantasmi, demoni, ma che noi celebriamo come cristiani, la bellezza, la gioia, la luce e non le tenebre, la vita e non la morte, una vita che è riuscita e che ci fa luminosi e splendenti in un amore che unisce tutti.

Spesso si pensa che parlare di santità, e non so che concetto voi abbiate della santità, sia un cammino fatto di privazioni, di sforzi che la persona si deve imporre ricercando da solo una perfezione difficile da raggiungere.
Magari, equivocando, si può pensare anche a una rassegnazione di fronte alle vicende della vita a cui l’uomo deve rassegnarsi in attesa di una consolazione e di un premio che verranno solo in un dopo. Dimenticando sempre la presenza del Signore accanto a noi.

Tre parole, come tre pennellate, per tratteggiare la santità: chiamata, risposta, dono. Continue reading

XXX Domenica ordinario C – Meditazione su Lc 18, 9-14 – Come presentarsi davanti al Signore

Domenica scorsa il Signore ci diceva della necessità di pregare sempre, senza stancarci mai attraverso una parabola, quella della vedova che andava a chiedere giustizia a questo giudice che non aveva riguardo verso nessuno e che non temeva nemmeno Dio.

Oggi Gesù, ancora attraverso una parabola, che ha come protagonisti due personaggi veri che appartengono alla società ebraica del suo tempo, ci parla di come deve essere l’atteggiamento nella preghiera, ma ci rivela anche da dove nasce e parte la nostra preghiera.

I nostri due personaggi, abbiamo sentito sono un Fariseo e un Pubblicano. Uno, il Fariseo, sta in piedi nella sua preghiera dinanzi al Signore. Sono nel tempio. Nel tempio di Gerusalemme vi erano diversi cortili, diversi livelli a cui era consentito l’accesso alle persone che vi si recavano. Un luogo dove potevano accedere i pagani, un altro dove potevano stare le donne, ancora uno dove potevano andare gli israeliti, quello dei sacerdoti, poi il vestibolo, il Santo, e il Santo dei Santi dove andava solo il sommo sacerdote.

Mentre il Fariseo sta dritto in piedi, il pubblicano si ferma a distanza. Continue reading

28 Domenica ordinario C –“Rendere grazie”

Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Mettiamo davanti a noi queste espressione del Vangelo all’inizio della nostra riflessione.

In cammino verso Gerusalemme Gesù attraversa la Samaria e incontra questo gruppo di lebbrosi che, come era prescritto, vivono l’isolamento dalla comunità e che da lontano gridano a Lui e invocano un gesto di pietà nei loro confronti. Gesù non lo nega, ma richiede anche un atto di fede: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.Uno solo e per di più Samaritano, straniero, uno scomunicato secondo il popolo di Israele torna indietro, lodando Dio per il beneficio ricevuto.

Oggi nella cultura dei diritti, senza doveri, del tutto dovuto è difficile sentire pronunciare una semplice parola: grazie. È difficile che vengano espressi sentimenti di gratitudine anche da parte di chi riceve un gesto d’ amore, nei confronti di chi compie sentire esprimere sentimenti di riconoscenza.Io non so se nelle nostre famiglie il dire grazie sia ancora insegnato alle nuove generazioni, a volte mi sorge qualche dubbio!Oggi è più facile esigere, rivendicare, criticare e per carità è legittimo, ma è difficile riconoscere il bene che si riceve, come se fosse qualcosa di dovuto, di scontato. Questo anche all’ interno delle nostre comunità dove nei confronti di chi ci aiuta a vivere la fede, si colgono difetti, imperfezione, si muovono critiche dimenticando riconoscenza e gratitudine. Continue reading

27 Domenica ordinario C :” Il giusto vivrà mediante la sua fede”

Il tema che emerge con evidenza dalla Parola che abbiamo ascoltato è quello della fede, una fede che deve essere mantenuta anche attraverso i momenti difficili della nostra vita, di fronte a ingiustizie e violenze che certamente non mancano. Può accadere, allora che come gli apostoli siamo anche noi intimoriti, davanti ad un mondo pretenzioso, sempre meno credente sotto tanti aspetti in nome non si sa bene di quali grandezze culturali, ma anche di una volontà di dominio di sentirci spaventati nel seguire Gesù e obbedire al Vangelo. Rispondendo Gesù non vuol dire che non abbiano fede, ma vuole fare riflettere su come la loro fede sia una fede che deve ancora crescere, ma come anche una fede “piccola come un granello di senape”, ma vera può fare grandi cose. Com’è, dunque la nostra fede? È almeno come un granello di senape?

Facciamo allora nostra la richiesta che fanno gli apostoli al Signore: «Accresci in noi la fede!». Soprattutto non vergogniamoci mai della testimonianza di fede che ogni credente è chiamato a dare, come ricorda S. Paolo a Timoteo: “Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.” Siamo chiamati perciò a custodire come un tesoro prezioso il “buon deposito della fede” che ci è stato donato e trasmesso dal giorno del nostro Battesimo nella santa Chiesa

L’ uomo ha bisogno di avere fede, di credere, ma proviamo a riflettere un attimo su cos’è la fede per noi. Continue reading

Perché non possiamo abusare del nome di Dio?

Una riflessione sul Secondo Comandamento della Legge di Dio

Al giorno d’oggi molta gente ha dimenticato i Comandamenti della Legge di Dio, che purtroppo alcune persone ritengono obsoleti e superati. Per questo riprendiamo la questione, come abbiamo già fatto in un altro articolo, trattando stavolta il Secondo Comandamento, “Non pronuncerai invano il nome del Signore” (Esodo 20,7).
Il nome del Signore è santo. È sacro. Nemmeno i giudei lo pronunciavano. Anziché Jahvè dicevano Adonai, mio Signore. E lo facevano per rispetto. Per questo, il comandamento ci dice che non possiamo abusare del nome di Dio. Dobbiamo custodirlo nella memoria, in un silenzio di adorazione amorevole.

Il Secondo Comandamento parla del rispetto e del sentimento nei confronti di tutto ciò che è sacro. E il sacro dev’essere adorato.

Ricordiamoci che spesso avviene la profanazione di ciò che è sacro, di ciò che è santo. Il cristiano è chiamato a testimoniare il nome del Signore, confessando la sua fede, difendendo con zelo tutto ciò che insegna la Chiesa.

San Cipriano di Cartagine ha pronunciato una frase meravigliosa: “Chi non ha la Chiesa per madre, non ha Dio per padre”. Il nuovo catechismo insegna che il Secondo Comandamento proibisce l’uso indebito del nome di Dio, di Gesù Cristo e delle cose sacre. Continue reading

XXVI Domenica ordinario C – I novissimi: Morte, Giudizio, Inferno Paradiso

 

Oggi il Signore ci racconta questa parabola. Noi la conosciamo come veniva chiamata una volta: il ricco Epulone e il povero Lazzaro. Il termine Epulone, dal latino, significa: “persona che si compiace di cibi abbondanti e raffinati, crapulone, gaudente, ghiottone, mangione.

In realtà la parabola non porta il nome del ricco. Il nome nella mentalità semita indica l’essenza della persona stessa. Questa persona è assorbita e concentrata solo dai piaceri, dai banchetti, ha perso di vista quello che è il senso profondo della vita e dell’esistenza. Tutto concentrato sul suo Io si dimentica di Dio e così non vede nemmeno il povero che “sta alla sua porta”. Vive separato da lui, come in una dimensione altra che oltre dimenticarsi di Dio lo rende anche cieco alla Carità verso il fratello, il povero, a cui i cani, che vengono a leccare le sue piaghe hanno più pietà.

Viene invece ricordato il nome del povero: Lazzaro, da Eleazaro che significa: “Dio aiuta”. Dio conosce “chiama per nome” i poveri, come ci ricorda la preghiera di colletta. Il mondo del povero e quello del ricco sembrano essere due mondi paralleli destinati a non incontrarsi. Continue reading

XXIV Domenica ordinario C – Dio cercatore di uomini e la gioia del ritrovare …

Tutte le tre parabole del Vangelo sono espressione dell’amore di Dio, un Dio che prende la parte di chi è perduto: “In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Un Dio che non smette di cercare quest’ uomo che si è allontanato da Lui con il peccato. Esse ci rivelano la misericordia e la tenerezza e la pazienza del Signore.

Questa tenacia divina che non smette di cercare, di andare e di attendere. La figura del pastore che si pone in cammino per andare a cercare quella pecora che si è smarrita, della donna che cerca la moneta perduta, e del padre che attende questo figlio che arrogante e ingrato si allontana dalla casa paterna sono il paradigma e ben esplicitano queste caratteristiche.

Ciò che si perde e colui che si allontana costituiscono parimenti la figura dell’uomo peccatore, cioè io, che con il peccato mi allontano, mi perdo, smarrendo non solo il mio rapporto con Dio, ma non comprendendo nemmeno più me stesso.

Per Dio, però, anche quell’ uno che si perde è importante. Per ognuno di noi il Signore stesso si mette in cammino. Pensiamo
all’incarnazione, che sempre ricordiamo nella professione di fede: il Signore discende dal cielo per venirci a cercare. Ci sarà capitato almeno qualche volta nella vita il desiderio di vedere Dio, in quel momento noi siamo cercatori di Dio, ma forse non abbiamo mai considerato questo altro aspetto, che mentre io cerco Dio, Dio mi sta già cercando. Ciò avviene nella persona di Gesù, del suo Vangelo per prenderci in braccio, caricarci sulle spalle e riportarci a casa”. Vedete come il Signore giochi sempre d’ anticipo, stia sempre un passo avanti.

“49,15 Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.”(Isaia)
Questo è l’amore di Dio per noi.

Facciamo attenzione, perché potremmo pensare come “I farisei e gli scribi che mormoravano”, oppure pensare di essere fra “quei novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.” Perché sbagliamo tutti e, purtroppo, continuiamo a sbagliare, ma la misericordia di Dio, che Gesù annuncia, ci fa conoscere è riservata a tutti e il Signore sta pensando a me anche oggi, anche in questo momento e vuole raggiungermi con il suo amore.

Nel nostro modo di vedere e di pensare umano noi riteniamo che la misericordia di Dio non possa raggiungere tutti, pronti a destinare all’ inferno questo o quest’altro.

Scrive il Cardinal Biffi: “Nessuno è escluso, [dalla misericordia di Dio], tranne chi si esclude da solo. (…) L’unico modo per escludersi e quello di ritenersi giusti, a posto, senza peccato; è il pensare di essere tra le novantanove pecore al sicuro nell’ ovile, mentre in realtà siamo tutti delle pecore perpetuamente tentate di sviarci per i sentieri dell’orgoglio e dell’egoismo, o della sensualità incontrollata, o dello spirito acre di ribellione, o dell’ottusità spirituale che ci fa smarrire il senso di Dio e il suo primato” ( Stilli come rugiada il mio dire – ESD)

L’immagine del padre che attende, della terza parabola, è toccante. Mi viene in mente subito il confessionale, dove Dio attende per donarci in Cristo il perdono, per reintrodurci in casa, rivestirci dell’abito bello della grazia. Anche noi possiamo essere riabbracciati da Dio solo se ritorniamo a casa, come fa quel figlio e dire: “Padre ho peccato …” Così la misericordia non diventa acquiescenza, riduzione del male, ma diventa accoglienza di chi di cuore ammette di aver fatto male e se ne pente.

“Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte”, “io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Se certamente vi è gioia nell’ essere perdonati, che è dono gratuito del Signore, il pentimento, anche se non è così semplice, diventa fonte di gioia.
Fonte di gioia per noi, ma anche fonte di gioia per il cielo e per Dio

La gioia del aver ritrovato chi si è smarrito, la gioia per chi torna è la gioia del Signore, ma è anche la nostra gioia.!
Per essere in questa gioia accogliamo l’invito che Paolo rivolge alla comunità di Corinto e facciamolo nostro. “20In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.” Lasciamoci trovare dal Signore, prendere per mano per tornate nella sua casa!

Deo Gratias, qydiacdon

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XXIII Domenica ordinario C: Essere discepoli

Noi tutti cerchiamo di avere dei punti di riferimento nella nostra vita che orientano il nostro agire, parlare, scegliere, il nostro porci nel mondo e nella società.

Per questo componiamo una scala di valori e ci riferiamo a dei modelli che possono essere significativi. Credo che se ci fermiamo a riflettere qualcuno di noi possa ritrovare in sé certi valori che gli hanno trasmesso i genitori e che a sua volta sono stati fatti nostri. Questo può avvenire in positivo, ma anche in negativo.

In positivo come il valore della parola data, dell’onestà, della famiglia, della disponibilità verso gli altri e speriamo vi sia anche, non ultimo, quello della fede.

Con il brano del Vangelo che abbiamo letto Gesù pone quello che deve essere il riferimento per chi vuole essere suo discepolo, quali devono essere le priorità.

Quali sono questi punti di riferimento?

  1. Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
  2. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
  3. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Certo Gesù entusiasma, sta parlando ad una folla numerosa che lo segue, sta parlando a noi, allora vuole mettere in guardia chi crede che seguirlo sia semplice e facile, potremmo dire un’ora la settimana per la Messa, un po’ di preghiera, un po’ di elemosina, qualche buona azione. Cose buone, necessarie, ma Gesù chiede uno stile di vita.  Un piccolo inciso, le condizioni che Gesù pone riguardano tutti noi, quale sia il nostro stato di vita: ordinato, consacrato, sposato, laico o religioso.

Prima condizione: seguire Gesù significa porlo al primo posto. Quel chi odia, che ci suona ostico, sgradevole lo possiamo tradurre in questo modo: “chi preferisce, chi pone davanti”. “ Il Signore Gesù non è disumano, non ci proibisce di nutrire affetto per  coloro che il sangue e l’ amicizia o le circostanze della vista ci hanno collocato vicino,(…) ma vuole che l’ amore per Lui, sia il più grande, il più tenace, il più appassionato” (cfr. cardinal Biffi)

 Seconda condizione:  La croce  si presenta spesso nella nostra vita con le sue forma molteplici e quando si presenta che fare? Certo vorremmo ribellarci, ma Gesù non ha fatto così: l’ha accettata, ma Gesù attraverso la Croce ci ha salvati. Non dimentichiamo, poi, che se il Cireneo ha aiutato Gesù a portare la Croce sul Calvario, quando essa appare nella nostra vita Gesù la porta con noi. Se siamo suoi discepoli non possiamo aspettarci una via diversa da quella che Lui ha intrapreso. Chiediamo quindi quella forza che ci è necessaria quando la Croce si presenta nella nostra vita.

Terza condizione: Rinunciare agli averi per il Signore. Certo gli averi possono essere i beni materiali, quindi riuscire a liberarci dall’ attaccamento ai beni terreni, ma riuscire a staccarci da un modo di vedere e di pensare che non è secondo il Vangelo per cominciare a vivere una vita libera e nuova.

Ecco allora quell’ invito alla prudenza contenuto nell’ immagine del costruttore e del re che parte in guerra. Occorre riflettere perché seguire il Signore si tratta di impegnarsi per tutta la vita, da persone consapevoli e responsabili di quello che stanno vivendo e facendo.

Nel nostro attuale contesto questa pagina di Vangelo è quanto mai attuale. Vivere coerente la fede e seguire il Signore oggi diventa una scelta non solo impegnativa, ma sovente significa intraprendere una scelta certamente non condivisa, che opera rotture dolorose negli ambienti in cui si vive e portare così una croce.

Come possiamo constatare il laicismo dilagante e un paganesimo che considera il vivere il tempo della ricerca di sé, del proprio piacere o tornaconto, dell’affermazione dell’egoismo, tutte cose che nascono dal peccato, fa sì che Gesù, Dio non solo siano dei perfetti sconosciuti, ma osteggiati, derisi, nemici da combattere e se possibile eliminare. Vi è allora il pericolo di nascondersi come cristiani, di vergognarsi di esserlo e di rimanere isolati ed esclusi. Con le sue parole Gesù rinnova la sua proposta ad essere suoi discepoli, ma nello stesso tempo è come se ci dicesse sii consapevole che questo ti costerà! Gli innumerevoli martiri di questo nostro tempo nei paesi dove la persecuzione dei cristiani è attuata, promossa, tollerata in modo esplicito, come nei paesi islamici o anche subdolo e sotterraneo, come ad esempio in Cina, dove i diritti civili non sono rispettati, costituiscono una  testimonianza.

Il cardinal Biffi ricordava:

Ci siamo messi tutti al servizio di un padrone esigente e buono; esigente perché vuole portarci in alto, buono perché ci prende come siamo. Pretende molto da noi, ma è disposto a darci lui con la sua grazia quello che pretende. Purché ci affidiamo a Lui e lo lasciamo fare”

 Chiediamo umilmente questo nell’ Eucaristia che stiamo celebrando.

Deo Gratias, qydiacdon

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XX Domenica ordinario C –Verità e pace

“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! … Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.” Sono parole severe quelle che Gesù pronuncia che richiedono da parte nostra una riflessione seria, approfondita per comprenderne bene il significato. Infatti nel vangelo di Giovanni al capitolo 14 leggiamo: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.” Il risorto che viene in mezzo ai suoi saluta con queste parole: “«Pace a voi!” per ben due volte.
Che anche oggi si parli di pace e tutti ne parlino e forse anche straparlino è indubbio, occorre intendersi su cosa si intende per pace.

1. Pace sociale: assenza di guerra, ma la pace può essere compromessa anche da altri conflitti, pensiamo alla fame, all’ accesso all’ acqua potabile e altre innumerevoli ragioni.
2. Pace basata su rapporti di forza con potenziale bellico: arsenali atomici o chimici
3. Pace come benessere economico, senza stare tanto a guardare se si è conquistato onestamente o in altro modo
4. Pace è anche un momento di felicità che ci scalda il cuore, ci rasserena o ci fa semplicemente gioire o piacere senza considerare che è fuggevole
5. Insomma sotto la parola pace tante sfaccettature che possono nascondere egoismo e pigrizie ma che, al momento, possono dare una certa tranquillità. Continue reading

15 Agosto Assunzione di Maria in anima e corpo al cielo

In questa bella festa in cui celebriamo Maria Assunta in cielo, cioè vivente in tutta la sua realtà di persona umana per “sempre con Dio e in Dio”, la prima lettura tratta dall’Apocalisse ci rimanda a guardare in alto e in questa “ donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.”, non è difficile vedere la figura di Maria, come nel drago rosso si può facilmente intuire quello a cui la donna del libro della Genesi schiaccerà il capo.
“Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno” (Genesi 3,15)

Il Vangelo ci rimanda all’ episodio della visitazione in cui Maria partecipe del mistero dell’Incarnazione cioè alla nascita del corpo umano di Cristo si reca, portando in sé Gesù, a visitare la cugina Elisabetta. Proprio per questa sua maternità colei che dà al mondo il Salvatore non poteva conoscere la corruzione. Del resto S. Paolo scrivendo ai Romani ricorda che: “a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato…”. Maria SS, però è stata preservata dal peccato. Continue reading