Immacolata Concezione Della Beata Vergine Maria: Tota pulchra

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore

Celebriamo questa festa alla quale ci siamo preparati per nove giorni. In questa preparazione per tradizione ci ha accompagnato un canto che è quello del Tota Pulchra.
“Tutta bella sei Maria”.

Vi sono tanti tipi di bellezza. Una bellezza estetica di tipo plastico, con propri parametri e criteri: “simmetria, luminosità… sono belli perché trasmettono segni biologici di salute e fertilità. Oggi, purtroppo, la bellezza e la vita sono state in molti casi divorziate. Se la vera bellezza non solo attira, ma trasforma anche chi ammira (e così un uomo che si innamora diventa un marito e un padre, cioè un donatore e non solo un ricettore), oggi facciamo passi da gigante per riempirci di questa attrazione.” (Garret Johnson)

Ma non vogliamo qui fare un trattato sulla bellezza, questo lo lasciamo agli esperti, vogliamo invece interrogarci sulla bellezza di Maria.
Quale tipo di bellezza è quella di Maria?

Scrive il vescovo vescovo Fulton Sheen: ““La bellezza del corpo attira gli occhi, la bellezza dell’anima attira Dio. Gli uomini guardano il volto, Dio guarda l’anima. La splendida purezza di Maria deve essere stata tale da attirare meno gli occhi che l’anima degli uomini. Nessuno avrebbe amato la sua mente o la sua anima per la bellezza del suo corpo, ma avrebbe amato talmente la bellezza della sua anima da dimenticare quasi che aveva un corpo. È molto probabile che un occhio umano, guardando Maria, sarebbe stato a malapena consapevole del fatto che era bellissima agli occhi. Quando una persona è pazza di gioia per la bellezza del quadro, non fa molta attenzione alla cornice…”

Vi è una bellezza che non è solo quella esteriore, ma quella che riflette le nostre virtù. Oggi molti si adornano, si truccano per apparire più belli, appariscenti e attraenti, vi è una bellezza interiore che va oltre, ma che traspare anche sui volti e negli occhi delle persone che la possiedono.
I nostri progenitori dopo che hanno peccato e si sono accorti di essere nudi, quella bellezza che avevano dal loro rapporto con il creatore e con il creato si è corrotta. Nel momento che l’anima perde la sua veste di grazia anche la bellezza esteriore viene corrotta.

Paolo VI dice di Maria: “Maria è la creatura ‘tota pulchra’; è lo ‘speculum sine macula’; è l’ideale supremo di perfezione che in ogni tempo gli artisti hanno cercato di riprodurre nelle loro opere; è ‘la donna vestita di sole’ (Ap 12,1), nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrumani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale”
Maria è bella perché si pone in ascolto e si apre al mistero di Dio che vuole venire in persona fra noi per liberarci da quel peccato dal quale lei è stata preservata e da quei peccati che deturpano la bellezza dell’uomo. E’ bella perché si abbassa per rendersi serva di un progetto che la coinvolge, ma che è più grande di lei in piena libertà E’ bella perché diventa un riflesso della bellezza di Dio che vuole che noi siamo belli ai suoi occhi e non solo esteticamente, ma totalmente, pienamente realizzati, quella bellezza non deturpata dal peccato e che ci sarà manifesta quando anche noi in Cristo risorgeremo.

In questa festa chiediamo, quindi, che il Signore ci conceda di essere anche noi rivestiti della bellezza di Maria perché Lui si possa compiacere di noi.

Deo Gratias, qydiacdon.

Solennità dell'Immacolata rinnovazione dei santi voti in ricordo della professione solenne di San Camillo

II Domenica di Avvento Anno B omelia – Viene dopo di me colui che è più forte di me.

Dal Vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Voce di uno che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore raddrizzate i suoi sentieri “. Nel deserto che è luogo di purificazione Giovanni grida. Perché grida Giovanni? E che cosa e perché grida anche a noi oggi. Forse Giovanni grida perché tante volte con il Signore cerchiamo dei compromessi, perché in qualche modo cerchiamo di sfuggire a ciò che dovrebbe caratterizzare le scelte di una vita vissuta alla luce di una fede adulta e responsabile.
Giovanni ha fatto una scelta di radicale povertà e grida contro la ricchezza che accresce l’egoismo nel cuore dell’uomo, quella ricchezza che troppo spesso lo fa credere autosufficiente, che lo fa credere di non avere bisogno di Dio. Ecco allora il suo grido per scalfire le nostre convinzioni.

Anche quelle di noi cristiani che troppo spesso ci sentiamo a posto, buoni: “non abbiamo fatto niente di male, non abbiamo mai ucciso nessuno e abbiamo fatto anche qualche opera buona, qualche somma data in beneficenza, che secondo le nostre possibilità va data. Continue reading

I Domenica di Avvento Ciclo B – Parole di Avvento: Vegliare, prendere coscienza della propria insufficienza, cambiamento … preghiera

• Vegliare è una delle parole che ci vengono proposte in questa liturgia della 1 Domenica di Avvento, tempo di speranza. Avvento che cade in un momento particolare di sofferenza, di dolore per tanti. Un vegliare che non è solamente guardare ai numeri, ai dati che quotidianamente ci vengono proposti dai media per vedere come è la situazione pandemica, a detta degli esperti. Un vegliare solamente terreno, umano terreno ma un vegliare alzando anche gli occhi al cielo, come ci ricorda il profeta Isaia nella prima lettura: Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti.
Vegliare che significa allo stesso tempo essere certamente all’ erta, ma anche attendere. Un attendere qualcuno, perché il grido del profeta Isaia non è rimasto inascoltato, Dio lo ha accolto è ha mandato il suo Figlio, che venuto storicamente oltre 2000 anni fa continua a venire quotidianamente nella nostra storia e occorre sapere cogliere i segni della sua presenza. Tornerà il Figlio alla fine del tempo e della storia e a Lui dovremo rendere conto di quel “potere e di quei compiti che il Signore ci ha affidato ordinando di vigilare” come dice il Vangelo.

Non dobbiamo dimenticare che, venendo fra noi, Dio ha superato quelle distanze che l’uomo, anche se va su Marte non riesce a superare e che in questo modo si coinvolge totalmente con la famiglia umana. Continue reading

Spunti di meditazione – 34 Domenica ciclo A: Gesù Cristo re dell’ universo… – rivestitevi della carità…

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

 

Nel rito del Battesimo l’unzione con il sacro Crisma è accompagnata da queste parole: “Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo,
vi ha liberato dal peccato
e vi ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo,
unendovi al suo popolo;
egli stesso vi consacra con il crisma di salvezza,
perché inseriti in Cristo,
sacerdote, re e profeta,
siate sempre membra del suo corpo
per la vita eterna.”

Cristo sacerdote, re e profeta … ma che tipo di re è questo Cristo al quale noi pure dobbiamo assomigliare? E ’un re che torna per condurre i suoi al regno nella sua pienezza. E’ un re pastore che si identifica con i più piccoli, i più deboli, i più poveri è un re che è amore e su come abbiamo amato ci chiederà conto. Continue reading

XXXIII Domenica tempo ordinario A – talenti: doni di Dio

 

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Anche oggi il Signore si rivolge a noi attraverso una parabola. Una persona facoltosa dovendo assentarsi per un certo periodo di tempo non vuole che il patrimonio resti infruttifero. Lo affida ai sui servi perché lo facciano fruttificare. La distribuzione avviene in parti ineguali, il padrone conosce bene i suoi servi e non vuole correre rischi. I doni sono divisi in base alle capacità dei servi.

Applichiamo a noi la parabola:

Dio distribuisce i suoi doni come vuole, ma ci conosce profondamente. Sa che ognuno di noi è un caso a parte, ciascuno di noi ha povertà e ricchezze pregi e difetti, ogni paragone è inutile e ogni giudizio è improprio.

Altro aspetto: tutto è dono! Tutto quello che siamo e tutto quanto ci è stato dato: la nostra intelligenza, il carattere, le nostre capacità, e si potrebbe fare un lungo elenco, insomma la nostra personalità è dono di Dio.

Non ha, però, importanza l’entità e il numero di regali che ho avuto da Dio, ma l’impegno che abbiamo messo per farli fruttificare a gloria di Dio e per il bene del prossimo.

L’ impegno diventa, quindi discriminante. Spesso, anche da parte di tanti cristiani si sente dire “non ho fatto niente di male”. In questa frase vi è una insidia estremamente pericolosa. Ci si crede a posto con la propria coscienza davanti a Dio e ci si dimentica di un peccato che è molto grave: il peccato di omissione, che non ci rimorde, poi, più di tanto. Il Signore, però, non ci chiederà solo se abbiamo evitato il male, quando ci presenteremo davanti a Lui, ma quanto abbiamo fatto di bene. Quel bene che opera attraverso la carità, cioè quell’amore disinteressato e gratuito con cui ci ha amato Gesù che ha dato la sua vita per noi.

Molti vivono come se non dovessero rendere conto a nessuno di quello che fanno. La parabola ci ricorda che non sarà così. Alla fine il padrone torna e i servi sono chiamati a rendere conto dei talenti che sono stati a loro affidati.
Mi vengono in mente le parole tuonanti di Giovanni Paolo II ai mafiosi “”Mafiosi convertitevi. Un giorno verrà il giudizio di Dio e dovrete rendere conto delle vostre malefatte”.
Tutti noi alla fine dovremo affrontare il giudizio e sarà sulla fede e sull’amore non tanto su quanto abbiamo accumulato in beni materiali.
Fede e amore non si possono custodire in cassaforte o sottoterra, sta a noi manifestarli nella vita con generosità, liberi da ogni paura e da ogni calcolo, ma anche da ogni pigrizia.

Scrive il cardinal Biffi: “Se lasciamo impallidire dentro di noi il pensiero di questo giudizio o lo lasciamo sottointeso e inoperante nella nostra coscienza, non siamo veri discepoli del Signore”

Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere vigilanti in una carità attiva, una fede operosa e un amore a Dio e al prossimo come Lui ci ha insegnato per poi poterci sentir dire quando ci sarà la sua venuta alla fine della nostra vita terrena e definitiva alla fine dei tempi: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Deo gratias,qydiacdon

 

 

XXXII Domenica ordinario anno A spunti di meditazione

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora

“Questo racconto,  ancora ci dice che sulla strada della vita bisogna provvedersi di una lampada, cioè della luce della fede, e il Signore ce l’ha data. Ma questa luce deve essere alimentata dall’olio dell’ impegno operoso. Le vergini stolte, che restano fuori e dicono: Signore, Signore, aprici ! ricordano un’altra frase importante di Gesù: Non chiunque mi dice: “Signore, Signore” entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. E’ una verità che non dobbiamo dimenticare, specialmente noi che frequentiamo la Chiesa. Certo, prima di tutto bisogna pregare il Signore, ma poi bisogna che la nostra vita sia realmente conforme alla nostra pratica religiosa.
La volontà del Padre è che tentiamo ogni giorno di essere giusti; che ogni giorno ci impegniamo a rispettare i comandamenti di Dio; che quando per la nostra debolezza manchiamo contro la legge del Signore, abbiamo almeno l’umiltà del pentimento e il proposito di cambiare; che ci sforziamo di comportarci fra noi secondo il grande precetto dell’amore.

“Vegliate, dunque, perchè non sapete nè il giorno, nè l’ ora.”
Vegliare vuol dire non dimenticare mai che di ogni atto, di ogni pensiero, di ogni parola dovremo rispondere di fronte a colui che ci dovrà  giudicare. Vegliare vuol dire non dimenticare che la vita è bella se  è vissuta per qualcuno che non delude, per qualcuno che sembra talvolta ritardare gli appuntamenti e nascondersi alle nostre invocazioni, ma alla fine illumina tutta. Vegliare vuol dire stare attenti a cogliere ogni interiore aspirazione di bene, per tradurla in concreta operosità”

Cardinale Giacomo Biffi

 

 

qydiacdon

Solennità di tutti i Santi 2020

Iniziamo un nuovo mese. Questo mese si apre con due momenti, due celebrazioni particolari, quella di tutti i santi, che celebriamo oggi e quella della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, domani.
La commemorazione dei Santi non solo per invocare la loro protezione in un momento così particolare come quello che stiamo vivendo, ma che dovrebbe essere, per noi una contemplazione di ciò che ognuno di noi è chiamato ad essere per dono di Dio, Lui che è il tre volte santo, meta e dono nello stesso tempo.
Siamo, quindi invitati a contemplare “il cielo”, il mistero di Dio, mentre siamo ancora dei viandanti in viaggio verso la vita eterna, e noi cristiani dovremmo essere portatori di questa realtà che ci è stata rivelata in cui tanti si lasciano sopraffare dalla paura di qualcosa di ignoto, che anche la scienza non conosce, che pure accompagna i nostri giorni.

Ma chi sono i santi?

Bernanos diceva: “I santi sono coloro che hanno il genio dell’amore” Cioè di percorrere quella via che Gesù ha tracciato, quella delle Beatitudine che sono un cammino di crescita graduale per rispecchiare in noi l’ agire di Gesù.
L’ immagine della prima lettura. “Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». Bene, per il nostro Battesimo noi facciamo parte di questa moltitudine e la nostra vita diventa questa avventura e questo cammino avvincente, anche se a volte o spesso non è così facile percorrere. Il vangelo con le Beatitudini dipinge l’immagine di ciò che dovrebbe essere il cristiano mettendo assieme, come in un puzzle il volto di Cristo, quel volto nel quale noi dovremmo rispecchiarci. Continue reading

XXX Domenica ordinario ciclo A- Qual’è il comandamento più grande?

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Se noi prendiamo una moneta possiamo vedere che questa ha due facce, ma la moneta rimane unica. Proviamo a pensare, avendo davanti a noi questa immagine la risposta che Gesù dà ai farisei. Se Domenica scorsa assistevamo all’ insidia tesa a Gesù sulla questione del tributo, oggi ancora il tranello di chi è in malafede.

«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Continue reading

XXVII Domenica ciclo A: l’ amore per la vigna…

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti»

La vigna nella Bibbia è riferita al popolo di Israele curata con amore da Dio che non produce i frutti attesi. Dio ha fatto di tutto perché la sua vigna producesse dei frutti. Coltivare una vigna non è facile perché ha bisogno di molte cure. Una potatura opportuna e a tempo favorevole, non bisogna scordare anche il fattore del tempo, che deve essere benevolo. Questo tema della vigna è stato ripreso nei profeti, ma anche nel Nuovo testamento, ne parlano Matteo e Giovanni.

Se nell’ Antico testamento la vigna era il popolo di Israele ora la vigna del Signore si allarga al mondo, e la Chiesa dovrebbe essere il luogo dove i vignaiuoli buoni si preoccupano perché essa dia frutti abbondanti, da condividere per la gioia del cuore dell’uomo.

Anche oggi, però, l’uomo non si comporta come un vignaiolo che deve avere cura della vigna, ma come il padrone della vigna, dimenticando che uno solo è il Signore. Anche oggi si continuano ad uccidere e perseguitare quei cristiani profeti che ci ricordano di non essere Dio e che a Lui solo bisogna servire.

Per la sua vigna, che siamo poi anche noi il Signore ha fatto grandi opere, la più grande è quella di avere mandato il suo figlio Gesù, che, però, “preso, viene cacciato fuori della vigna e ucciso.” Gesù viene preso e crocifisso fuori da Gerusalemme, la città santa di Davide.

La domanda che dobbiamo rivolgerci, quindi, è: “che tipo di vignaioli siamo nella vigna del Signore?” Siamo come quelli della parabola che arrivano ad uccidere “l’erede”, cioè Gesù; e lo facciamo ogni volta che non ascoltiamo la sua voce, che non seguiamo la via che egli ha tracciato che è quella dell’amore gratuito, della carità. Continue reading

XXVI Domenica ordinario ciclo A : Fatti e non parole … (omelia con i ragazzi che celebreranno il sacramento della Cresima.)

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

È proprio questo un po’ il titolo che potremmo mettere alla pagina del vangelo che abbiamo letto. La parabola ci fa riflettere se siamo disposti veramente nei fatti e non che le semplici dichiarazioni a voce  disponibili a fare quello che Dio ci chiede.

Voi ragazzi farete il sacramento della Cresima e il Signore vi dirà, io vi dò il dono dello Spirito santo perché voi andiate a lavorare nella mia vigna, che vuol dire annunciare il Signore nel mondo. Nella scuola, nel gioco, in qualsiasi cosa facciate.
Quale sarà la vostra risposta?

Quella del primo figlio: “Non ne ho voglia”? E guardate che ci sono tanti che fanno così, tanti grandi (adulti) che si sono scordati di questo mandato che il Signore dà a tutti i cristiani, ma poi vi andò o quella del secondo che dice: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Anche questi sono tanti. Cristiani di nome, ma non di fatto! Si sono scordati del Signore dal tempo della loro Cresima. Continue reading