Nella comunità dell’Arca dove aveva deciso di vivere, dopo una vita passata nel mondo universitario, un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una handicappata della comunità che gli disse: “Henri, mi puoi benedire?”. Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: “No, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!”. Padre Nouwen si accorse di aver risposto in modo abitudinario e formalistico e disse: “Oh, scusami… ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione”.
Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, padre Nouwen disse: “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale. Lei sente di averne bisogno adesso”.
La ragazza si alzò e andò verso il sacerdote, che indossava un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano sia le mani che le braccia. Spontaneamente Janet lo abbracciò e pose la testa contro il suo petto. Senza pensarci, padre Nouwen la avvolse con le sue maniche al punto di farla quasi sparire tra le pieghe del suo abito. Continue reading
meditazioni
NATALE – Meditazione
Ci siamo mai posti la domanda cos’è Natale, assieme a cos’è Natale per me? Apparentemente sembrerebbe anche abbastanza facile nel clima che si respira in questi giorni assieme a risposte anche abbastanza scontate: famiglia, ritrovarsi assieme, regali come segno di un bene, di un affetto che dovrebbe durare tutti i giorni dell’ anno. Natale, con buona pace di coloro che vorrebbero toglierlo, è essenzialmente la nascita del Figlio di Dio che viene fra noi, e che assume in pieno la nostra umanità. Ma che incidenza ha questo per la mia vita? Allora bisogna che ci interroghiamo perché vi è anche un Natale molto diverso da quello che ci viene proposto dai falsi profeti di oggi. E’ quello che descrive questa suora.
Non c’è scritto sul Natale che meglio descriva la mancanza di attesa nel mondo contemporaneo di fronte alla nascita di Gesù di quella scritta dalla fondatrice del Monastero Mater ecclesiae dell’Isola di san Giulio Anna Maria Cànopi (1931) intitolata «Altro Natale». Recita così: «Altro Natale:/ culle insanguinate/ senza lacrime di madri,/ pianti sconsolati di fame/ senza latte, senza pace,/ senza ninne nanne.// Altro Natale/ non con il piccolo presepe/ tra gente semplice, fedele,/ ma su strade d’asfalto,/ tra l’urlo dei motori/ nel brivido della morte violenta.// Altro Natale/ senza compassione/ dove Tu, Dio,/ vuoi nascere ancora/ per amare con cuore d’uomo./ Vieni, non mancare,/ perché c’è sempre Lei ad aspettarti/ in mezzo a noi:/ la Povera,/ la Vergine,/ la Madre. Continue reading
XXXI DOMENICA ORDINARIO anno A- … non fate come fanno..
XXXI Domenica Anno A. – Fate quello che vi dicono, ma non fate quello che fanno
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Parola del Signore
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Gesù non mette in guardia solo la gente del suo tempo, ma mette in guardia anche noi che spesso siamo incoerenti con quello che facciamo, con quello che viviamo, anche nell’ ambito della fede.
“Scribi e farisei dal canto loro hanno sempre trascurato la loro falsità e la loro ipocrisia. Zelanti assertori della Scrittura, del Talmud (il testo contenente le tradizioni e le usanze di Israele) e legge di Mosè, quasi mai si curavano di esserne riflesso agli altri con la coerenza e il buon esempio. Per di più, sfruttavano la loro posizione per vantare diritti su tutti gli altri, per esaltarsi e per troneggiare sulla massa.” Il contenuto dei loro insegnamenti non fa una grinza, ma si servono della loro posizione per vantare diritti sugli altri. Vi è una discrepanza il loro comportamento non è in sintonia con quello che predicano che pure è dottrina pura e attendibile, sapienza divina. Continue reading
XXVI DOMENICA ANNO A : Ipocrisia
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Parola del Signore
Nella Parabola abbiamo questi due figli. Alla richiesta di andare a lavorare nella vigna uno risponde sì poi non va, uno risponde no e va. Allora s dovessi mettere un titolo a questa parabola con una lettera metterei ipocrisia.
Cosa significa questa parola? Andiamo a vedere. Leggiamo: “Chi parla o agisce con ipocrisia, fingendo virtù, buone qualità, buoni sentimenti che non ha, ostentando falsa devozione o amicizia, o dissimulando le proprie qualità negative, i propri sentimenti di avversione e di malanimo.
La parabola viene raccontata “ai principi e agli anziani del popolo, ai sacerdoti” Che verranno poi ripresi da Gesù nel Vangelo che dicono e non fanno. Sono quelli che hanno detto di sì alla Legge, ma non la rispettano loro stessi. Strano questa parabola in cui un’accettazione diventa un rifiuto e un rifiuto accettazione. Due atteggiamenti, due comportamenti da parte dei farisei che si ritengono giusti e da parte dei peccatori, pubblicani e prostitute che passano avanti nel Regno di Dio.
Il secondo figlio va a lavorare nella vigna. Dopo quella che è stata una sua impulsività, ma dopo riflettendo su di sé e sul padre abbia sentito il comando diversamente, come degno di essere eseguito e così si sia deciso ad andare .
La prima riflessione è che per partecipare ai beni della salvezza eterna non è necessario appartenere ad un determinato gruppo, ma che occorre un cambiamento, quello che chiamiamo conversione, un cambiamento che viete dal di dentro e poi si esplica concretamente nei fatti della vita.
Privilegi, titoli di appartenenza non hanno valore davanti a Dio, ma è compiere la sua volontà.
Ecco allora che la parabola diventa un’esortazione rivolta a tutti noi. Infatti come nella vita si possono incontrare ipocriti così anche nella vita di fede si può esserlo. Prendersi l’impegno di vivere il nostro sì al Signore, ma poi fare come i sacerdoti, i dottori della legge, i farisei.
Non è facile il cammino di conversione, viene da un cambiamento del cuore del iniziale no, o dubbi, perplessità fino a ritrovarsi “a lavorare nella vigna del Signore.”.
La conversione produce anche l’obbedienza della fede, che opera nella carità.
Scrive un commentatore:” Nell’ ottica di Cristo il giusto non è colui che osserva la legge esteriore, ma chi è capace di liberare se stesso, di compiere un esodo dalle proprie posizioni di sicurezza e di aderire, è il cammino del cambiamento di rotta, della rinascita. “Giusto” è colui che accettando Cristo opera la propria rinascita, “peccatore” colui che si allontana dalla sua via”.
Preghiamo in questa Eucaristia affinchè anche noi diventiamo come il fratello che si ritrova a lavorare nella vigna del Signore.
Deo gratias, qydiacdon
XXII DOMENICA ORDINARIO A – Salvare la propria vita
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Parola del Signore
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Meditazione
Un aneddoto. Una ragazzina, dopo aver letto una bella biografia di un martire per la fede dei primi secoli
disse così alla sua mamma: “Anch’io vorrei perdere la vita, morire per la fede”. La mamma sorrise e disse Non hai bisogno di essere martire. Puoi perdere la vita per Gesù a casa e a scuola. “Come posso fare?”
Raramente fai bene i compiti, spesso vai tardi a scuola, quasi mai riesci a entrare in chiesa prima di andare a scuola, anche se ci passi vicino. Fa’ i tuoi compiti subito, alzati prima. Lascia la tua vita pigra. Cambia, abbandona la tua vita comoda e ne troverai una nuova, più bella. Così sarai un po’ martire, anche se non molto, non come santa Cecilia o santa Lucia.
Credo che questo piccolo aneddoto ci aiuti meglio a comprendere le parole di Gesù: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?”
Ci sono molti modi di perdere la vita per la fede. Quello cruento, del martirio che stanno sperimentando molti cristiani anche oggi. Anche molti modi di portare la croce sofferenze, malattie fino alla scomparsa di chi ci è caro. Ma con le parole: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.” Con queste parole il Signore intende perdere un certo modo di vita basato sulla ricerca egoistica della propria affermazione che è dalla quale può essere stato ammaliato Pietro che viene tacciato come tentatore e da cui non sono, probabilmente, esenti neppure gli altri. Gesù ci vuole dire, appunto, alla rinuncia di una vita egoistica. Questo significa porsi la domanda: “ Come vivo? Per la ricerca della mia comodità i miei piaceri oppure cammino sul sentiero della mia vita seguendo Gesù, il suo modo di essere dimenticando in un certo modo se stessi lavorando e aprendoci agli altri.
Non è certamente una via facile, preghiamo allora perché ci venga concesso.
Deo gratias, qydiacdon
XIX Domenica Tempo ordinario : Tempeste
Dal Vangelo secondo Matteo
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Parola del Signore
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Il Vangelo ci narra oggi di tempeste e salvataggi, in modo particolare di Pietro.
Questo vecchio pescatore che oscilla fra una fede quasi bambina, potremmo dire, ma anche un po’ folle. Siamo sula lago di Genesaret. Gesù dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci è salito sul monte a pregare, mentre ha mandato i suoi a precederlo sull’ altra riva. Ad una certo momento ecco La tempesta :“ La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario” .
La traversata del lago mi fa pensare a quella traversata che anche noi dobbiamo compiere nella nostra vita, per approdare ad un’altra riva diversa da questa, quella più grande e meravigliosa che è quella della vita eterna.
Ma la navigazione non è sempre liscia, il mare non è sempre in bonaccia e i venti non sempre favorevoli. Ed ecco tutto sembra affondare e si affaccia in noi la paura. Difficoltà, una malattia, persona che amiamo e che fanno
l’esperienza del dolore e della sofferenza, fino a sperimentare la mancanza di chi ci è caro.
Ecco allora anche il nostro grido: “Signore salvaci”. Quel Signore che c’è e ci viene incontro. Che passa dentro le tempeste della nostra vita e della nostra storia, ma che non sappiamo riconoscere e diventa anche per noi “un fantasma”. E lui che continua a dirci «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Allora qualcosa in noi si risveglia. Se tu lo comandi io verrò a te, anche fra le prove, le tempeste, le sofferenze che la vita mi riserva. “ Vieni” Ed ecco che mi dirigo verso di te. Ma la paura, la mia fede ancora piccola e bambina mi fa vacillare e comincio ad affondare.
Ma Gesù tende la mano, ci tende la mano.
Un commentatore scrive, qui io mi identifico con lui : “ho affrontato le mie tempeste e non sono scappato; ho guardato negli occhi le onde e il vento e la paura e ho gridato. E le mie ferite, le ferite che mi sono anche inferto da solo, Dio le ha attraversate con una carezza. E mi ha detto: ci sono qua io, non temere. Proprio là il Signore ci raggiunge, al centro della nostra fede piccola. Ci raggiunge e non punta il dito per accusarci ma stende la mano per afferrarci. E allora la bufera diventa carezza, il grido nella tempesta diventa abbraccio tra l’uomo e il suo Dio.”
Rimaniamo fondati nella fede nel Signore, chiediamolo in questa Eucaristia che stiamo celebrando e non smettiamo di dirgli Signore salvami con la preghiera, con i Sacramenti, con l’ ascolto della sua Parola e nel mare della nostra arriverà una grande bonaccia, in modo tale da poter raggiungere l’ altra riva. TERMINO CON QUESTA PREGHIERA: Signore aumenta la nostra fede”
Qy diacdon
Domenica 6 – 8 Trasfigurazione del Signore
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Parola del Signore
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Celebriamo oggi la solennità della Trasfigurazione di nostro Signore Gesù Cristo sul Monte Tabor. A raccontarci questo momento glorioso e luminoso della vita del Signore e degli Apostoli è San Matteo nel suo Vangelo.
Difficile spiegare cosa accade e Matteo lo fa in un modo molto sintetico, abbiamo ascoltato. Difficile dire quale sarà stato ciò che hanno visto Pietro, Giacomo, Giovanni .
“Indubbiamente lo scopo della trasfigurazione di Cristo almeno in una parte di quella che era la Sua gloria divina era quello di far sì che la “cerchia ristretta” dei Suoi discepoli potesse ottenere una maggiore comprensione di Chi fosse Gesù. Cristo subì un drammatico cambiamento fisico per far sì che i Suoi discepoli potessero osservarLo nella Sua gloria. I discepoli, che Lo avevano conosciuto solo nel Suo corpo umano, adesso avevano una più grande comprensione della divinità di Cristo, sebbene non potessero capirlo totalmente. Ciò diede loro la rassicurazione di cui avevano bisogno dopo avere ascoltato le notizie sconvolgenti della Sua morte imminente.”
Quindi anche noi dobbiamo andare oltre a pensare ad un Gesù costriuto sul nostro modo di pensare: maestro, taumaturgo, e pur contemplandolo nella sua umanità non dimenticare che è pur sempre Dio con noi, che fa strada con noi, che vuole essere nostro compagno di vita.
Qualche commentatore dice che Pietro, Giacomo, Giovanni, contemplarono Gesù nella gloria del paradiso, dove speriamo non tanto per nostri meriti, ma per la sua misericordia di ritrovarci assieme a lui e a noi.
Essa (la trasfigurazione) Essa ci rivela la gloria della Trinità;
Essa ci rivela la gloria di Cristo come Dio incarnato;
Essa ci rivela la gloria della persona umana;
Essa ci rivela la gloria dell’intero cosmo creato.
La nube
Per chi ama camminare in montagna, non c’è cosa più bella che alzarsi di buon mattino, sfruttare l’aria fresca all’ombra di un sole che ancora non fa sudare, mettersi in cammino, e giungere in vetta mentre il sole pittura l’aria, i monti e la natura tutta con lo splendore della sua luce. Poi, però, spesso in maniera improvvisa (come in questa estate, nella quale il tempo sembra proprio divertirsi a smentire le previsioni meteorologiche) il cielo comincia a “guastarsi”: nuvole sempre più grosse e minacciose si avvicinano per farti capire che non è il caso fermarsi troppo. E allora, si scende a valle di corsa, con un po’ di apprensione. Ma non solo la bellezza, purtroppo, cambia e trasfigura il mondo e la nostra vita: spesso, vita e mondo vengono trasfigurati dalla nube – sempre minacciosa e sempre in agguato – del dolore e della morte. Del dolore, più che della morte; perché la morte non trasfigura, la morte distrugge, e tutto termina lì. Il dolore invece è capace di trasfigurare tutto: la natura, i volti e i corpi delle persone, e soprattutto la vita, l’anima. È sufficiente guardarci intorno, accendere la televisione, navigare in rete, per vedere in continuazione immagini della natura e di persone trasfigurate dal dolore di avere perso tutto, proprio a causa di nubi spietate: la casa, i risparmi di una vita, le idee e i progetti per il futuro, spesso gli affetti più cari. Al di là di ciò che riesce a fare un clima reso sempre più pazzo dai nostri comportamenti, presto o tardi, chi più chi meno, tutti quanti veniamo trasfigurati dalla vita: sarà anche solo per il peso degli anni.
Ma ci sarà una trasfigurazione ulteriore, quella che opererà il Signore quando verrà nella gloria per quelli che in Lui hanno creduto, amato e sperato e allora saremo tutti bellissimi e luminosi.
In questa Eucaristia, quando faremo la S. Comunione chiediamo al Signore di farci vedere un po’ della luce della trasfigurazione.
Deo gratias, qy diacdon.
XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) … Il tesoro nascosto
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
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A quanti di noi piacerebbe trovare un tesoro? Allora vi racconto un episodio. Nel 1897 nell’ Africa meridionale, nel Transvaal un mercante passava per un villaggio. Vicino alle ultime case, c’era un gruppo di ragazzi che giocavano nella sabbia. Uno di loro teneva in mano una oggetto che brillava al sole. Il mercante fermò il cavallo e chiese cosa avesse nella mano, Una pietra rispose il ragazzo sorridendo. Il mercante prese dalla tasca qualche perlina di vetro e chiese al ragazzo di scambiarla con la pietra, il ragazzo accettò. Il mercante andò subito dal gioielliere della città più vicina, mostro la pietra e chiese cosa fosse. La risposta del gioielliere fu un grande e preziosissimo diamante. Il mercante non disse da dove proveniva, raccolti molti soldi tornò al villaggio e acquisto tutto il campo dove giocavano i fanciulli e trovò altri diamanti.
La Parabola che racconta Gesù ci dice che vi è un tesoro più grande anche dl più grande diamante del mondo, questo tesoro è Lui stesso e con Lui la scoperta dell’ amore misericordioso del Signore che in lui si rende presente nel mondo.
Questo è un tesoro che se noi l’ accogliamo, lo troviamo nessuno ci potrà mai togliere. Denaro, diamanti, oro possono essere rubati, ma l’ amore, la speranza, la vita eterna se noi accogliamo Gesù nella nostra vita non ci potranno mai essere sottratti .
“La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” Scrive Paolo, lettera ai Romani capitolo 5.
E in questa speranza, nella continua ricerca del tesoro prezioso che è la Parola di Dio, da custodire con la preghiera, i Sacramenti, le opere di carità andiamo avanti giorno dopo giorno nella scoperta di una tesoro prezioso più grande di noi .
Deo gratias, qy diacdon.
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XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) : Grano e Zizzania
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.
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Meditazione
Il Vangelo oggi paragona il mondo a un grande campo dove insieme al grano cresce anche un’erbaccia: la zizzania. Il grano, secondo quanto ci dice Gesù rappresenta le persone buone, quelle che cercano di vivere il Vangelo; la zizzania non fa altro che togliere il nutrimento al grano, senza dare nessun frutto: rappresenta le persone cattiva.
In Palestina gli agricoltori avevano uno strano modo di vendicarsi, Quello che voleva vendicarsi aspettava che il suo nemico seminasse nel proprio campo il grano, poi, di notte buttava i semi della zizzania. Quando il terreno era pieno di Zizzania il grano cresceva male e dava poco frutto.
La zizzania è simbolo del peccato che si annida nel cuore degli uomini, e quanta ne viene seminata nel grande campo del mondo ma dove viene? La risposta la dà Gesù stesso: il maligno, il diavolo cerca di seminare il peccato tra gli uomini e il male si diffonde. Egli si serve delle persone cattive. Cosa fare, quindi, con la zizzania? I servi vogliono estirparla, ma il padrone dice no! Solo al momento della mietitura si potranno dividere grano e zizzania.
Uomini cattivi e uomini buoni convivono assieme, mischiati tra loro come le radici del grano e della zizzania. Bruciando con il fuoco i cattivi, verrebbero uccisi anche i buoni.
Puoi l’uomo cattivo, ma anche quello buono, può convertirsi e migliore, e Dio è paziente. Durante questa Messa preghiamo Gesù che ci aiuti, ci guidi negli sforzi che facciamo per migliorarci affinchè diventiamo sempre più simili al campo del grano buono.
Deo gratias, qydiacdon
XV Domenica Anno A: Il seminatore
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 13,3)
FORMA BREVE Mt 13,1-9
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
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La parabola di oggi è conosciutissima. E’ ovvio che il seminatore è Gesù. Insegna in parabole per far capire la verità religiosa. Avrebbe potuto semplicemente dire che alcuni uomini accolgono la Parola di Dio in vari modi, alcuni la rifiutano, altri li accolgono con amore per sempre ed è questa la verità che emerge fra le righe della parabola.
Il seminatore della Parabola è però uno sprecone. Semina dappertutto, avrebbe potuto scegliere solo il terreno buono, ma non bada solo a quello, vuole che in ogni terreno il seme possa germogliare perché la vita si possa realizzare nella sua pienezza, nella sua bellezza, lasciando poi all’ uomo la responsabilità di essere uno dei terreni della parabola, in quella libertà che Dio non viola mai.
Spesso noi di fronte alla Parola del Signore ci comportiamo come quegli ateniesi che nel foro di Atene di fronte a Demostene che parlava dell’amore per la patria e vi era chi si era appisolato, altri sbadigliavano, altri parlavano fra di loro.
A proposito dei terreni Gesù parla di noi, ma anche della nostra vita. Su quale terreno si innesta la nostra vita e in particolare la nostra vita di fede nel Signore.
Come essere terreno buono?
“4Vverbi fondamentali: ascoltare, comprendere, non mollare, lasciarsi stupire. Ascoltare è iniziare ad aprire la porta. Primo, ma necessario passo. Ascoltare è incontrare, aprirsi, lasciarsi raggiungere. Non comprendere ci rende duri, impenetrabili come la strada, come la terra battuta. Comprendere invece ci spinge oltre. C’è una cosa però su cui vigilare: non dobbiamo mollare. Perché difficoltà e paure, delusioni e scoraggiamento sono sempre dietro l’angolo, ma mollare è farsi bruciare, paralizzare dalle difficoltà. E invece noi davanti abbiamo una promessa di vita straordinaria. Lasciamoci allora stupire da Dio, dai suoi sprechi. Il suo Spirito sa sempre come riconsegnarci alla vita, come partorirci sempre di nuovo.”
Deo gratias, qydiacdon