VI Domenica di Pasqua- anno b – Non vi chiamo più servi ma amici….

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Parola del Signore
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Mater Verbi na Twitteri: "Oggi Gesù ci dice: "Non vi chiamo più servi,ma vi ho chiamato amici..Rimanete nel mio amore"(Gv 15,9-17) Gesù Ama i Suoi..Non ama i nostri peccati,ma è innamorato di

 

Che bello quello che oggi ci viene detto! Il vangelo ci parla di amicizia, di un’amicizia particolarissima che è quella di Gesù con noi. Molti oggi adoperano questo termine : amico, amica, essere amici in modo improprio attribuendolo a semplici conoscenze che poi in certe circostanze si rivelano friabili, evanescenti, prive di fondamento che si sciolgono come la neve al primo sole.
Ci viene, oggi offerta una duplice occasione quella di riflettere sull’amicizia, da un punto di vista come direbbero i teologi orizzontale, che vuol poi dire puramente umano e confrontarlo con quei parametri  che ha vissuto Gesù nella sua vita che dimostrano la sua amicizia nei nostri confronti.

Certo è che nel breve spazio di un’omelia non si può fare un trattato, mi limiterò ad indicare alcuni aspetti lasciando a voi il compito poi di ripensare, riflettere e arricchire.

Il mio primo pensiero quando trattavo questo argomento con i miei studenti era: Farsi amici per essere amici. Mi viene sempre in mente il testo del piccolo principe nel suo incontro con la volpe.
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose”.
” Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe.” gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
” Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
” Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe.
” In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino….”

 L’ uno e l’altro si incontrano, si avvicino, si parlano e si fanno amici, un percorso che non può essere sostituito dall’ esperienza personale di un incontro. .” gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.

Conoscere per noi è costituito dal fatto che Dio si fa uomo e viene incontro a noi, ad ogni uomo, anche a chi non è consapevole. L’ amicizia non è un colpo di fulmine. Come può accadere nell’ innamoramento, ma è qualcosa che si costruisce e si consolida in un cammino a due, con molta pazienza e con perseveranza. Quando l’amicizia è data ed è vera è irrevocabile. Magari potrà essere tradita, ma per chi l’ha vissuta con autenticità e verità non viene reiterata e rimane per sempre nel cuore, magari ferita, ma mai vendicativa per chi l’ha concessa.

 ” In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino….”

 Fra gli amici non vi è bisogno di tante parole, basta poco, anche solo uno sguardo e già si è capito tutto, da non confondere con la complicità. L’ amico non tacerà sugli aspetti in cui puoi migliorare ma lo farà sempre con una dolce fermezza.

Ogni giorno noi possiamo avvicinarci sempre di più al mistero di Dio Che si è fatto vicino a noi. Certo nell’ esperienza della fede.

 

E per chi non crede? Potrà fare l’ esperienza di sentirsi amato, come accadde …

Il più vecchio si chiamava Frank e aveva vent’anni. Il più giovane era Ted e ne aveva diciotto. Erano sempre insieme, amicissimi fin dalle elementari. Insieme decisero di arruolarsi nell’esercito. Partendo promisero a se stessi e ai genitori che avrebbero avuto cura l’uno dell’altro. Furono fortunati e finirono nello stesso battaglione. Quel battaglione fu mandato in guerra. Una guerra terribile tra le sabbie infuocate del deserto. Per qualche tempo Frank e Ted rimasero negli accampamenti protetti dall’aviazione. Poi una sera venne l’ordine di avanzare in territorio nemico. I soldati avanzarono per tutta la notte, sotto la minaccia di un fuoco infernale. Al mattino il battaglione si radunò in un villaggio. Ma Ted non c’era. Frank lo cercò dappertutto, tra i feriti, fra i morti. Trovò il suo nome nell’elenco dei dispersi. Si presentò al comandante. “Chiedo il permesso di andare a riprendere il mio amico”, disse. “E’ troppo pericoloso”, rispose il comandante. “Ho già perso il tuo amico. Perderei anche te. Là fuori stanno sparando”.

Frank partì ugualmente. Dopo alcune ore trovò Ted ferito mortalmente. Se lo caricò sulle spalle. Ma una scheggia lo colpì. Si trascinò ugualmente fino al campo. “Valeva la pena morire per salvare un morto?”, gli gridò il comandante. “Sì”, sussurrò, “perché prima di morire, Ted mi ha detto: Frank, sapevo che saresti venuto”. (Bruno Ferrero, Il canto del grillo)

Questo è quello che ha fatto il Signore con noi…. Feriti, colpiti, dispersi a causa del peccato, ma il Signore non abbandona, cerca, perché è la missione che gli ha affidato il Padre. Dando la vita per noi. L’ amicizia implica l’accoglienza dell’altro, com’è, la capacità di soffrire per l’altro, assieme a lealtà, reciprocità, rispetto, generosità e oblatività.

Tutte queste cose Gesù le ha vissute affinché potessimo essere amici suoi, con il Padre e fra noi,  nell’ aiuto e nel servizio reciproco non semplici e meri esecutori sottomessi.

Viviamo imparando da Lui.

Deo gratias, qydiacdon

 

Dare la vita per i propri amici :: Galatina

 

 

 

 

 

 

 

 

V DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».(Gv. 15,1-8)

Parola del Signore

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Ritiro di Prima Comunione- Uniti a Gesù per dare frutto – Parrocchia San Rocco sopra Principe

 

“Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore.”
Potremmo tradurlo così in un linguaggio che vada bene per credenti e non credenti. Oggi si parla spesso di amore ma ci siamo mai fermati a riflettere su questa parola per la quale sono stati sparsi fiumi di inchiostro? La nostra cultura odierna tenta di relegarlo alla sfera dell’emotività, del sesso, dell’emozione a pelle.

Fra le tante cose che si possono dire, amare significa donarsi a chi ti viene incontro sulla strada della vita nelle sue situazioni, nelle sue gioie, nei suoi dolori credendo che esiste un progetto di bene per la tua vita e per quella degli altri. Amare senza distinzioni e senza etichette. Difficile, questo per tanti, anche per tanti credenti.

Facile parlare d’ amore, non altrettanto vivere l’amore, renderlo presente qui ed ora nel tuo tempo e nella tua storia con fatti concreti facendolo trasparire nei piccoli gesti quotidiani, magari anche ripetitivi. Mi vengono in mente, ad esempio i gesti che compie una mamma quando prepara il proprio figlio/a piccolo per andare a scuola la mattina e poi l’accompagna. Routine, potrebbe dire qualcuno, ma una routine che è dettata da un legame profondo che ha la sua radice nel mistero stesso della vita, che è un atto d’amore. Come si fa a parlare d’ amore? Esclude la ragione e la consapevolezza? Oggi vi è un detto: “Va’ dove ti porta il cuore” , ma questo non esclude responsabilità

Vivere e praticare l’amore, quando lo si fa veramente, porta a misurarci anche con le nostre inadeguatezze, con le nostre inadempienze, con le nostre fragilità, per noi cristiani con il peccato che insidia continuamente il nostro cuore.

Questo non ci deve fare disperare, la disperazione è infatti colei che chiude il nostro cuore all’ esperienza dell’amore. Vi è Qualcuno, Dio, che è più grande del nostro cuore e che conosce ogni cosa, dice sempre l’apostolo Giovanni. Proviamo a pensare all’ amore coniugale e a vederne le conseguenze.

Quando insegnavo e parlavo di questi argomenti ai miei alunni dicevo: l’ amore è come un diamante che ha molte facce. Una l’ abbiamo presa in considerazione ed è quella dell’ amore dei genitori, in particolare quello materno. Vediamo ora l’ amore di coppia, l’ amore coniugale. Quali sono le sue caratteristi, che si possono ritrovare in ogni modo in cui l’amore si manifesta. Riconoscere l’altro, rispettandolo, pazienza oblartività, dono si sè, gratuito, perdono, anche dopo tanti anni di vita assieme.

Misurandosi  con l’Amore che “rassicura”, che “non misura”, che è “più grande dei nostri difetti”. E così, colui/colei che ama scopre di essere nato/a “dalla verità”, cioè dall’Amore che lo precede, dalla rassicurazione che esistiamo perché siamo stati amati. E così sparisce ogni ombra di narcisismo, ogni auto protezione: protetti dall’Amore che ci consente, ogni volta, di ri-cominciare.” Continue reading

Pensiero della sera – Arriveremo …

Arriveremo con quanto di più prezioso abbiamo, le molte ferite della nostra storia. Le ferite ci hanno scavato. Ci hanno costretto a prendere distanza dalla ricchezza esteriore. La realtà più preziosa che abbiamo è un cuore capace di amare. Le ferite ci hanno messo in contatto con il nostro cuore.

I pezzi scartati

 

Leonardo faceva le prove di una parte della recita della scuola. Ci teneva moltissimo a parteciparvi, ma la mamma temeva che non sarebbe stato scelto.
Il giorno in cui si annunciavano le parti, andò a prenderlo dopo la scuola. Leonardo le corse incontro con gli occhi che gli brillavano per l’ orgoglio e l’emozione. “Indovina, mamma” urlò, e poi disse quelle parole che rimangono per tutti una lezione: “Sono stato scelto per applaudire” .  (Le lacrime rigarono il volto della mamma)

Nella creazione di Dio non ci sono scartati.

Da è:” E’ di notte che si vedono le stelle” di B. Ferrero

 

 

 

IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) – Pastore e pastori

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

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Il Sacerdote e la sua missione - IV Domenica di Pasqua (B) | Giobbeling

 

Oggi il Vangelo di Giovanni ci presenta la figura del pastore, ma non è un pastore qualsiasi è il “buon pastore”. Questo significa che vi possono essere anche pastori che non sono buoni. I Mercenari che nomina il Vangelo. Oggi è anche la giornata delle vocazioni, vorrei soffermarmi, allora, su quali devono essere i sentimenti che all’ interno della comunità ecclesiale dovrebbero animare coloro che sono chiamati ad essere pastori. Non solo però. Anche su coloro che in un certo modo sono chiamati a guidare la comunità civile, perciò in un qualche modo ad essere guida e punto di riferimento, come fa il pastore per il suo gregge.

Io penso che innanzitutto dovrebbero essere delle persone estremamente libere nell’uno e nell’altro caso, capaci di pensare con la loro testa e amare con il loro cuore e non temere la verità. In più per i futuri pastori della Chiesa, persone che cercano di vivere con coerenza i valori evangelici. Servizio, disponibilità, dono di sé e del loro tempo agli altri, anche se so che se cominci dopo non resta il tempo per te, se non lo rubi al riposo, al sonno.

Sapersi compromettere con quelli che chiamiamo gli ultimi, ma non dimenticando anche quelli che ultimi non sono per posizione sociale, non è la ricchezza che arricchisce il cuore dell’uomo.

Ma non è così semplice, sia nella vita ecclesiale, sia anche nell’ambito della comunità laica. “Purtroppo si trovano persone preoccupate di coprirsi le spalle, di incrementare e frequentare amicizie che contano, quelle che: sai non si sa mai. Persone preoccupate di non immischiarsi troppo, che non prendono una chiara posizione perché se no come fare a fare carriera”.
Dobbiamo fare i conti con le nostre debolezze umane, le nostre fragilità e con il nostro peccato, con quell’ insondabile mistero della libertà che Dio lascia all’ uomo. Continue reading

3 Domenica di Pasqua : Riconoscere

 

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Al centro della riflessione che vorrei fare metterei la parola riconoscere.

 

Meditazione di mons. Pizzaballa: III Domenica di Pasqua, anno B

Cosa significa questa Parola?
Individuare qualcosa o qualcuno precedentemente conosciuti, identificare Distinguere con sicurezza, discernere queste sono le definizioni che ci possono essere date consultando un dizionario.

Nella nostra vita ci sono cose, persone, che riconosciamo, altre che riconosciamo solo in parte, altre ancora che non riconosciamo affatto.
Sappiamo riconoscere le persone che ci sono care, quelle che fanno parte dei nostri affetti, ma anche quelle dalle quali abbiamo subito qualche torto o qualche ingiustizia. Questo nonostante le maschere che siamo obbligati a portare. Sappiamo parzialmente riconoscere molto spesso i pregi e le doti degli altri, mentre i loro difetti li identifichiamo subito.

Qualcosa che facciamo fatica a riconoscere e ad ammettere sono i nostri limiti e i nostri difetti per questo facciamo così fatica a migliorarci.

Il vangelo ci narra una delle apparizioni del Signore risorto ai suoi. Ancora una volta il saluto è: “Pace a voi”, “Shalom”. Amo questo saluto perché oggi molti cuori hanno bisogno di riappacificazione, non solo con gli altri, ma anche con sé stessi. Quante frustrazioni, delusioni, insoddisfazioni vi sono in tanti cuori, in tante persone che pur sorridendo hanno dentro tante amarezze.

State in pace, siate in pace e non è solo un auspicio, un augurio che il Signore fa, ma per chi crede è una realtà che viene donata, se accolta.

Eppure cosa accade?
I discepoli sono turbati, hanno dei dubbi. Credono di vedere un fantasma.
Ma cosa significa questo farsi vedere. Ci vediamo perché desideriamo incontrarci, e se ci pensiamo bene accade così anche nella nostra vita. La pedagogia del Signore non esclude la vita, non è al di fuori, ma è al di dentro. Ci vediamo perché vogliamo avere una relazione personale, non mediata.
Oggi purtroppo con la nostra situazione questo diventa complicato, ma niente può sostituirla, provate a pensare a due innamorati che si tengono la mano e si guardano negli occhi senza dirsi nulla, e non ne hanno bisogno perché si stanno già dicendo tutto. Comprendiamo così come il vedere, e anche il farsi vedere dal Signore ai suoi significhi attenzione, riflessione, interiorizzazione. Ma per credere bisogna andare oltre l’apparizione.
Molti, anche cristiani, attendono momenti esaltanti, fuori dal comune, riducendo il quotidiano a una banalità, ma è proprio lì che avviene
l’esperienza della fede, quando si cerca di viverla umilmente e intensamente. Vedete vi sono molte persone che pensano di essere state derubate dalla vita di determinate cose, ciò fa sì che vi sia in esse una profonda amarezza che gli impedisce di essere felici e, magari senza rendersene conto, portano un certo astio nei confronti della vita. Questo può accadere perché non è stato possibile fare, concretizzare ciò che si sperava o si sognava. Può essere anche il risultato di una scelta della vita che ci ha disilluso e ci lascia frantumati sotto tutti i punti di vista.

Ecco che quel “Pace a voi” risuona come ciò che attendevamo e speravamo.

Un commentatore scrive: “I cristiani devono(…) ritrovare ogni giorno il senso della scoperta,(…) Invitiamoci alla piena felicità, magari scrivendo su un foglio cos’è che ci sembra sia mancato alla nostra piena felicità di vita o ciò in cui ci sentiamo ingannati da essa. Scriviamolo e poi …diamoci da fare per recuperare quell’ esperienza.”

Riconoscere il Signore significa poi quello che ci dice S. Giovanni ( II Lettura)
“Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.”

I comandamenti del Signore si riassumono nel vivere l’Amore/Carità/Servizio

Riconosciamo quindi il Signore e viviamo il grande comandamento
dell’ amore.

Deo gratias, qydiacdon

 

Domenica in Albis e della Misericordia- I doni del Risorto

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore

Kairos: Domenica "in Albis" o della "Divina Misericordia" 2014

Scrive il Cardinal Comastri commentando la figura di Tommaso: “ Tommaso non era presente all’ incontro con Gesù Risorto. Gli apostoli gli parlano di Gesù, gli raccontano di averlo visto, ma Tommaso non crede alla loro parola. Probabilmente le parole degli apostoli non avevano ancora la forza di attirare a Cristo: Tommaso ad ogni modo non restò convinto della loro testimonianza”

Purtroppo è quello che succede anche oggi per tante persone perché guardando a noi cristiani, clero e laici, tante volte non riconoscono la presenza di Cristo. Non si vede nella nostra vita, nelle nostre azioni, nelle nostre parole in filigrana la presenza di Gesù, che con amore grande ha donato la vita, ma che è il risorto, il vivente. Cristo risorto non si annuncia a parole, ma con i fatti. Inoltre noi siamo impregnati da una cultura che non si radica più nella tradizione cristiana, ma nell’ illuminismo e nel razionalismo. Tanto spesso però facciamo l’ esperienza che non siamo nè razionali, nè illuminati e ci dimentichiamo di quella che è una componente fondamentale: quella spirituale. Se guardiamo dentro di noi con umiltà e sincerità vediamo che c’è ed  è un cuore pulsante che ci interpella.

Io vorrei però soffermarmi in breve su quelli che sono i doni che il Risorto porta con se, quando viene in mezzo ai suoi.

1. Pace a voi
2. La missione, dono e impegno
3. Lo Spirito Santo
4. Il perdono dei peccati  Continue reading

Santa Pasqua 2021

Dal Giovedì santo abbiamo incontrato Gesù nel servizio, lavanda dei piedi; nell’Eucaristia; nella Passione e nella morte in Croce e ora siamo qui a vegliare, ma cosa attendiamo? Un’ esplosione di luce? Un redivivo? Un fantasma?

Nella veglia siamo entrati nella pienezza del grande mistero di Gesù, risorto e vivente e lo abbiamo fatto attraverso quattro segni, quattro simboli che non sono solo da compiere, ma da comprendere, da meditare e da pregare per coglierne il loro significato profondo.Questi simboli sono: la luce o il fuoco, la Parola, l’acqua. Tutti questi quattro simboli possono essere ricondotti a Gesù stesso. Gesù è la luce del mondo. Il fuoco nuovo che quest’anno non potremo accendere, e il cero pasquale, sono il simbolo di Gesù risorto che vince l’oscurità del male e del peccato.

La lettura prolungata della Parola di Dio ci rammenta come la storia dell’ uomo tutta sia attraversata dalla presenza di Dio e dal suo agire. L’ acqua che viene benedetta ci riporta alle sorgenti della nostra vita di Figli di Dio: il nostro Battesimo, in cui sepolti con Gesù, liberati da Lui risorgiamo per una vita nuova, diversa. Una vita che richiede la consapevolezza di uno stile che sia quello del dono, del servizio, della Carità.

L’ Eucaristia. Giovedì santo ne abbiamo celebrato la sua istituzione adesso è il momento in cui essa si realizza. Gesù crocifisso e risorto è veramente presente, si dona a noi e noi tutti facciamo un grande Grazie al Padre nello Spirito santo. Continue reading

Adorazione al SS. Sacramento in preparazione alla Pasqua, (Quarant’ore) -meditazione 2021

MiL - Messainlatino.it: Dieci ragioni per adorare il SS. Sacramento

 

“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”
E’ il testo che sentiremo il Giovedì Santo nel brano del vangelo di Giovanni che riporta il gesto della Lavanda dei piedi.

“Li amò sino alla fine…”
Alla fine, all’ estremo. L’ estremo per un uomo è il dono della vita per qualcosa, magari un grande ideale, o per qualcuno che ama, come fa Gesù per noi sulla croce, per ciascuno di noi. Se per noi umanamente non è possibile andare oltre Gesù, nell’ istituire il Sacramento dell’Eucaristia, il Sacramento della sua Pasqua, ha voluto rimanere presente vivo, risorto in mezzo a noi che possiamo godere così della sua presenza.

S. Alfonso Maria de Liguori scrive: “Signor mio Gesù Cristo, che per l’amore che porti agli uomini, Te ne stai notte e giorno in questo Sacramento pieno di bontà e di amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarti …”

Così noi possiamo godere della sua presenza affinché Egli possa guidarci, per accompagnarci nel cammino della vita. Oggi molti hanno la pretesa di guidarci, di guidare la nostra vita, di orientare la nostra storia e sentiamo tanti discorsi, ma in silenzio, davanti all’ Eucaristia la voce del Signore Gesù può risuonare nei nostri cuori anche quando il cammino della nostra esistenza si fa difficile, impegnativo tanto che vorremmo gridare come Giobbe! “Signore, ma quali sono i tuoi disegni?” Il Signore risponde: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie “ Continue reading

Domenica delle Palme 2021

Vangelo di Giovanni Mc 14,1 -15,47

 

Kairos: Domenica delle Palme 2018. Ambientale, commento al Vangelo e Lectio  Divina

Riflessione
Nella passione vi sono tanti personaggi oltre Gesù, ma questi personaggi ci invitano a riflettere quale sia il nostro rapporto di fede con il Signore.

Vediamo in breve.
Abbiamo un Ponzio Pilato, che non sa cosa fare. E’un indeciso, non sa prendere posizione, ma ha in mano il potere, può fare uccidere o assolvere. Di fronte alla folla non avrà il coraggio di prendere una posizione, se ne laverà le mani.

Pietro, anche lui. Indeciso, non ha il coraggio di dire che è uno dei discepoli, è un debole. Una debolezza pericolosa la sua perché è terreno fertile per il tradimento.

Giuda, orientato al male. Si lascia tentare dall’orgoglio, forse avrebbe voluto con il suo tradimento che Gesù smascherasse i suoi oppositori.

I sommi sacerdoti, esperti della Scrittura, ma che usavano anche la Bibbia per piegarla alle loro finalità, anziché convertirsi e piegarsi loro alla Parola di Dio.

Ma sotto la croce c’è anche Maria, lì ci vene fatta conoscere la grandezza di Maria, la credente che si fida di Dio anche se tutto sembra precipitare.

Potremmo, nella nostra riflessione chiederci in quale personaggio possiamo identificarci. Io credo che nella vicende della nostra vita, e della nostra vita di fede, noi possiamo identificarci con tutti questi personaggi. A volte siamo come Pilato, indifferenti pavidi a dire e a testimoniare che siamo cristiani. Di fronte a certe situazioni non abbiamo il coraggio di prendere una posizione, ce ne laviamo le mani.

Nel Battesimo noi siamo diventati figli di Dio, ma come Pietro quanto ancora le nostre indecisioni, la paura che il confessare di essere cristiani. Terreno fertile per misconoscere il Signore.

Cosa dire per Giuda, nostro fratello Giuda, come diceva don Mazzolari. Anche noi tante volte vendiamo Gesù alla nostra affermazione, al successo, al denaro, al potere, al sesso, e quanto altro.

Anche per noi che predichiamo a voi spesso vi è la tentazione di usare la Parola di Dio, anziché servirla con autenticità e verità, di questo peccato ci sarà chiesto conto.
Meria sotto la croce.
Lei dice ancora una volta sì a questa volontà di Dio, umanamente incomprensibile eppure è lì, con Gesù. Ma noi ci siamo con Gesù in ogni giorno della nostra vita? Anche quando dobbiamo stare non solo sotto la Croce, ma sulla Croce?

Conclusione

Come Maria seguiamo Gesù anche sulla strada del Calvario, l’unica strada che porta alla Risurrezione e Crediamoci!

Deo Gratias qydiacdon

 

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