Solennità di tutti i Santi – 2021

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Parola del Signore
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Celebriamo oggi questa bella solennità di tutti i Santi. Gesù ha detto: “2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; 3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. 4 E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». (Gv 14)
In questa solennità noi guardiamo a coloro che hanno già raggiunto quel posto di cui Gesù parlava.

Ma che idea abbiamo noi dei santi, cosa pensiamo di loro che la chiesa ci propone, di fronte alle immagini o alle statue davanti alle quali ci fermiamo per una preghiera, per una richiesta? Quando pensiamo ai santi vi è un rischio molto grosso quello di pensare che un santo sia estraneo alla vita normale, che si sia estraniato un po’ dal mondo e allora si tende ad esaltare le qualità, che indubbiamente anno, facendoli diventare come dei supereroi, delle star, dimenticandoci di Gesù. Come quella vecchietta che candidamente confessava: “Ho chiesta a Gesù che interceda presso santa Rita perché mi ottenga la grazia”. Il santo curato d’Ars ha avuto grossi problemi con gli studi per diventare sacerdote, eppure è diventato quel santo che conosciamo. Continue reading

XXXI Domenica ordinario B (2 omelia) – Amerai Dio, amerai il prossimo come te stesso

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
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Il Vangelo di questa Domenica ci invita, nella domanda e nella risposta che viene data, a riflettere su una componente fondamentale dell’animo e della vita umana: la capacità di amare, la qualità dell’amore, e quanto bisogna amare, Vi possono essere dei limiti?
La parola amore deriva dal Sanscrito, alcuni sostengono derivi dal latino, se andiamo a leggere nell’enciclopedia Treccani viene data questa definizione:
“Sentimento di viva affezione verso una persona, che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia.”

Alla domanda dello Scriba, una persona che è sinceramente in ricerca su qual’è “il comandamento più grande” potremmo tradurre qual’ è il senso della vita; ebbene gli viene indicato l’ amore. Sembrerebbe un assurdo non si può comandare di amare a nessuno. Non si può essere costretti ad amare, amare implica una scelta, la libertà, il sentimento. Io posso rispettare, ubbidire, temere ma nessuno mi può imporre di amare.

Questa parola è come un diamante che presenta diverse sfaccettature, proviamo a distinguerne alcune. Potremmo caratterizzare e parlare dell’amore coniugale, dell’amore dei genitori nei confronti dei figli, dei figli verso i genitori, ma io vorrei esplorare assieme a voi quel particolare tipo di amore che è l’amicizia. Anche perché Gesù dice ai suoi “non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15, 9-17) Continue reading

XXXI Domenica tempo ordinario B – Amerai …

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
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Il Vangelo di questa Domenica ci invita, nella domanda e nella risposta che viene data, a riflettere su una componente fondamentale dell’animo e della vita umana: la capacità di amare, la qualità dell’amore, e quanto bisogna amare, Vi possono essere dei limiti?

La parola amore deriva dal Sanscrito, alcuni sostengono derivi dal latino, se andiamo a leggere nell’enciclopedia Treccani viene data questa definizione:
“Sentimento di viva affezione verso una persona, che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia.”

Questa parola è come un diamante che presenta diverse sfaccettature, proviamo a distinguerne alcune. Continue reading

XXX Domenica ordinario B-Cecità … e speranza

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

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Cecità e … speranza, questo è il titolo che metterei al testo del Vangelo di questa Domenica.

Gesù compie questa guarigione nei confronti di questo cieco, Bartimeo. Essere ciechi è una condizione di sofferenza terribile. Desiderare di vedere la luce e non poterla vedere, magari quando sentiamo il calore del sole su di noi. Riesco a percepire suoni, ma non riesco a vedere i colori dei fiori, del cielo. Toccando posso percepire i tratti di una persona, ma non posso vedere il colore dei suoi occhi. Se a tutto questo, poi, si aggiunge anche una condizione di indigenza fisica come ritrovarsi? Questa è la condizione di Bartimeo che grida a Gesù, quella di una cecità fisica dalla quale vuole essere liberato. Non è questa l’unico tipo di cecità presente oggi, ve ne sono anche altre che ottenebrano gli occhi di tante persone e anche di tanti cristiani che credono di vedere.
Vi è una cecità che potrei, forse, definire sociale. Quella di tanti. Quella che non raccoglie il grido degli ultimi, come Bartimeo, che mendicava Quelli che non ce la fanno a causa dell’indigenza economica. Tante persone e famiglie che non riescono a far fronte a bisogni che sono elementari. Andando in giro nelle Caritas parrocchiali potreste avere i numeri di quante famiglie sono sostenute. Non solo, una cecità, che non rispetta diritti fondamentali quali la libertà e l’autodeterminazione, la giustizia, la vita e la stessa famiglia, e non sa chinarsi verso chi è nel bisogno, e dire prendi la mia mano alzati.
Una cecità che abbagliata dai tanti innumerevoli progressi della tecnica pensa possano essere questi a dare il senso ultimo della vita. Continue reading

XXIX domenica ordinario B. servire

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

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Vi è una frase nel Vangelo che fa molto riflettere, considerando anche la nostra attuale situazione ed è questa: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono.” Purtroppo se facciamo tesoro della Storia quante volte è accaduto ciò. Persone alle quali erano affidati il destino dei popoli, che avrebbero dovuto cercare il bene e il benessere di color che gli erano stati affidati si sono occupati solo di sé stessi drogati di potere e di autorità.

Per fare un esempio sarebbe come se i genitori, anziché cercare il bene dei loro figli, non gliene importasse niente, pensassero solo a loro stessi e a ciò che a loro piace. Non avessero tempo per fermarsi ad ascoltarli, non fossero capaci di fare sacrifici per loro … che sono le creature che gli sono state affidate perché possano crescere non solo fisicamente, ma in tutti gli aspetti della loro persona.

Ecco però che, come sempre, Gesù propone qualcosa di diverso, anzi ci dice come dovrebbe essere. “Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti.”

Emerge allora una parola: che è Servire, parola che è conosciuta da tante mamme e da tanti papà, ma anche da tante persone di buona volontà che mettono le loro capacità, le loro conoscenze a servizio degli altri.

A questo proposito vi voglio riportare alcuni stralci di una testimonianza di una ragazza che si chiama Manuela che svolge il servizio civile con i Salesiani.

Vi scrivo da Monzon (Spagna), in pieno inverno ma con un’atmosfera calda e accogliente grazie alle persone che ho intorno. Sto svolgendo qui il “mio” Servizio Civile, da poco più di un paio di mesi, nella scuola salesiana del paese.
Servizio civile che definisco “mio”, nonostante sia un Servizio che svolgo per gli altri, poiché è un’esperienza che già in poco tempo sta facendo crescere tanto me stessa per prima. L’affetto che qui riceviamo è veramente tanto, il paese è piccolo perciò molti ci fermano per strada e sanno chi siamo, soprattutto nei primi giorni spesso capitava di essere “avvistate” come “le nuove volontarie italiane!”, con entusiasmo da parte dei piu piccoli. L’accoglienza, non si può dire il contrario, è stata veramente speciale. Io e l’altra volontaria, Francesca, lavoriamo come appoggio nell’insegnamento ai ragazzini con maggiori difficoltà di apprendimento o a rischio di esclusione sociale per diverse ragioni. Provengono da realtà familiari o economiche a volte molto pesanti e sentire alcune loro storie mi ha fatto piu volte venire la pelle d’oca, incredula. La prima volta che me ne hanno parlato è stato tosto per me: mi sembra di toccare con mano problemi che sicuramente ci sono anche in Italia e a Milano, la mia città, ma con cui non ero mai venuta a stretto contatto. E più ascolto situazioni del genere, più mi sento riconoscente io per la vita vissuta fino ad oggi. Nelle classi in cui collaboriamo, inoltre, vi è un grande numero di ragazzini provenienti da famiglie marocchine, algerine, gambiensi, rumene e gitane (…) Il lavoro con loro mi sta piacendo molto e vedo, con il passare delle ore, dei giorni e delle settimane, che ripongono sempre più fiducia in me e che si sta creando un rapporto via via più profondo.
I ragazzi con cui lavoriamo hanno dai 12 ai 15 anni, e “camminare” accanto a loro, arrivare a fine giornata sentendo di essere stata presente e positivo nella giornata di qualcun altro, fa andare a dormire magari stanchi, ma con il sorriso.
A volte basta un abbraccio (inaspettato) appena entro in aula da parte di uno dei più piccoli, oppure sentirmi dire un “grazie” quando aiuto qualcuno a capire un esercizio, o ancora ricevere un disegno fatto per me da uno di loro: gesti che mi fanno comprendere come stia effettivamente “lasciando un’impronta”. Sono piccoli momenti di cui vado fiera e per cui vale la pena vivere.
Un abbraccio da Monzòn (…)

Anche qui da noi vi sono tanti che si mettono a servizio, più vicino a noi pensiamo ai volontari della Caritas che si dedicano ai poveri,e a tutto il mondo del volontariato in genere.
Gesù dice: “Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Servire non è spesso così semplice, ma questo è lo stile insegnato da Gesù, che deve avere il cristiano, chiediamo di essere in cammino su questa strada come ci è stato insegnato.

Deo gratias,qydiacdon

XXVIII Domenica tempo ordinario B – Avere un cuore libero…

 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

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Il Vangelo di questa Domenica tocca un tema molto delicato che è quello del denaro e del rapporto dell’uomo con i beni, che se è vero che nel Vangelo si parla di un giovane ricco, riguarda, però, tutti noi.
All’ inizio però vorrei dire che Gesù non esalta né la ricchezza né la povertà.
Spesso si sente dire, non dico dal di fuori, ma dal di dentro la Chiesa deve ritornare alla povertà delle origini, e si criticano i soldi degli altri, si invita ad essere generosi, ma noi poi lo siamo o ci rivolgiamo sempre ancora una volta agli altri?

Oggi possiamo affermare, senza cadere in uno sterile moralismo, che tutto quello che orienta il nostro vivere è l’economia. Si sono formulate diverse teorie in questo senso: la turbo- capitalizzazione, il liberismo assoluto, non ultima la globalizzazione che doveva essere portatrice di benessere e di serenità per tutti. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Si è inventata l’economia globale che gestisce le scelte del mondo.
Lavorare, produrre e guadagnare, se ci si riesce, per comperare e consumare beni spesso non necessari per tenere in piedi un’economia gonfiata.
Un messaggio, questo, che passa diseducando le giovani generazioni. In questo tempo, a meno di condizioni particolari, si è chiamati a lavorare in due in famiglia, sottraendo tempo alle relazioni familiari in cui i figli spesso sono i più penalizzati, ma anche il rapporto di coppia ne risente.
Oggi diventa difficile comprare un alloggio e molte persone anziane, dopo avere lavorato una vita faticano ad arrivare alla fine del mese, per non parlare di quelle che vanno a rovistare fra gli scarti dei mercati e nei cassonetti come ho visto io. Continue reading

26 Domenica anno B – …non glielo impedite

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Il rischio di chiudersi.

Le parole che vengono pronunciate da Gesù sono parole forti che hanno lo scopo di renderci consapevoli che non vi sono confini per il bene e per chi lo opera. Purtroppo il rischio di chiudersi nel proprio piccolo mondo, di categorizzare “tu sei dei nostri”, “tu non sei dei nostri” si sente spesso in ogni ambito: politico nello sport, pensiamo solo al calcio e purtroppo anche dentro le nostre comunità ecclesiali senza fermarci a pensare che si è semplicemente DIVERSI.
“Tu non sei dei nostri”. Quanta sofferenza provoca questa frase e quanti danni può provocare, assieme a tanta sofferenza. È vero, noi abbiamo bisogno di connotarci, ma questo non significa voler cancellare gli altri che hanno differenze.

E non parlo solo di coloro che non credono, o che hanno una diversa religione, ma parlo di noi cristiani. S. Paolo scriveva ai Galati: “Se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” Invece questo accade dentro le nostre comunità, non diversamente da quello che accade nelle nostre diverse relazioni personali.

Le diversità ci sono, esistono ma noi dobbiamo leggerle alla luce della logica evangelica che non è una logica di repressione, ma una logica di cogliere il bene che ci può essere e respingere il male, cioè ciò che non promuove e realizza la persona, ciò che non ricerca il suo bene.
Alla tentazione settaria dei suoi Gesù dà una risposta chiara. In un altro contesto, invece aveva detto: “Chi non è con me è contro di me”. Sembra esserci una contraddizione, ma non è così. Quest’ ultima riguarda il nostro rapporto personale di fede.
L’ altra riguarda più l’atteggiamento esterno, come si agisce, cosa si fa in concreto in cui Gesù tiene in considerazione più la sostanza del comportamento. Se Dio è Dio agisce come e dove vuole e va ben oltre i confini che gli impongono gli uomini.
Vi è poi l’altra frase: “Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità vi dico non perderà la sua ricompensa”

Cos’è un bicchiere d’acqua, sembrerebbe un gesto piccolo, insignificante, ma diventa grande quando è espressione d’amore. Così i nostri gesti di bene quando sono compiuti con un cuore generoso e animato da una sincera sollecitudine nei confronti di chi è nelle necessità, non solo materiali, ma anche spirituali. Per i cristiani questi gesti devono essere compiuti nel nome del Signore, devono quindi andare anche al di là di quelle che sono la fraternità, la filantropia, la solidarietà fra gli uomini, di per sé già grandi, e ringraziamo che non sono solo prerogativa dei cristiani, ma di tante persone di buona volontà che vogliono rendere il mondo più bello, più buono, più vivibile. Per chi si dice cristiano tutto questo deve essere quotidianamente ispirato dalla fede e da un intenso rapporto con il Signore.

“Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile”

Certo questa espressione non va presa in senso letterale, come fa la religione islamica, è comunque da considerare seriamente.

Come scrive un commentatore: “Essa ci dice quanto grande sia il rigore dei principi e la fermezza del comportamento (per chi dice di essere cristiano anche di più). Questa espressione scende come una sferzata sulle concezioni della morale corrente tutta improntata al lasciar correre in cui tutto diventa lecito basta non fare male agli altri.”

Anche se debbo dire che conosco persone, anche non credenti che hanno solidi principi morali.
Chiediamo, quindi, che tutti possano vivere in armonia e rispetto pur nelle nostre diversità

Qydiacdon Deo Gratias
(26-9-2021)

 

XXV Domenica ordinario B – “ Il più grande sia il più piccolo”

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
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Sembra proprio che Gesù non sia un esperto in comunicazione perché, ancora una volta, il suo discorso non solo è impopolare ma ribalta tutto un modo di pensare che oggi è molto diffuso, e che sembra fosse diffuso anche fra i suoi discepoli, ma che è antico quanto l’uomo.
Mentre Gesù sta parlando della fine che lo attende a Gerusalemme cosa fanno i suoi, come fanno anche oggi molti che si dicono cristiani pensano alla futura nomenclatura del partito del Regno. Chi sarà il più grande, potremmo dire il primo ministro, il premier, chi avrà questo o quell’ altro incarico che comunque potrà appagare in qualche modo la sua effimera vanità di apparire.
Questa è la ricerca di grandezza secondo il mondo. A questa Gesù ne contrappone un’altra diversa e sconvolgente, quello del bimbo.

“E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».”

Un bambino non è una risorsa se non in una prospettiva futura, ha bisogno di protezione, quello che apprendevano ai tempi di Gesù era quello che gli insegnavano e tramandavano i genitori, con le parole, ma ricordando anche le tradizioni dei padri.
Educare con il comportamento più che con le parole è valido tuttora oggi e ogni genitore, ogni tanto dovrebbe fermarsi e riflettere se lo sta facendo. Continue reading

XXIV Domenica ordinario B: Voi chi dite che io sia?

 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
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Nella storia dell’umanità vi è un grande punto di domanda, che coinvolge tutti credenti, non credenti atei, agnostici e che ha spaccato la storia.
Questo punto di domanda non riguarda un grande personaggio storico, come quelli che si studiano. Cesare, Alessandro Magno, Carlo Magno, e potremmo continuare anche con personaggi più vicini a noi del secolo scorso che hanno arrecato tante sofferenze all’ umanità in nome di ideologie come il Nazional socialismo, Comunismo, e anche il Fascismo.
Neppure grandi leader religiosi come Maometto, o fondatori di filosofie orientali: Budda, Confucio, Lao Tse.

Questo punto di domanda è una persona si chiama Gesù un umile falegname di Nazareth che ha la pretesa assurda di essere il Figlio di Dio, Dio venuto in mezzo all’ umanità. Ecco allora la domanda che ci poniamo e che è suggerita proprio dal Vangelo di oggi. Quella domanda che Gesù stesso pone ai suoi discepoli, che ancora non riescono a trovare una risposta univoca.

“Chi dice la gente che io sia?”

La gente, cioè noi, una domanda sempre attuale e la cui risposta è lasciata a quel grande mistero insondabile della libertà che viene lasciato all’uomo, che può rispondere assolutamente come vuole: negando, ignorando, ma anche ignorare è già rispondere, o magari accettando la sfida della fede. Continue reading

XXIII domenica ordinario B: Apriti …

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
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La liturgia della Parola di oggi inizia con un grande invito alla speranza, “quella bimba piccola che cammina per mano a fede e carità”, come scrisse Peguy.
“Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi»

Isaia parla al popolo di Israele in un momento di crisi, di grande sconforto. Un momento non molto dissimile da quello che stiamo attraversando anche noi. Anche i nostri cuori sono smarriti perché vediamo, in una situazione grave, che anche chi dovrebbe guidare con responsabilità e buon senso procede per tentativi, restrizioni, imposizioni andando a toccare diritti fondamentali come la libertà delle persone.
IL nostro mondo, la nostra società traballa, basta leggere i giornali, guardare i notiziari, che stanno facendo non opera di informazione, ma di un’informazione non corretta. Vi sono segni intorno a noi, ma anche, forse, dentro di noi di una dissoluzione su valori fondanti, quali appunto la libertà, ma non solo. I prepotenti sembrano essere sempre vincitori, gli onesti non sono difesi, interi popoli assettati di libertà continuano ad essere oppressi. Vi sono difensori della giustizia che vengono eliminati, assassini che restano impuniti; i principi della legge morale vengono disillusi o derisi. Continue reading